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Il flop europeo delle nostre squadre e il declassamento del calcio italiano

Dopo la sconfitta pesante del Milan al Camp Nou, le sberle tedesche rifilate ai campioni d’Italia e lo stop inatteso della Lazio, ecco arrivare la mazzata della FIFA, guidata dal “nemico” Joseph Blatter.
A cura di Alberto Pucci
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Joseph S. Blatter

Pallone sgonfio – Il ricordo è dolce e, spesso, aiuta. Ci aiuta a soffocare la "pochezza" del momento che viviamo, con attimi di "virtuale" serenità. "Quel" ricordo, strappa sorrisi e porta buonumore. Riavvolgere il nastro e riassaporare certi attimi, vuol dire lenire brucianti dolori di stomaco e fastidiose emicranie. C'era un tempo dove erano gli altri a "rosicare" per l'invidia e ad imbottirsi di antidolorifici per poter dormire la notte. C'era un tempo dove, l'Italia del pallone, era considerata l'Eden del calcio europeo. I giocatori più forti (ma anche quelli meno) facevano carte false, nel vero senso della parola, per emigrare nell'italico paese del football. Un tempo eravamo quelli che si divertivano con Maradona e Zico, con Platini e Cerezo, con Van Basten e Ronaldo. Oggi, ci aggrappiamo a quei pochi fenomeni rimasti, sperando che non capiscano l'antifona e traslochino verso mondi migliori. Se prima mangiavamo caviale, oggi siamo al pane rinsecchito. "Ho visto Maradona", continuano a cantare i tifosi del Napoli… lasciateli cantare perché hanno ragione da vendere. Ieri c'era Diego, oggi chi abbiamo? Sono bastati anni di investimenti sbagliati, bilanci in rosso e scandali dentro e fuori dal campo, per rovinare quella "semina" che, pazientemente, i nostri dirigenti (quelli seri) hanno tentato di fare negli anni d'oro dello sport più seguito dagli italiani. Oggi il trend è pesantemente negativo: i club faticano ad imporsi in Europa, la nazionale azzurra (nonostante l'ottimo lavoro di Prandelli) vive ancora di rendita sull'exploit della squadra di Lippi nel mondiale tedesco, i campioni (quelli con la C maiuscola) non vogliono più venire a giocare nella nostra Serie A, neanche di fronte a ricche proposte (ammesso che se ne possano fare ancora). Siamo alla presa in giro. Agli schiaffi presi in campo e fuori dove, il nostro governo calcistico, conta sempre meno ed è alla "mercè" di uno che appena vede il tricolore comincia a schiumare di rabbia.

Joseph se la ride – Chissà come se la sta godendo il Sig. Blatter, dopo l'ultima "mazzata" calata sulla testa del calcio italiano. Una randellata dalla quale sarà difficile riprendersi e che rischia di lasciare il segno. Non solo contiamo sempre meno in Europa, ma anche a livello internazionale il "made in Italy" continua a registrare forti sbandamenti verso il basso. E' notizia di ieri che il nostro "ranking" mondiale è così deficitario che anche la Croazia (con tutto il rispetto, s'intende) ci è passata davanti. Siamo ottavi dietro anche alla Colombia! Tra un po' affianchiamo davvero (e speriamo solo in ambito sportivo) la tanto bistrattata Grecia. "Italiani e Greci: una faccia, una razza", anche nel pallone? Un colpo al cuore, come direbbe Ligabue, anche per il povero Cesare Prandelli che, con lodevole coerenza e testardaggine, sta provando nuove alchimie e nuovi giovani da "svezzare". Un percorso lungo che necessita di pazienza, tempo e fiducia: qualità che sembra non avere l'istituzione mondiale del calcio. Noi cerchiamo di costruire (con poche risorse), loro ci bastonano appena possibile. Siamo nella Serie B del calcio europeo e mondiale. Barcellona, Bayern e, la scorsa estate, lo Sporting Braga ci hanno chiuso la porta in faccia in Champions. In Europa League, Udinese e Napoli hanno rimediato figuracce, l'Inter è stata bastonata dal Tottenham e la Lazio eliminata nel deserto dell'Olimpico: penalizzato da una decisione troppo dura dell'Uefa e, ancor prima, dall'idiozia di una parte di tifosi.

L'aiuto di Michel – Ridotti come siamo, forse l'unico salvagente potrebbe arrivare dal famoso fair play finanziario partorito dall'estro creativo di Michel Platini, già nel mirino della critica dei tifosi della Lazio. Se davvero entrerà in vigore, in maniera seria ed equa per tutti, alcuni club dovranno drasticamente ridimensionarsi. Squadre come Malaga, Besiktas e Partizan Belgrado sono state già punite. Altre, come ad esempio il Paris Saint Germain, rischiano tantissimo. I nostri club hanno chiuso i rubinetti già da un pezzo e si stanno ingegnando (quando possono) per rientrare dei grossi debiti contratti negli anni passati. L'idea rilanciata qualche giorno fa, di creare un campionato di squadre B (le riserve) sarebbe utile per dare ancor più spazio ed importanza ai vivai. Sarebbe un'idea intelligente per coltivare in casa nuovi campioni ed evitare di buttare i soldi dalla finestra, come spesso accade. Un progetto che, come al solito, ha però diviso la Lega calcio che, per inciso, non è stata capace di trovare un presidente buono per tutti ed ha rigettato al mittente la candidatura di Andrea Abodi, forse uno dei pochi ad avere idee e capacità. Non sono bastate le gioie del Mondiale 2006 e del "Triplete" di Mourinho, per favorire un cambiamento positivo ed utile al nostro movimento. Siamo prigionieri sempre delle stesse facce: quelli che parlano con gli arbitri e male degli arbitri, quelli che esonerano allenatori ogni cinque minuti e quelli che predicano bene e razzolano malissimo. Antonio Conte, forse troppo depresso per la sconfitta, ha cercato di svegliare il paziente con due schiaffoni ben assestati: "Passerà ancora molto tempo prima che un'italiana possa tornare a vincere la Champions League". La speranza è l'ultima a morire, anche se i presupposti per un lungo digiuno europeo (purtroppo) ci sono tutti.

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