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L’amore breve, ma intenso, tra David Beckham ed il Milan

Dopo Ferguson, un altro pezzo di storia del calcio inglese lascia il calcio. Il ritiro di David Beckham ha fatto rumore anche quì in Italia dove “Becks”, per due mezze stagioni, giocò con la maglia rossonera.
A cura di Alberto Pucci
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Una storia importante – Le ultime parole, pronunciate con tono dolce e gentile da vero "Sir" inglese, le ha pronunciate nel pomeriggio di ieri mentre, a più di 800 km, alcuni dei suoi ex compagni rossoneri si stavano riprendendo dalla seduta d'allenamento della mattina, comprensiva di partitella (11 contro 11) sul campo centrale di Milanello. Quando arrivò nel dicembre del 2008, gli scettici ed i dubbiosi che popolano quotidianamente il mondo del calcio italiano, diedero subito il loro benvenuto al campione inglese che, in quella occasione, tornava a respirare il calcio "vero" dopo alcune stagioni da "globetrotters" nella Major League americana. Si scrisse che era "bollito", che veniva a Milano per far contenta la moglie Victoria (da sempre, a quanto pare, quella che porta i pantaloni in casa), che il Milan stava facendo un'operazione tenendo conto più del marketing, che del reale bisogno di Carlo Ancelotti: a quel tempo proprietario della panchina milanista. David Beckham, invece, arrivò in punta di piedi: umile, serio ed educato, come neanche lontanamente ci si poteva aspettare. Quasi si inginocchiò in preghiera davanti alle foto attaccate sui muri di Milanello. Di certo rimase incantato dal "welcome" pronunciato dai mostri sacri di allora e, soprattutto, da Paolo Maldini: icona del calcio italiano, da sempre ammirata e stimata dallo "Spice Boy".

L'america è quì! – Va bene il fascino e la suggestione del continente americano, ma vuoi mettere entrare a San Siro a fianco di Seedorf, Kakà e Ronaldinho? L'ex stella del Manchester United e del Real Madrid, ci mise davvero poco per farsi apprezzare dal pubblico più diffidente e snob del "Meazza". Con la curva, poi, il feeling scattò immediato. Chi aveva avuto il coraggio di pensare (e di dire) che Beckham era arrivato a Milano solo ed esclusivamente per "svernare" in Via Montenapoleone, tra qualche scatto fotografico per Armani ed un cocktail organizzato dagli amici Dolce e Gabbana, si dovette rimangiare pensieri e parole in pochi minuti. Beckham giocò e lotto sul serio, con la maglia rossonera. Dal debutto all'Olimpico contro la Roma passando per la notte del grande ritorno (in Champions) a Manchester, fino a quel maledetto marzo 2010: quando lasciò il suo tendine d'Achille sul prato di San Siro durante una partita di campionato contro il Chievo. Un incidente che impedì al giocatore di realizzare il sogno di diventare il primo giocatore a disputare quattro mondiali e che tolse, all'allora tecnico Leonardo, una pedina fondamentale di quel Milan. La storia d'amore con il Diavolo, come ha elegantemente ricordato ieri il sito ufficiale rossonero, è stata breve (29 presenze), ma intensa. Due mezze stagioni, impreziosite da due gol (in casa contro il Genoa e a Bologna) e da punizioni e corner calciati in maniera talmente "divina", da far sospirare l'innamorato pubblico milanista.

David e Paolo, campioni dentro e fuori dal campo!
David e Paolo, campioni dentro e fuori dal campo!

David come John? – Le prime parole, da ex calciatore, sono state per la famiglia: "Non avrei raggiunto ciò che ho fatto oggi, senza la mia famiglia. Sono grato ai miei genitori e devo tutto a Victoria ed ai miei bambini", ha detto ai giornalisti presenti a Parigi per il suo "commiato" dal calcio giocato. Parole belle, da uomo vero, quelle di Beckham. Ringraziamenti abituali, nel mondo dello "show biz" e dello sport, che hanno strappato l'ultima cattiveria ai "qualunquisti del pallone", a chi del luogo comune ne ha fatto una scelta di vita. Ringrazia Victoria, principale artefice dell'inizio del suo declino? Chi non ha a cuore David Beckham, avrà certamente pensato tutto questo. Lo ha fatto, certamente, chi dubitò del carattere di David andando in giro a dire che la vera "star" di casa (il calciatore) era tenuto al guinzaglio da chi "star", in realtà, non lo era mai diventata fino in fondo. Negli anni passati, per giustificare una carriera che (purtroppo ed inevitabilmente) cominciava la sua fase calante, alcuni hanno puntato il dito ferocemente contro di lei accusandola di aver rovinato l'esistenza calcistica del marito, di aver trasformato quello che era solo e semplicemente un calciatore, in una macchina da soldi per "brand" famosi. Per alcuni, Victoria Adams era la Yoko Ono del nuovo millennio. Il marito, per molti, solo l'uomo in mutande sui cartelloni pubblicitari di Armani. Polemiche che, in realtà, non hanno mai toccato David Beckham che, in ogni squadra dove ha giocato, ha lasciato ottimi ricordi e grandi "tracce" di professionalità. Ha chiuso a Parigi, giocando con Ibrahimovic. Avrebbe voluto farlo a Milano, con El Shaarawy e Balotelli, in un Milan che, dal punto di vista del look, ha davvero poco da invidiare a molte altre squadre. "Il calcio italiano è il top. Seguo sempre il Milan", disse in un'intervista del febbraio 2012, lasciando ancora la porta aperta al nostalgico Galliani che, per lui, ha sempre avuto più di un debole. Il club milanese, fece un tentativo la scorsa estate prima che David scelse di seguire Ibra sotto la Tour Eiffel. Un tentativo andato a vuoto: purtroppo, l'ultimo! Good luck Becks!

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