L’addio di Guardiola al Barcellona non chiude un ciclo vincente. Ne riapre uno nuovo
E' finito un ciclo, di certo non un'era con l'addio di Pep Guardiola al Barcellona. Si è concluso semplicemente un quadriennio entusiasmante alla guida dello spagnolo che ha vinto tutto ciò che c'era da vincere, anche piú di una volta a dimostrazione che fossimo davanti non a un semplice caso del destino ma difronte a una realtá calcistica più che concreta.
La linea della continuità – Così con l' "adios, chicos" del Pep nazionale resta ancora il Barcellona, la squadra migliore al mondo in modo incontrovertibile fino a due settimane fa oggi, comunque, una formazione e una societá che ha rivendicato la propria tradizione, autonomia e coerenza.
Proprio nel momento maggiormente delicato e disorientante, la societá ha dimostrato di essere "mas que un club" con i fatti: nessuna girandola di pretendenti al trono vacante catalano, nessun toto-allenatore o voci incontrollate (come l'arrivo di Valverde), ma la consegna ufficiale delle chiavi della squadra a chi, giá da tempo, assicurava dietro le quinte che Guardiola potesse lavorare nel miglior modo possibile: Tito Vilanova, il vice storico del Pep.
Una scelta studiata a tavolino, debitamente programmata forse sin dallo scorso ottobre quando Guardiola aveva già maturato l'idea di lasciare la guida azulgrana, in completa sintonia col club di Rosell, avvertito della decisione.
L'orgoglio catalano, fino alla fine – Non è stato un caso, dunque che proprio nel momento di maggior debolezza della societá, con l'addio a fine stagione dell'allenatore delle meraviglie e con gli ultimi deludenti risultati sportivi in Spagna e in Europa, il Barcellona abbia dato una ulteriore prova di forza e compattezza, spegnendo sul nascere tutte le voci sulla successione.
Nello stesso modo in cui non è stato trascurato alcun particolare nella conferenza stampa d'addio di Guardiola. Giá in mattinata si era diffusa la notizia delle sue dimissioni a fine stagione spiegate alla squadra nel primo allenamento di giornata, dimissioni condivise la sera prima con la societá. Nessun fulmine a ciel sereno, dunque ma tutto organizzato nei minimi particolari per evitare inutili scossoni e confermare la linea di continuitá condivisa da tutti.
Come la presenza in conferenza, in prima fila insieme ai giornalisti, dei più importanti giocatori catalani, da Puyol a Xavi e Iniesta, espressione massima dell'orgoglio per quei colori che vanno da sempre ben oltre l'amore per un club. L'assenza della "pulce" Messi, che ha fatto sussurrare qualcuno sospettando di chissà quale disaccordo, è spiegata proprio in questa precisa volontá: il senso estremo di appartenenza ad un club che non è mai stato semplicemente un club.
L'addio, il rispetto, il futuro – Ritornando, poi, ai contenuti della conferenza stampa con le parole del presidente Rosell, quelle commosse xi Zubizarreta e di un timido Guardiola, vi è la conferma di quanto detto. Dietro alla decisione non c'è alcun motivo recondito, nessun nuovo contratto dietro alla porta ma semplicemente la consapevolezza he quattro anni vissuti a velocitá vertiginose abbiano ‘consumato' le energie del tecnico.
"Per allenare qui ci vuole molta forza e molta energia. La squadra poi dimostra in campo questa forza e questa energia. I giocatori sanno la stima che provo per loro. Sono soddisfatto dei risultati ottenuti insieme in questi anni. I giocatori rappresentano il cuore della squadra, io sono stato un privilegiato per averli potuti allenare. Ho cercato di farlo con il massimo impegno. Ho avuto un rapporto molto stretto con i miei giocatori, e sono felice di essere riuscito a trasmettere loro la mia passione. L'unico responsabile della decisione di lasciare è il tempo. Come ho detto, quattro anni al Barcellona sono tantissimi, e adesso accuso la stanchezza. Ma sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto"
Stanchezza, desiderio di staccare la spina, la necessitá di fermarsi e rigenerarsi, in tutta calma. Eccole le motivazioni di Guardiola che non potevano coesistere con la volontá del club di restare ancora a lungo ai vertici del calcio spagnolo, europeo, mondiale. Una scelta coerente, per alcuni versi coraggiosa sapendo che, avesse voluto, nel Barcellona per lui le porte sarebbero ancora spalancate e ci sarebbe pronto un nuovo contratto in bianco. Una scelta maturata anche nella consapevolezza di lasciare il progetto in mano ad un amico fidato che da qui a maggio riceverá il passaggio di consegne in modo naturale. Tito Vilanova era il secondo di Guardiola già ai tempi del Barcellona B, è conosciuto e stimato da tutti i giocatori che lo conoscono da sempre e per i quali incarna in modo naturale gli insegnamenti di Guardiola.
Insomma, in questo Barcellona post-Pep ci sono tutti i presupposti perchè non cambi nulla da qui ai prossimi anni.
I quattro anni della vittoria
2008-2009
Con il suo arrivo Guardiola, nel dopo Raijkaard,stila la lista di quelli che diventeranno i suoi luogotenenti in campo: Xavi, Puyol, Piqué, Iniesta, Dani Alves, Keita e Busquets.
Vince subito la Copa del Rey arriva anche la vittoria in Liga, spezzando il potere del Real campione nelle ultime due stagioni. E' l'inizio di un periodo che diverrà epico per Pep che confeziona il triplete
2009-2010
Davanti ad un successo così immediato e unico, Guardiola studia nuove mosse: è l'estate che segna lo sfortunato scambio Eto'o-Ibrahimovic. Nello stesso anno vengono buttati anche 25 milioni per il difensore ucraino Chygrynskiy, mai esploso nel Barça stellare. Comunque, anche quella stagione è indimenticabile: arrivano Supercoppa europea e di Spagna, il Mondiale per club ad Abu Dhabi e – ancora – la Liga.
2010-2011
Siamo alla terza stagione, quella dell'addio a Ibra perchè Guardiola sa che per continuare a vincere deve trovare nuove risorse e così cambia anche altri interpreti: viene ceduto a suon di milioni di euro il prezioso Yayà Touré mentre viene lasciato libero Henry, destinazione MSL. Gli acquisti sono azzeccati col laterale brasiliano Adriano, l'attaccante David Villa e Javier Mascherano, mediano argentino che Pep inventerà difensore centrale. La stagione si apre trionfalmente, con la Coppa di Spagna e si conclude con la Liga numero 21. Guardiola conquista la sua seconda Champions ancora col Manchester United, battendo gli inglesi 3-1 a Londra.
2011-2012
Arriviamo all'ultimo anno, all'epilogo: il mercato estivo riporta al Barça il figliol prodigo Cesc Fabregas, voluto fortemente proprio da Guardiola. A suon di milioni ecco anche il nino maravilla, Alexis Sanchez. La stagione riparte come sempre, con un successo: Supercoppa spagnola sul Real che si inchina al solito determinante Messi. Il Barça vince anche la Supercoppa europea col Porto, campione d'Europa League. Fino all'ultimo trofeo conquistato, il Mondiale per club in Giappone nello scorso dicembre: 4-0 al Santos di Neymar, giovane asso brasiliano che potrebbe arrivare proprio a Barcellona già la prossima estate.
E' il canto del cigno azulgrana di Guardiola che da lì a tre mesi perderà Liga e Champions e deciderà per l'addio al Barcellona.