13 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Messi-Suarez-Neymar e i tridenti più forti del mondo

Per Luis Enrique, Messi-Neymar-Suarez è il trio d’attacco più forte di sempre. Per “Il calcio fa bene alle ossa” abbiamo provato a raccontare gli altri possibili candidati.
13 CONDIVISIONI
Immagine

Luis Enrique non ha dubbi. Messi, Suarez e Neymar sono il trio più forte nella storia del calcio. Ma anche solo negli ultimi sessant'anni, gli esempi di tridenti che possono competere con i tre tenori del Barcellona non mancano.

Gli anni del Grande Real – Quando Gusztav Sebes lo inventa falso centravanti, trasforma Hidegkuti nel faro della Grande Ungheria, la prima nazionale non britannica a trionfare a Wembley, accompagnato da Kocsis e Puskas, che lascia Budapest e, insieme a Di Stefano e Gento, costruisce la leggenda del Real Madrid. Nel 1960, segna 4 gol nel 7-3 in finale di Coppa dei Campioni, a Glasgow, contro l’Eintracht Francoforte (record tuttora imbattuto). Dur anni prima, ai Mondiali di Svezia, anche se in 4-2-4, il mondo si era fermato, incantato da Didi, Vavà e Pelè, capaci di affascinare anche il Quartetto Cetra.

Il Trio Magico della Juve – E' proprio in quel 1958 che un tecnico jugoslavo di 46 anni, Ljubisa Brocic, si offre alla Juventus. Ha guidato la Stella Rossa, la nazionale jugoslava ed egiziana, squadre libanesi ed olandesi. Umberto Agnelli ha fatto le cose in grande:grazie alla collaborazione di Gigi Peronace e di Renato Cesarini, ha ingaggiato il gigante gallese John Charles (per 90 milioni) e Omar Sivori. Con Boniperti, danno vita al tridente per cui nascerà l'espressione Trio d'Assi o Trio Magico. Quella Juve, che conquista lo scudetto della stella, torna in poche stagioni ai lustri dell'era Carcano. Peraltro, non mancano screzi e litigi, memorabile la sberla di Charles per placare l'irruenza di Sivori. “Boniperti impostava dalla metà campo le nostre azioni. Omar, in fase avanzata, deliziava noi e il pubblico con impareggiabili serie di tocchi, di passaggi e di tiri diabolici” ha raccontato il gallese. “Quando la difesa marcava lui, doveva necessariamente concedermi una libertà, che mi consentiva di piazzare tiri in rete e colpi di testa. Quando i difensori, invece, si gettavano in massa su di me, la stessa libertà di azione, veniva concessa a Sívori e dare respiro a Omar significava incassare delle reti ed essere beffati”. Storica la stagione 1959-60, con i 92 gol totali in campionato (record imbattuto nei tornei a 18 squadre) e la Coppa Italia in finale sulla Fiorentina, successo che fa della Juve la prima squadra a vincere il titolo per due anni di fila.

Best e la triade – Gli anni Sessanta, assieme al rock’n’roll, portano sul palcoscenico del calcio il campione-icona che meglio di tutti ha saputo interpretare e rappresentare il decennio: George Best. Il tridente Best-Charlton-Law, tutti premiati col pallone d'oro tra il 1963 e il 1968, incanta e lo United sale sul tetto d'Europa. Complessivamente, per i Red Devils, segnano 665 gol in 1633 partite. “La chimica fra di loro era incredibile” ha detto l'ex calciatore scozzese Paddy Crerand. “Erano grandissimi giocatori che sapevano come giocare insieme. In qualunque partita, per quanto dura, sapevi sempre che Bobby avrebbe potuto tirar fuori uno dei suoi tiri da chissà dove, Denis avrebbe creato qualcosa dal nulla in area o George avrebbe fatto qualcosa di magico”.

Herrera e Rocco – A Milano, nello stesso periodo, si fronteggiano da una parte la Grande Inter di Herrera, illuminata dalle foglie morte di Corso, da Mazzola che si emoziona di fronte al Real Madrid in finale di Coppa Campioni, e da Suarez. Dall'altra il Milan di Sormani, Altafini e Rivera, il Golden Boy che aveva 19 anni quando ha spento in finale nel 1963 il Benfica di Eusebio, cancellato nel secondo tempo dalla marcatura di Trapattoni. Nella ripresa, due assist per Altafini fanno la differenza. Saranno tutti di Rivera anche i passaggi vincenti per le tre reti di Prati e il sigillo di Sormani nel 1969 a Madrid contro l'Ajax del calcio totale, nell'ultima affermazione del moderno prima dell'avvento del futuro.

La Juve del Trap – Cosa resterà degli anni Ottanta in Italia? La Juventus che tra il 1982 e il 1985 vince scudetto, Coppa delle Coppe, Supercoppa Europea e la Coppa dei Campioni macchiata dalla tragedia dell'Heysel con Giovanni Trapattoni in panchina e in campo le tre stelle Platini, Boniek e Paolo Rossi, che resterà Pablito anche dopo il successo "mundial". Nella prima stagione arriva “solo” una coppa Italia e il Mundialito per club, oltre al secondo posto in campionato e alla sconfitta di Atene contro l'Amburgo di Magath. Ma il primo tempo stellare a Torino contro l'Aston Villa, nel ritorno dei quarti di finale (3-1 con doppietta di Platini e gol di Tardelli), rappresenta una delle più elevate vette di spettacolarità nella storia bianconera recente riteniamo sia stato solo avvicinato, ma non eguagliato neanche dalla migliore Juve di Lippi, che pure ha offerto prestazioni di grandissimo livello.

Maradona vs Van Basten – La seconda metà del decennio rimane scandito dalla contrapposizione tra il Milan degli olandesi, e di Sacchi che trasforma il 4-4-2 in una filosofia di gioco offensivo destinata a cambiare la storia del gioco, e il Napoli del trio Ma-Gi-Ca, Maradona-Giordano-Careca, che frutta due scudetti, una Coppa Uefa e la Supercoppa Italiana contro la Juventus. La sigla nasce l'11 ottobre 1987, inventato dal giornalista Francesco Rasulo per celebrare il 6-0 al Pescara di Galeone, scandito dal primo gol in campionato del brasiliano, dal gol dal dischetto di Maradona che esce e si prende una settimana a Merano per riprendersi da un infortunio, e dall'ultimo centro, sempre su rigore, di Giordano. A Napoli, quasi un decennio d'opo, nel 1994, nascerà il trio bianconero Del Piero-Vialli-Ravanelli, i tre assi della Juve di Lippi che alzerà al cielo la Champions nella notte dell'Olimpico del 1996.

Gli ultimi esempi – In tempi più recenti, si può ricordare il trionfo in Champions nel 2002 del Real Madrid dei Galacticos con Figo-Raul-Zidane, e il Mondiale che qualche mese dopo ha incoronato il Brasile di Scolari: la Seleçao diverte e crea passione con la Ro-Ri-Ro, Ronaldo, Rivaldo e Ronaldinho. Cambiano maglie e partner, ma non il risultato. Metti Ronaldinho a Barcellona nel 2005 e la storia si ripete. Già nel trofeo Gamper, proprio contro la Juventus, Rijkaard prova una soluzione innovativa in attacco. Via Giuly e spazio a Messi, incastonato fra Ronaldinho e Eto'o. Si ripeterà alla dodicesima giornata, nel Clasico contro il Real di Vanderlei Luxemburgo. Messi spezza l'equilibrio, Eto'o apre le marcature, Ronaldinho chiude con una doppietta devastante. È nata una leggenda. Gli ultimi anni di Champions hanno esaltato il Manchester United di Cristiano Ronaldo-Rooney-Giggs e l'Inter del Triplete, con Eto'o (arrivato in nerazzurro dopo il trionfo in blaugrana), Milito e Sneijder. Oggi, con la crisi del Real talmente profonda da oscurare il potenziale quasi ineguagliabile di Cristiano Ronaldo-Benzema-Bale, l'Europa cerca nel guardiolismo bavarese i veri rivali del trio blaugrana. È il Bayern Monaco del Pep, del trio Müller-Lewandowski-Robben, il vero rivale del Barcellona nella corsa alla Champions. Una corsa a suon di tridenti. Per un posto nella storia.

13 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views