Lotito, Agnelli e la Lega dei guelfi e ghibellini. Calcio italiano allo scontro totale
Follow the money. Segui i soldi. È da quasi un decennio che Galliani e Agnelli si scontrano su diritti tv, gestione delle immagini e sfruttamento commerciale del calcio. Da una parte l'asse Milan-Lazio-Genoa che ha fortemente sostenuto l'elezione di Tavecchio in Federazione, che non si è mai saputo perché vedesse Optì Poba titolare proprio dei biancocelesti. Un uomo della vecchia politica, della continuità con gli esistenti centri di potere. Dall'altra le “sette sorelle” (Juventus, Inter, Roma, Fiorentina, Verona, Sampdoria e Sassuolo) che si sono lamentate in una lettera ufficiale al presidente Beretta per lamentarsi della poca trasparenza nella vendita dei diritti tv per il triennio 2015-2018. Anche se Thohir ha da poco firmato un accordo commerciale e di sponsorizzazione con Infront, l'advisor della Lega molto vicino al Milan. Non solo, la fazione di Galliani (quindi Milan, Lazio, Palermo, Cagliari e Genoa) ha spinto per Beretta alla presidenza di Lega mentre il patron bianconero (con Inter, Roma e Fiorentina) spingeva per Abodi. La vittoria di Beretta ha portato Galliani alla vicepresidenza e Lotito alla carica consigliere Federale interpretata con un presenzialismo fin troppo marcato (l'hashtag #lotitovunque parla da solo).
Lotito padrone – L'ultima uscita di Lotito sul Carpi e il Frosinone che rovinerebbero l'appeal della serie A, scandalosa nei modi, nei toni, nelle implicazioni che sottende, e la difesa in sei punti che ha affidato alla Gazzetta dello Sport, è la summa dei gattopardismi che caratterizzano l'Italia, in cui si parla ma non si fa, si cambia per non morire ma si muore democristiani, l'Italia che scambia ancora e sempre il diritto con il favore. Ma soprattutto è l'emblema di un metodo considerato accettabile, ma che accettabile non dovrebbe essere, che Lotito ha usato per sfruttare anche l'altra leva del potere che ha in mano, quella di presidente della Salernitana, per piegare i club di Lega Pro, paralizzata da dicembre perché non si approva il bilancio, a seguire il suo programma altrimenti non vedranno i soldi che spettano loro. Parola di Iodice, direttore generale dell'Ischia all'altro capo del telefono durante la chiamata intercettata di Lotito da cui è partito lo scandalo.
Che fine ha fatto la riforma Agnelli? – È il segno di una frattura che immobilizza, di una riforma che s'ha da fare, perché l'appeal del campionato è sceso e una differenza così evidente tra le prime e le ultime non fa bene né alle una né alle altre, né tanto meno al sistema nel suo complesso. Ma ogni proposta è una difesa, e come tale viene letta, è il sentimento di una parte che cerca la via per prevalere sull'altra. Perciò non dovrebbe poi tanto stupire se la proposta di riforma del calcio predisposta a settembre, in piena campagna elettorale per il dopo Abete, “dal presidente Lotito, di concerto con il presidente Agnelli, sulla base delle indicazioni pervenute dalle società”, sia rimasta nel cassetto ben chiuso delle buone intenzioni. Anche perché il concerto è finito ancora prima di cominciare. Nelle nove pagine del documento. La riforma delineava un calcio ispirato al Professional Game Board inglese, con una redistribuzione dei pesi elettorali che segua le direttive Uefa e la Premier League come modello.
"Scenario inquietante – “Io a settembre ho detto che accentrare troppo potere in Lotito, che è un presidente di club, con diversi conflitti d’interesse, era molto pericoloso e oggi siamo davanti ad uno scenario sicuramente inquietante, dove il rispetto delle persone non esiste più" ha detto a Sky Sport Beppe Marotta, amministratore delegato della Juventus, alla vigilia della sfida di Cesena. "Mi chiedo noi cosa possiamo trasmettere ai nostri giovani, dove di calcio si parla poco, si parla sempre di questioni politiche, di questioni economiche", osserva il dirigente bianconero. "Mi sembra di essere tornato indietro ai tempi del Medioevo e più precisamente ai tempi del feudalesimo quando c'erano un feudatario, vassalli e valvassori. Questo sistema noi non lo condividiamo per nulla”.
Infront: soggetto terzo? – In questo sistema sta crescendo il ruolo di Infront, l'advisor della Lega che ha siglato, all'epoca dell'entrata in vigore della Legge Melandri, un contratto da 5,4 miliardi di euro in sei anni. Infront ha l'indiscutibile merito di far guadagnare. Ha fatto fare soldi a tutti, alla Lega e alle squadre di cui gestisce i diritti marketing (non a caso Milan, Lazio e Genoa sono fra queste). È stata chiamata in causa, indicata come soggetto terzo cui affidare la produzione delle immagini per la regia internazionale delle partite di campionato, che diventerà tanto più delicata vista l'approvazione della “goal technology” introdotta dalla prossima stagione. Tre le aziende che possono fornirla: il Goal Control visto ai Mondiali 2014, l'Hawk-Eye già introdotto nel tennis, nel cricket, in Premier League e in Bundesliga, e Goal Ref, prodotto da una società tedesco-danese, sperimentato al Mondiale per club 2012. La lega valuterà le offerte e deciderà.
Riforma dei campionati – Ma Infront, proprio perché coinvolto da vicino con la Lega e a legato a doppio filo alle squadre espressioni di una delle fazioni che in Lega si dividono il potere, non è certo un soggetto terzo. Anzi, si potrebbe trovare a controllare i diritti tv dei campionati e l'influenza su decine di club (sono 13 in serie A) con cui ha stipulato contratti di sponsorizzazione, a controllare la produzione tv (sarebbe l'unico soggetto esterno a Mediaset e Sky che potrebbe farlo se dovesse passare la riforma Galliani) e condizionare le elezioni in Lega e in Federcalcio. Agnelli già l'aveva detto che non si può essere advisor e arbitri nella stessa partita. Tuttavia il problema alla base della sfuriata di Lotito sul Carpi e sul Frosinone, che sarà un caso ma hanno rispettivamente pareggiato in casa e perso sabato scorso, non si può evadere a lungo senza una riforma radicale del sistema calcio e dei campionati. Oggi le società maggiori hanno meno potere d'acquisto all'estero, il livello della serie A è sceso, l'appeal è ridotto e le tv non ci stanno a pagare un prodotto che costa più di quanto vale. La riduzione della serie A a 18, o addirittura a 16 squadre, può essere la strada per recuperare competitività.
Il volano cinese – Una strada che potrebbe trovare l'appoggio dei nuovi padroni cinesi di Infront che entrano, dice Bogarelli, attuale direttore della divisione italiana, “con con una prospettiva quinquennale” e potrebbero diventare “un volano extrasportivo. In questo senso, se parliamo di stadi, il nostro è un paese che ha grandi potenzialità. L’esigenza in Italia esiste, adesso aspettiamo di vedere se possono esserci sviluppi”. Come il possibile ingresso degli stessi cinesi di Wanda nel Milan. La questione era e resta politica. Per cambiare il formato serve il 75% dei voti, raccolti fra tutte le componenti federali e questa quota non è facilmente raggiungibile, altrimenti l'accordo si sarebbe già fatto. Tavecchio già pensa di chiedere al Coni di abbassare la quota richiesta alla maggioranza qualificata, al 66%. La strada, dunque, è ancora lontana. Perché ognuno coltiva il suo orticello e nessuno è disposto a cedere zone di influenza, di potere. Tutti uniti dall'unico principio che divide e impera: segui i soldi.