Giaccherini, bravo ragazzo: “Il gol è per mio nonno che mi guarda da lassù”

"Ho regalato la maglia a mio padre perché ha fatto tanti sacrifici nella vita. E questa gara la dedico a lui e a mia madre". Giaccherini è così: testa bassa e lavorare, profilo basso, intensità, duttilità tattica e quella rete che ha spianato la strada alla vittoria dell'Italia. Bonucci gli serve un lancio perfetto, calibrato, taglia a fette lo spazio, un varco nel cuore della difesa del Belgio: il controllo è alla ‘giaccherinho', come lo ribattezzò Sacchi che ne esaltò l'importanza e la grande utilità nell'economia e negli equilibri di una squadra; il tocco d'interno collo uccella Courtois e libera una gioia incontenibile.
Dedico questo gol a mio nonno, scomparso qualche anno fa. Mi ha sempre seguito ed ora mi segue da lassù, ne sono certo.
Ci vuole un fisico bestiale per resistere agli urti della vita. E ‘Giak', nonostante la stazza non fosse proprio da corazziere, ne ha sempre avuto uno abbastanza solido da reggere a un incidente che ne avrebbe potuto compromettere la carriera. A 15 anni si scontra con un portiere e la milza lo abbandona. Tant'è che ancora oggi deve sottoporsi a ben 3 richiami di vaccino all'anno per salvaguardare le difese immunitarie.
Conte sanguina dal labbro, l'esultanza furibonda in panchina gli procura un taglio sulla bocca ma fa nulla. Quando infuria la battaglia può capitare ma fa parte del gioco. Wilmots e le sue stelline stanno a guardare: l'Italia è una squadra, il suo Belgio ancora no. L'Italia sa soffrire (ma questa è una qualità congenita degli Azzurri), lotta, è compatta, tiene i ranghi serrati anche quando è sotto pressione, il suo Belgio vive sugli spunti individuali di Hazard ma va a sbattere contro la maggiore esperienza dell'avversario.
L'Italia si esalta con la semplicità e l'organizzazione di una ‘squadra normale' che obbedisce ai dettami dell'allenatore, il suo Belgio è uno scapigliato (Fellaini viene risucchiato nel gorgo della mediana). L'Italia "ha le palle quadrate" – per dirla alla Bonucci – e va in campo con gli occhi della tigre, grande umiltà, il suo Belgio appare lezioso. "Oggi abbiamo messo cuore, anima, tutto quello che avevamo per battere il Belgio, una squadra forte", conclude Giaccherini, simbolo di questa Nazionale che ha ritrovato fiducia. E mai come adesso la salita è meno ripida e faticosa.