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Inter, Roberto Mancini e i suoi primi 40 giorni in nerazzurro tra alti e bassi

Per il tecnico è stato un inizio difficile, vissuto tra sconfitte pesanti e pochissime vittorie convincenti. Tra una rosa da sfoltire, giocatori da cambiare e quell’insostenibile voglia di non continuare senza dettare alla società gli acquisti da fare a gennaio.
A cura di Alessio Pediglieri
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40 giorni, uno più, uno meno sono trascorsi dal giorno dell'esonero di WM e dall'arrivo di Roberto Mancini sulla panchina dell'Inter per sostituire il tecnico livornese accomodato da Thohir suo malgrado, per – soprattutto – volontà della piazza e per dare una scossa ad un ambiente sull'orlo dell'ennesima crisi di nervi. Il primo bilancio sull'operato del tecnico jesino alla guida dei nerazzurri non è dei più brillanti, complice anche un calendario che gli ha messo di fronte sfide immediate con Milan e Roma (una pareggiata, l'altra persa malamente). Dopo un mese, poco più, la mano dell'allenatore si è già iniziata a intravedere, con tutti gli elementi positivi e negativi che possono esserci con così poco tempo a disposizione. In positivo, si è rivisto giocare a calcio un gruppo che si era perso. Anche con personalità, dimostrata sia nel derby che nel recupero a San Siro nell'ultimo match contro la Lazio. In negativo, i troppi giocatori fuori forma, non adatti alle nuove direttive manciniane, problemi di spogliatoio e di organico che dovranno subito venir sanati con il mercato di gennaio.

Disastro difensivo. Si sapeva che qualcosa sarebbe subito cambiato nel reparto arretrato e così è stato. La prima innovazione apportata da Mancini all'Inter è stato il ritorno alla difesa a 4 dopo quasi due anni di sola difesa a tre, une delle colpe imputate a Walter Mazzarri nell'insistere in uno schema che metteva in seria difficoltà i giocatori. Ma il cambiamento non ha portato buoni frutti, anzi se possibile ha peggiorato e smascherato i problemi di un reparto che manca effettivamente di un leader dentro e fuori dal campo. Con Mancini sono stati 10 i gol subiti in 7 partite numeri che spiegano al meglio come il passaggio a questo nuovo sistema difensivo  abbia aumentato le difficoltà e i difetti della squadra mettendo ancora più in evidenza i problemi dei difensori, inadatti – e non solo nel capro espiatorio Vidic. Mazzarri in 15 partite aveva subito 15 gol, esattamente un gol di media a partita, adesso si è ben oltre questa media e qualcosa dovrà venir fatto in vista del mercato invernale.

Più personalità in attesa dei risultati. Con Mancini però si è rivista a tratti, ma anche in crescendo, la ‘vecchia' personalità della squadra come ai tempi del primo mandato in nerazzurro. Con Mazzarri l'Inter era più attendista, aspettava la pressione degli avversari, per poi adeguarsi di conseguenza. Senza dimostrare comunque di avere le qualità psicofisiche di reagire al meglio. Poi, quando si è messo anche il pubblico di San Siro a pressare giocatori e tecnico, tutto è scoppiato nella classica bolla di sapone. E' vero, con Mancini mancano ancora le vittorie importanti e convincenti ma almeno sul campo si è rivista la voglia di giocare e l'orgoglio di evitare le solite brutte figure. Anche contro la Lazio da San Siro sono arrivati pesantissimi fischi a fine primo tempo eppure nella ripresa la squadra ha messo in campo un altro spirito e mentalità. Ed è questo uno dei punti che danno fiducia in vista della ripresa del campionato quando servirà tanta personalità per strappare un risultato allo Juventus Stadium contro la Juventus il prossimo 6 gennaio.

Il recupero di Kovacic. L'operato di Mancini si vede soprattutto su Mateo Kovacic che aveva iniziato la stagione meravigliando i propri tifosi con le gare contro lo Stjarnan e anche nella prima gara di campionato a San Siro contro il Sassuolo, per poi perdersi cammin facendo. La giovane stella croata con la ‘cura' Mancini sembra essere tornato quello dell'inizio stagione permettendo alla squadra di avere un dieci in grado di dare questo tipo di sterzate alle gare. I suoi gol (l'ultimo alla Lazio, strepitoso) e le sue giocate sono tornate quelle determinanti, in attesa che anche in avanti – con Palacio finalmente che si è sbloccato – si riesca a trovare più continuità sotto porta.

Un Bonazzoli in più nel motore. Proprio l'attacco era stato il reparto meno toccato da Roberto Mancini. Icardi, Palacio e Osvaldo garantiscono personalità, esperienza e giocate da campioni. Anche se non stanno facendo la differenza e il cammino della squadra ne risente pesantemente. Eppure, sia Maurito che il Trenza sono stati i punti fermi di Mancini che ha dovuto accettare anche l'infortunio di Osvaldo. Ma quando ha potuto  – e vi era l'esigenza – il tecnico non ha avuto problemi nè timori (come Mazzarri) di gettare nella mischia tutti gli uomini a propria disposizione. Lo stesso talentuoso 17enne Bonazzoli che sta confermando le proprie doti, piace moltissimo a Mancini e che contro la Lazio è stato autore della punizione su cui è arrivato il 2-2 e si è messo in mostra come abile esterno offensivo che male non farà nel proseguo del campionato.

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