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Inter, Shaqiri ricorda i primi tempi: “Vendevo caramelle a Basilea”

Il nuovo beniamino dei nerazzurri, arrivato a gennaio, spiega in un’intervista: “Sono venuto in Italia per conoscere una nuova mentalità”
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Xherdan Shaqiri è sempre più un beniamino per i tifosi dell'Inter: arrivato nel mercato di gennaio, il centrocampista svizzero di origini kosovare sembra aver già convinto tutti. Il prezzo del suo riscatto è alto: quindici milioni di euro. Ma in casa nerazzurra l'intenzione è quella di riscattarlo senza se e senza ma, dopo averlo portato a Milano in prestito dal Bayern Monaco. E lui, Shaqiri, sembra davvero convinto di aver fatto la scelta giusta.

"Sono stato molto felice quando l'Inter e l'allenatore mi hanno voluto", ha spiegato il nazionale svizzero intervistato dalla CNN, "volevo conoscere una nuova mentalità, era importante per me. Sono anche vicino alla mia famiglia, visto che la Svizzera non è molto distante da Milano. In futuro, torneremo ai vertici d'Italia e d'Europa: Mancini ha tanta esperienza ed è tornato per riportare il club dove era". I tempi di Monaco di Baviera sembrano ormai alle spalle: arrivato nel 2012 dal Basilea per dodici milioni di euro, il centrocampista non ha convinto e le sue presenze sono drasticamente calate, tanto da decidere di girarlo all'Inter lo scorso gennaio.

A Basilea, invece, il centrocampista ha solo dolci ricordi: dopo la nascita in Kosovo, la sua adolescenza è stata proprio nel paese elvetico, dove è sbocciato come calciatore. Una lunga trafila nella primavera, poi tre anni in prima squadra con 130 presenze e 23 reti: quindi, la convocazione in Nazionale maggiore, dopo aver convinto in quelle giovanili. Basilea e la Svizzera, insomma, nel cuore di Shaqiri. "Quando giocavo nelle giovanili lavoravo anche in un negozio di caramelle", racconta, "ho sempre sognato di giocare a calcio, ma quando ero piccolo i miei genitori mi avevano detto che avrei dovuto anche imparare qualcos'altro. Era giusto che lavorassi e sono orgoglioso di averlo fatto per due anni, perché adesso so cosa significa fare un lavoro normale, conosco la vita reale e quella che ho adesso".

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