video suggerito
video suggerito

Milan, Seedorf esce allo scoperto: “Il mio ritorno? Ho ancora un contratto con i rossoneri!”

L’allenatore olandese, dopo settimane di silenzio, torna a parlare e punta il dito anche contro la discriminazione razziale: “È triste vedere che ci sono pochissimi allenatori neri”.
A cura di Alberto Pucci
6 CONDIVISIONI
Immagine

Mentre Filippo Inzaghi incassa i primi elogi stagionali (in attesa di test ben più importanti), preparando la partita di Parma, Clarence Seedorf attende, senza patemi, il giorno del suo ritorno che, a suo dire, è ancora lontano. Intervenuto alla conferenza "Respect Diversity", organizzata dalla Uefa, l'olandese ha chiarito la sua posizione ai giornalisti presenti a Roma per la due giorni dedicata al razzismo nel calcio: "Tornerò ad allenare in Italia? No, io ho ancora un contratto con il Milan". Dopo il traumatico addio da Milanello, la situazione tra allenatore e società rossonera pare ancora lontana da una conclusione. Una bufera che, nello scorso luglio, coinvolse anche alcuni giocatori del Milan e l'agente di Seedorf che, infastidita dalle dichiarazioni contro il suo assistito, aveva alzato la voce contro il club di via Aldo Rossi.

Le accuse di Clarence – Dopo le bordate di Platini, nei confronti di Carlo Tavecchio, durante il convegno romano anche Seedorf ha voluto dire la sua sulla discriminazione razziale: "È triste vedere che ci sono pochissimi allenatori neri – ha dichiarato ai colleghi della Gazzetta dello Sport – Quanti ex giocatori di colore, sono diventati allenatori? Non dobbiamo vedere solo il colore della pelle, è vero, ma anche questo è un aspetto importante". Il calcio come veicolo di tolleranza, uguaglianza e rispetto: questo il tema comune della due giorni alla quale hanno partecipato, con videomessaggi registrati, anche campioni come Messi, Ronaldo, Ribery, Neymar, Oezil, Boateng, Bale e Cavani. Tra i temi discussi, anche quello del "terzo tempo": "Aveva cominciato a farlo la Fiorentina – commenta Seedorf – non so perché si sono fermati. Dovrebbe essere un obbligo, come nel rugby. Dovremmo obbligare tutti ad accettare la sconfitta e dare la mano all'avversario alla fine della partita. Riuscire a farlo, sarebbe un'evoluzione culturale del calcio e un gesto d'educazione verso chi ci guarda".

6 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views