Euro 1976: l’artista Panenka cambia la storia
Un filo rosso di ricordi. Associazioni di idee e di emozioni al debutto della Slovacchia in un Europeo, contro il Galles. Sembra di tornare a quarant'anni fa, quando i Dragoni sono arrivati fino ai quarti di finale contro la Jugoslavia, che avrebbe ospitato la fase finale (allora, e per l'ultima volta, partiva dalla semifinale) senza la certezza di un posto di diritto. Hanno accarezzato un sogno svanito nella battaglia di Ninian Park contro il contestato arbitro tedesco Gloeckner, un sogno sfumato anche per il rigore sbagliato dal simbolo di quella nazionale e del Leeds di Don Reevie, Terry Yorath. In finale ci va la Cecoslovacchia, con otto slovacchi nella formazione titolare. "Nessuno pensava che avessimo una chance" ha ricordato Alexander Vencel, slovacco pure lui e portiere di riserva di Ivo Viktor. "Nessuno ci prendeva sul serio, eppure abbiamo sorpreso tutti".
La semifiale – E' preoccupato Viktor alla vigilia della finale allo stadio Crvena Zvezda di Belgrado. Teme che il suo compagno di squadra, il baffuto 28enne perito alberghiero Antonin Panenka, possa rovinare tutto tirando un rigore dei suoi, di quelli che nel mondo si chiameranno da allora come lui e in Italia continuiamo a chiamare cucchiaio. "Se l'avessi sbagliato" ha confessato più volte, "sarei finito a fare l'operaio in fabbrica". Regista del Bohemians, modesta terza squadra di Praga, Panenka è il cervello creativo della nazionale che a sorpresa ha cambiato allenatore dopo i quarti: Knobel si è dimesso a sorpresa, al suo posto viene chiamato lo slovacco Václav Ježek. In semifinale, la Cecoslovacchia ha stupito l'Olanda del calcio totale, con l'aiuto dell'arbitro Thomas, che al 9′ del secondo supplementare non sanziona un fallo proprio di Panenka su Cruijff: la palla arriverà a Vesely che crossa per Nehoda, 2-1. La storia dell'Europeo cambia per sempre. Thomas, che nel 2008 ammetterà alla televisione olandese di aver sbagliato a non fischiare quel fallo, espelle Van Hanegem per protesta e il resto è storia.
Finale, sogno e rimonta – In finale, c'è da affrontare la Germania, dominata in semifinale per un'ora dalla Jugoslavia, finché il ct Schön non decide di buttare nella mischia al 79′ un giovane centravanti del Colonia, Dieter Müller: è la sua prima partita in Nazionale. Gli bastano tre minuti per segnare il primo gol, che vale i supplementari. Ne segnerà altri due, per una tripletta storica, per sognare il titolo. La Cecoslovacchia, in finale, assorbe la lezione degli slavi: gestione insistita del possesso palla a basso ritmo e accelerazioni improvvise. La strategia funziona. Dopo 8′, Ján Švehlík elude Maier: 1-0. Passa un quarto d'ora, e su un rinvio stranamente sbilenco di Beckenbauer, alla centesima partita in nazionale, Dobiaš raddoppia. Il calcio, però, come si diceva in quegli anni, si gioca undici contro undici ma poi vincono i tedeschi. E i tedeschi la riaprono: Müller accorcia, Hölzenbein di testa pareggia. I supplementari non cambiano il destino. Per la prima volta nella storia, un titolo europeo si decide ai calci di rigore.
I rigori – Segnano in successione Masný , Bonhof, Nehoda, Flohe, Ondruš , Bongartz e Jurkemik. Tocca a Uli Hoeness, che colpisce troppo sotto e il pallone si impenna. È il momento di Antonin Panenka. Anche lui, come Hoeness, inizia la rincorsa da molto lontano. E' una scelta pensata, voluta, ponderata. Di fronte c'è Sepp Maier, che da dieci anni non manca una partita, che dal 1972 ha vinto tre Coppe dei Campioni, un Mondiale e un Europeo, che però dopo aver sbattuto contro il futuro, contro l'Ajax di Crujff aveva buttato i guanti in un canale di Amsterdam e pensato perfino di mollare tutto. Ma ha cambiato idea, ed è ancora lì, piantato sulla linea, a cercare di capire cosa stia passando per la testa di quel perito coi baffi che sta per tirare il rigore della vita.
Nascita di uno sberleffo – Parte in svantaggio, però. Perché Panenka quello che ha in mente di fare lo sa bene. Sta per fare quello che Viktor non permetterebbe mai, quello che Viktor non perdonerebbe mai. Lo sa da almeno due anni, da quando ha iniziato a farlo per gioco e per scommessa con l'amico Zdenek Hruška, il portiere del Bohemians. Si sfidano sempre alla fine degli allenamenti, per un po' di soldi, per una birra o una stecca di cioccolato. Hruška è bravo, gliene para tanti, Panenka resta sveglio di notte per trovare una soluzione, per riuscire a mettere in pari il duello. Sa che i portieri si buttano sempre, e allora si possono beffare con un tocco morbido, delicato, centrale. “Volevo dare ai tifosi qualcosa di nuovo da vedere, creare qualcosa di cui avrebbero parlato magari nei pub, qualcosa che nessuno si sarebbe aspettato. Volevo che il calcio fosse molto di più che tirare un pallone” diceva. Una visione del calcio racchiusa in un gesto solo. In un rigore che cambia la storia.
Psicologia – Lo sa bene anche Viktor, quello che Panenka sta per fare. Lo sa perché si è fatto incantare anche lui da un rigore così in campionato. Eppure Viktor non era nella situazione di Maier, Viktor sapeva tutto del rigore "alla Panenka", ma si è buttato lo stesso. E' un gioco psicologico. L'attaccante confida che nessun portiere rimanga fermo al centro della porta, lascia indizi che suggeriscono un tiro angolato, induce il portiere al tuffo. E prende una rincorsa veloce, così il portiere ha ancora meno tempo per capire. “Credo che i rigori abbiano a che fare più con la psicologia che con la tecnica” ha spiegato. “Certo, va anche detto che allora era più facile segnarli, perché i portieri dovevano restare fermi sulla linea di porta senza muoversi mentre adesso possono fare di tutto per innervosire chi tira. E poi, allora, nessuno sapeva che io li tiravo in quel modo, non se l'aspettava nessuno”.
Pezzo d'arte – Quel rigore, ha sottolineato lo scrittore spagnolo Cesar Sanchez Lozano, "è visivamente affascinante: è un'opera d'arte. Ancora di più se aggiungi la pressione, l'ultimo rigore, il fatto che arrivi da una nazione del blocco comunista. Eppure, nonostante tutto questo, ha regalato un gesto così spontaneo: è straordinario". Lozano ne resta così colpito che quando lancia una rivista di calcio che racconta storie non troppo conosciute, personaggi inaspettati, il lato un po' romantico del calcio, la chiama semplicemente come quel perito che ha cambiato la storia: Panenka. "La storia non si scrive solo con le vittorie" ha detto. "A volte, è più importante come si fanno le cose. Nessuno si ricorda degli altri giocatori di quella nazionale. Panenka ha fatto qualcosa di unico, e il suo impatto è andato molto al di là di quel rigore". A un passo dall'impatto, Panenka si ferma. Maier accenna un movimento verso sinistra. E' già perduto. “Sapevo che l'avrei tirato in quel modo ed ero sicuro al 100% che l'avrei segnato” ha detto. Maier si arrende alla scelta sbagliata e alla gravità, mentre quella parabola così dolce e letale lo scavalca. Il trucco è riuscito. Panenka ha sfidato un futuro invadente, l'ha stracciato con la fantasia.