Boskov, ‘papà Zeman’ fino a Spalletti: amore e dissapori tra Totti e i suoi allenatori
Gli ultimi attriti con Spalletti, riemersi dalle parole al veleno di Ilary Blasi, riaprono la lunghissima storia quasi trentennale di Francesco Totti e i suoi allenatori. Tanti, che lo hanno accompagnato nel suo cammino giallorosso, con cui ha spesso avuto un rapporto positivo, talvolta paterno. In alcuni casi, qualche screzio e tensione, sempre lenite dalle prestazioni e dall'amore che il Pupone ha messo davanti a tutto e a tutti: quello per la Roma.
Boskov e Mazzone, i padri putativi
Vujadin Boškov, avrà sempre un posto speciale nei ricordi di Totti: fu l'allenatore che lo ha fatto esordire il 28 marzo 1993 durante Brescia-Roma. Il giovane Francesco aveva solamente 16 anni ma fu merito di Boskov se iniziò subito la sua carriera in prima squadra e divenne da quel giorno un punto di riferimento assoluto. Il giorno della scomparsa dell'allenatore serbo Francesco Totti lo ricordò così: "Un grande uomo, competente, vincente e dotato di un umorismo acuto e intelligente. Ricordo ancora il giorno del mio esordio con lui sulla nostra panchina… come potrei dimenticarlo? Grazie mister per avermi dato questa possibilità, unica come sei stato tu".
Da Boskov a Mazzone, il passo fu breve. Il ‘sor' Carletto ebbe da subito un rapporto speciale con Totti. Dal 1993 al 1996 il tecnico romano lo elesse a punto di riferimento per squadra e compagni ricevendo in cambio una dedizione assoluta."Per me Totti è come un figlio" disse una volta Mazzone. "E' stato un secondo padre per me. Ho avuto la fortuna di trovarlo al momento giusto della mia carriera. Mi ha fatto crescere in campo ma soprattutto fuori. Lo ringrazierò per tutta la vita"
Le incomprensioni con Carlos Bianchi
I primi attriti arrivarono nel dopo Mazzone, quando in capitale arrivò Carlòs Bianchi che a Roma durò l'arco di una stagione, 1996-97. Difficile per Francesco che non trovò mai la stima del tecnico. Per Bianchi Totti era un campione, ma lo riteneva ancora troppo giovane per fare il leader. Una scelta che Totti non accettò mai, tanto che con la spinta dell'allenatore perché cambiasse squadra, lo stesso Totti fu ad un passo dal firmare con la Sampdoria, pur di trovare considerazione. Ma Totti rimase, chi partì fu proprio Bianchi per lasciare spazio a Liedholm che subentrò nel 1997. 1997 Nils Liedholm che gli riconsegnò le chiavi dello spogliatoio e di un ambiente che Totti ripagò quasi subito.
Zeman, l'ultimo ‘padre'
Tra il 1997 e il 99 e poi ancora nella stagione 2012-13 Francesco Totti si imbatte nel boemo Zdenek Zeman. L'amore scoppiò a prima vista, Zeman gli permise di giocare come e dove meglio credeva, portandolo ad un gioco maggiormente offensivo, in cui oltre agli assist gli chiedeva di cercare con più cattriveria il gol: "Per diventare un grande doveva segnare più gol. Così lui divenne più individualista ed egoista" disse un giorno il boemo al quale Totti è da sempre legato.
Scudetto e litigi, il rapporto con Capello
Arriva la Roma dello Scudetto, la Roma di Fabio Capello della maturità completa di Francesco Totti. Un idillio che si interrompe e si crepa tra due personalità forti, contrapposte. La squadra si impone, la Capitale torna sul tetto d'Italia e del calcio ma tra Don Fabio e il Pupone, malgrado il reciproco rispetto, manca il mordente e i veleni escono una volta che l'allenatore compirà il grande tradimento andando alla Juventus. "Totti è stato uno dei talenti più forti che abbia mai allenato. Ma si ricordi una cosa: se uno non può essere casto, sia almeno cauto" disse una volta Capello ritornando su un episodio ai tempi della Roma, con la risposta pronta di Totti: "Non polemizzo con chi è più grande di me, ma potrei citare fatti ed episodi in cui mancò di rispetto alla società e all'ambiente".
Dalla stima di Voeller al catenaccio di Ranieri
Dopo Capello, ci fu la parentesi Prandelli. Un rapporto tiepido di reciproca stima ma senza mai la scintilla così come con un grande ex, Rudi Voeller ed Ezio Stella nel tormentato anno giallorosso 2004 che culminò con l'ingaggio di Del Neri che durò solo un anno prima dell'avvento di Bruno Conti con cui, per ovvie similitudini, l'intesa fu perfetta. Come con il primo Spalletti tra il 2005 e il 2009 con il tecnico toscano che diede a Francesco le chiavi della squadra, per un rapporto che fu perfetto prima dell'addio del tecnico per l'avventura allo Zenit.
Con Claudio Ranieri nel biennio successivo ci fu qualche ruggine di troppo. Il tecnico romano propose il suo stile di calcio che non piaceva a Totti che finì diverse volte in panchina. Sotto accusa c'era una scelta di gioco troppo difensivo in cui il ‘Pupone' male si inseriva negli schemi: "Catenaccio ossessivo" si lamentava Totti. "E' un grandissimo, ma è pigro e n on si allena sempre al massimo" le risposte di Ranieri. Che lasciò il passo a Vincenzo Montella con cui Totti ebbe un ottimo rapporto.
Luis Enrique e il ‘paraculo' Rudi Garcia
Nel 2011 arrivò Luis Enrique. All'apparenza i rapporti furono pessimi, da Trigoria fuoriuscivano voci di continue incomprensioni e tensioni tra il tecnico spagnolo e il '10' giallorosso. Che sono stati sempre smentiti soprattutto dall'attuale allenatore del Barcellona che non lasciò la Capitale certamente per problemi col Capitano. Ma il poco tempo a disposizione non fece certamente crescere l'intesa. Nell'ultima parte del 2013, Luis Enrique venne sostituito da Andreazzoli prima dell'arrivo di Rudi Garcia, il tecnico francese con cui Totti ebbe più di una discussione ma che sapeva gestire benissimo lo spogliatoio all'occorrenza.
Rivolgendosi anche al ‘Capitano' che non a caso in una intervista lo definì senza mezzi termini un "furbo paraculo". Un'intesa professionale di mutuo soccorso con un Totti che iniziava a sentir parlare di ritiro e rinnovi annuali.