La parabola discendente di Rafa Benitez: insegna calcio, sfascia spogliatoi
L'esonero di Rafa Benitez dal Real Madrid è forse il punto più basso della carriera del tecnico spagnolo che ha fallito miseramente nella città in cui è nato, proprio quando il destino gli consegnava su un vassoio d'argento il coronamento di un sogno: allenare la squadra della sua città. Dove però non ha lasciato il segno, anzi. Il ricordo che c'è e che resterà è quello di un allenatore che non ha mai legato né con i tifosi né con i giocatori, tanto da non essere amato prima, durante e dopo. Scelto da Florentino Perez in persona per il post Ancelotti, Benitez ha fatto solo rimpiangere il tecnico italiano trovandosi a dover lottare domenica dopo domenica contro i suoi stessi giocatori. Fino alla fine, con il presidente obbligato ad allontanarlo dall'incarico che gli aveva conferito e virando su Zidane, già vice di Ancelotti e ottimo tecnico del Castilla.
Gli allori di Valencia e Liverpool – Ma quello di Madrid, anche se l'ultimo e forse il più doloroso, non è il primo fallimento di Benitez. Non solo perché nella prima volta va via da una società senza aver vinto nulla. Non solo perché è il più breve interregno degli ultimi dieci anni sulla panca dei Blancos (solo 188 giorni di permanenza). E' l'antitesi dell'inizio del suo folgorante percorso di tecnico. Nella sua carriera, il tecnico spagnolo aveva fatto benissimo a Valencia e a Liverpool dove ha strabiliato tutti, diventando nel tempo uno degli allenatori migliori e ricercati. Con gli spagnoli, un esordio in panchina da mille e una notte che gli valse poi l'approdo in Premier alla guida dei reds che condusse all'epocale Coppa Campioni vinta contro il Milan nella finale di Istanbul. Da lì, però, proprio al culmine del percorso, laddove avrebbe dovuto svoltare per sempre entrando nel gotha dei migliori allenatori di sempre, qualcosa si è interrotto ed è iniziato in costante declino.
Le difficoltà al Chelsea – In Inghilterra, sponda blues di Londra, ha rilevato il Chelsea di Di Matteo reduce da una strepitosa quanto inaspettata Champions League. Benitez riuscì anche in quel caso a portare la società di Abramovich ancora sul tetto d'Europa, questa volta però conquistando l'Europa League. Ma non riuscì mai a legare né con il magnate russo (che poi gli preferì Mourinho) né con i tifosi né con la squadra. Un tecnico mai gradito che mai ha legato con lo spogliatoio che pochi mesi prima aveva seguito fino alla morte Di Matteo: piccoli segnali di un allenatore bravissimo a insegnare calcio, un po' meno a fare gruppo.
Il fallimento a Napoli – Il culmine – prima di Madrid – lo ha però raggiunto in Italia, dove ha fallito la sua missione a Napoli. Con De Laurentiis che gli aveva affidato le chiavi della squadra e di una città intera, pronta a sprovincializzarsi e a diventare (tornare) grande in Italia e in Europa. Fallendo. Dopo il primo anno di apprendistato e di vittorie (Coppa Italia), il secondo è stato una lenta e costante involuzione, con giocatori sempre più scontenti e prigionieri delle convinzioni tattiche dello spagnolo. Che ha mostrato tutti i limiti di un professionista incapace di evolversi e cambiare, anche adattandosi alla piazza e alle richieste che lo circondavano.
Il crollo con l'Inter – Come all'Inter, il ‘buco nero' della sua carriera, in una parentesi tanto breve quanto ricca di incomprensioni e tensioni. Anche a Milano, come a valencia, Liverpool, Napoli, Londra, Rafa riuscì a vincere. Fiore all'occhiello il Mondiale per Club che riuscì a conquistare nel dicembre del 2010 con la squadra del Triplete ma con le tensioni interne alle stelle, sia con i giocatori che con il presidente Moratti. Nel Mondiale escluse Materazzi, straordinario alfiere mourinhano, confinato in ribelle intransigente da Benitez che gli negò la gioia di scendere in campo nella partita che valse la coppa. Poi l'esonero, tra aspri dissapori con la società e un ambiente che non l'ha mai apprezzato. Proprio come a Madrid.