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La Giunta del Coni non commissaria la Figc: non può, ma già si sapeva da sempre

Il presidente Malagò ha confermato l’impossibilità di commissariare la Figc fino al prossimo 11 dicembre, quando si riunirà la Serie A. Se la Giunta del Coni avesse osato il contrario si sarebbe finiti in tribunale con il ricorso fatto dalla Federcalcio. Per legge infatti, dal ’50 ad oggi il Coni non ha più avuto questa autorità.
A cura di Alessio Pediglieri
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Si sapeva: il CONI con le regole vigenti non può commissionare la Figc. Alla fine di un lungo consiglio durato quasi due ore, il presidente Malagò ha svelato il segreto di Pulcinella: "se noi oggi avessimo portato in Giunta una delibera di commissariamento della Figc saremmo stati oggetto di un ricorso". Il punto è un altro, ed è sempre lo stesso: si è perso altro tempo per una decisione che si sapeva già da sempre che sarebbe stata tale. Ma siamo in Italia e la burocrazia ha vinto per l'ennesima volta ingolfando processi che avrebbero priorità su tutto per ristabilire l'equilibrio generale.

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Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, si è espresso chiaramente al termine della Giunta del Coni chiamata a decidere sull'eventuale commissariamento della Figc. Se il CONI si fosse arrogato la decisione, si sarebbe finiti in tribunale. E quindi, la Giunta odierna era completamente inutile con il punto ‘commissariamento' all'ordine del giorno ma era comunque un atto dovuto. Altro pantano tra le ruote di una burocrazia elefantiaca e inefficace.

Per le norme vigenti, infatti, il CONI non può prendere in mano la situazione semplicemente se non dopo che la Serie A, come Lega, decida o meno di rivedere le proprie nomine. Entro i termini stabiliti per legge, cioè l'11 dicembre prossimo. Se la Serie A non varerà nuovi nomi significherà che accondiscende con l'attuale Figc di Tavecchio e a quel punto il CONI potrà chiedere il commissariamento. Se invece, la Serie A deciderà di slegarsi dall'attuale federazione presentando ed eleggendo nuovi candidati, il CONI resterà a vigilare.

Una situazione lineare ma resa ingarbugliata dalle ragnatele do una burocrazia che non conosce il buon senso. Di fatto, si sapeva da subito il destino della delibera odierna, in una Giunta in cui Malagò ha approfittato per ripetere il proprio pensiero su Tavecchio: "La colpa principale è stata quella di essere  il presidente della nazionale che non si è qualificata al Mondiale per la seconda volta in cento anni. Davanti alle sue dimisisoni, gli ho dato la mia solidarietà perché la componente umana per me prescinde dal ruolo".

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