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Dal baseball all’ex Pibe de Oro, le passioni sportive di Fidel Castro

Grande amante dello sport, l’ex ‘lider maximo’ seguiva con attenzione tutte le discipline. La leggenda racconta che lui, lanciatore mancino, rifiutò un provino nella Lega americana.
A cura di Michele Mazzeo
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«Ho iniziato a giocare in un cortile, su un campo di cemento, con un pallone molto diverso da quelli moderni. Il calcio mi ha insegnato la capacità di resistenza, mi ha procurato piaceri e soddisfazioni, aiutandomi a trovare lo spirito combattivo». Potrebbe benissimo essere la storia raccontata da un qualsiasi calciatore sudamericano, e invece si tratta di un aneddoto rivelato da Fidel Castro, morto oggi all'età di 90 anni. Il Lider Maximo della Rivoluzione cubana al fianco di Che Guevara e poi presidente di Cuba per 32 anni che, come abbiamo visto, proprio dal calcio (e poi dallo sport in generale) trasse molti insegnamenti per la sua politica e per il suo modello di vita.

Fidel e il ‘Maestro' Maradona

Proprio per questo fu grande amico di diversi sportivi che come lui, nel bene o nel male, hanno segnato un'epoca. Uno su tutti: Diego Armando Maradona. Con il Pibe de Oro, per cui Castro aveva una vera e propria venerazione (lo chiamava “ Maestro”), si instaurò una grande amicizia fatta di lunghi incontri a L'Avana e di una fitta corrispondenza. E fu in una di queste lettere che scrisse a “El Diez” dimostrando apprezzamento anche per un altro n°10 argentino, quello attuale: «Tu hai vinto le sfide più difficili, come atleta e come giovane di origine umile e come te saluto Messi, formidabile atleta che porta gloria al nobile popolo dell'Argentina».

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Il calcio italiano amato a Cuba

Il calcio cubano, dopo un buon periodo negli anni '60, è andato lentamente in declino. È stato soppiantato dal baseball: che grazie ai vicini Stati Uniti offre ai migliori anche sbocchi professionali e vie di fuga. Eppure il pallone viene scalciato in tutti i 169 comuni di Cuba e nelle scuole è addirittura materia d'insegnamento. Ma non riesce a decollare, per mancanza di esperienza e di passione. Ci ha provato Castro cercando di creare delle collaborazioni con quei Paesi dalla grande tradizione calcistica, come l'Italia. Alla fine del secolo scorso infatti tentò di creare una "joint venture" con la Figc, chiedendo Dino Zoff, allora ct della Nazionale, e Pablito Rossi come testimonial per il rilancio del calcio sull'isola. Questo perché il calcio italiano da quelle parti è molto quotato sia per la sua tradizione e sia per il suo modello organizzativo. Ma nonostante tutti gli sforzi del Lider Maximo il baseball rimase sempre lo sport nazionale cubano.

mondiale 1982, zoff coppa del mondo

Il lanciatore mancino che rifiutò gli Usa

Baseball che anche lui amò molto. Disputò storiche partite con “Che” Guevara e Camilo Cienfuegos nello stadio “Latino”. E una leggenda vuole che Fidel fosse un ottimo lanciatore mancino che da giovanissimo rifiutò un provino in una grande squadra della Major League americana, cosa che non fecero poi gli assi cubani di fine millennio, che non riuscirono, con grande dispiacere di Castro, a non cadere nella tentazione dei guadagni milionari del MLB. Seguì il baseball sempre, anche durante la malattia, quando a raccontarglielo era il figlio prediletto Tony, per anni medico della nazionale cubana.

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Nemico del capitalismo ma non dei calciatori

Ovviamente, come abbiamo già detto, uno dei più grandi rammarici del Lider Maximo fu quello di aver visto i migliori giocatori cubani andare negli Stati Uniti dove erano attesi da contratti esorbitanti. Ma, forse per l'amore nei confronti del calcio, forse per l'amicizia con Diego Armando Maradona, non applicò mai lo stesso principio per i calciatori che anzi difese più volte. Ha fatto storia il suo articolo sul ‘Granma Internacional', nel quale si scagliava contro il capitalismo, difendendo pero le stelle del calcio: «Sono loro che hanno mescolato nello stesso sacco gli sceicchi arabi, i dirigente delle grandi multinazionali con i giocatori di calcio, non io. Almeno questi ultimi appassionano milioni di persone e non sono nemici di Cuba». Ci viene da pensare che forse se quel provino fosse stato da calciatore in uno dei top club europei probabilmente la sua amata Cuba non avrebbe mai visto la Rivoluzione e gran parte della storia internazionale degli ultimi 50 anni sarebbe cambiata.

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