De Rossi: “La lite in panchina? Volevo entrassero Insigne o El Shaarawy”
"Dobbiamo vincere, che cazzo mi scaldo io". L'immagine di Daniele De Rossi è emblematica: l'Italia non riesca e a sfondare il bunker della Svezia e quando al centrocampista della Roma viene chiesto di alzarsi dalla panchina per andare a scaldarsi la reazione è immediata, rabbiosa, stizzita.
Noi abbiamo questa abitudine di fare riscaldamento tre per volta e dicevo solo che dobbiamo fare gol… ‘mandate gli attaccanti a scaldarsi', magari ho fatto il nome di Insigne ed El Shaarawy. Se si è offeso qualcuno chiedo scusa – ha commentato nel dopo gara il calciatore.
Il Faraone entrerà ma non cambierà il corso del match nemmeno nell'assalto finale al fortino scandinavo. Insigne languirà in panchina, tagliato dal commissario tecnico che gli ha preferito prima Gabbiadini e poi Bernardeschi quando tutti si attendevano il suo ingresso nella ripresa per dare maggiore profondità e pericolosità alla manovra d'attacco. Invece, niente… E l'Italia è scivolata fuori dal Mondiale. Un'occasione persa per tutti, l'ultima della carriera per lo stesso De Rossi e una generazione di giocatori che ha in Buffon l'icona.
E' un momento nero per il nostro calcio – ha aggiunto De Rossi ai microfoni della Rai – nerissimo per noi calciatori che abbiamo fatto parte di questo biennio. Ci sarà tempo per analizzare tutto. L'unica cosa molto banale, poco tecnica, che si riparta dallo spirito che i miei compagni hanno messo in campo oggi, la volontà di continuare a vivere questa avventura che mi ha contraddistinto in questi anni di mia permanenza in nazionale. Si ripartirà, anche se questa delusione è molto forte, ma non meritavamo per quello che si è visto in questi 180 minuti. C'è da lavorare, ci sono tanti giocatori giovani che devono spiccare il volo".
Si chiude un'epoca e la fine arriva nella maniera più traumatica: tra le lacrime per una delusione profonda e inattesa. Nessuno avrebbe mai pensato che l'Italia mancasse la qualificazione al Mondiale.
E' stato un momento quasi assurdo da associare al calcio, c'era una atmosfera funebre ma non è morto nessuno, ma ci sono dei percorsi che segnano le nostre vite al di là delle nostre carriere. Io sono 16-17 anni tra Under 2o, Under 21, che vagabondo per Coverciano e in tutto il mondo e pensare che questa è l'ultima volta che mi sono tolta questa maglia è doloroso, come per tutti coloro che smettono. E' una mia parentesi che finisce, ma non potrei essere più orgoglioso dei compagni che ho visto.