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Coppa Italia? No, coppa del nonno. Perché va cambiata

La trasferta del Pordenone a San Siro contro l’Inter delle riserve è un segnale chiaro. La Coppa Italia va cambiata. Le big sono fin troppo tutelate ma snobbano l’evento. Il pubblico televisivo tiene, ma sarebbe meglio giocare queste sfide in casa della squadra più debole.
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L'Inter in campo con le riserve, i 4 mila tifosi del Pordenone, tre volte più della media stagionale, un sogno e una promessa di “pellegrinaggio”, il ritorno a piedi fino in Friuli, svanito sul rigore di Nagatomo. Lo scenario di San Siro, destinato a ripetersi nell'ottavo fra Milan e Verona, che non raggiunge i quarti dal 1989, non aiuta certo a rafforzare il valore tecnico e sportivo della Coppa Italia.

Perché in casa dell'Inter?

Il format attuale della Coppa Italia è pensato per tutelare la presenza dei top club negli ultimi turni. Le big entrano in gioco dagli ottavi con il vantaggio di giocare in casa sia il match d'esordio, sia il quarto di finale successivo. La regola prevede che si giochi in casa della squadra con la posizione più alta in tabellone, che viene sorteggiato per ciascuna fascia di ranking, eccezion fatta per le squadre che entrano in gioco al terzo turno, il cui numero dipende dalla posizione in classifica nell'anno precedente Una formula che, comunque, privilegia le formazioni di categoria superiore e quelle meglio classificate in Serie A. Le semifinali si giocano in doppia gara, andata e ritorno. Ma ha senso giocare Inter-Pordenone a Milano o, come successo in passato, Roma-Alessandria all'Olimpico? L'evento avrebbe solo da guadagnare se queste partite si giocassero in casa della squadra più debole, che riempirebbe lo stadio, con benefici evidenti sul bilancio stagionale, ma finirebbe per creare anche un'atmosfera più calda e coinvolgente. E giocare davanti a uno stadio pieno è un vantaggio anche per le televisioni.

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Serve più appeal, anche in finale

L'atteggiamento dell'Inter contro i friulani, comune peraltro a molte grandi in questa fase della manifestazione, certo non aiuta. Nemmeno calendarizzare gli ottavi e i quarti fra dicembre e gennaio, ancor di più quest'anno che il campionato si gioca anche prima di Natale e prima di Capodanno, considerato che in Italia la coppa nazionale comunque da anni sembra aver perso agli occhi delle squadre l'importanza che questo tipo di competizioni riveste in Inghilterra o in Germania.

Anche in finale, da quando nel 2008 si gioca all'Olimpico in gara unica, l'affluenza è rimasta nel range fra i 51.505 spettatori di Inter-Roma 2008 ai 68.819 di Lazio-Sampdoria 2009 con una media di 62.400 spettatori sui 72.698 posti disponibili. Un dato positivo che però sfigura rispetto agli 89.472 spettatori sui 90.000 posti a Wembley per l'ultima finale di FA Cup fra Chelsea e Arsenal, i 74.322 della finale di Coppa di Germania (tutto esaurito) o i 78 mila (sugli 81 mila posti a Saint-Denis) per l'atto conclusivo della coppa di Francia.

Un evento televisivo

Periodicamente, soprattutto dopo sfide come quella di San Siro, tornano i confronti, i paragoni con la FA Cup per il sorteggio integrale, per le big impegnate da subito e in trasferta anche sui campi di semi-dilettanti. Quello inglese è sicuramente un modello a cui tendere per aumentare i valori tecnici e l'importanza percepita della manifestazione. Ma il tifo in Italia, anche quello “da poltrona”, è diverso da quello che si può trovare all'estero. Gli appassionati tendono ad essere maggiormente volubili geograficamente radicati. Se poi sostengono squadre medio-piccole, tendono a mostrare più attaccamento quando la propria squadra gioca in casa contro una big: spesso in Serie A le formazioni nella parte destra della classifica fanno registrare il record stagionale di presenze allo stadio in occasione della sfida contro la Juventus.

Se gli stadi rimangono semi-vuoti, però, dal punto di vista televisivo la Coppa Italia funziona. Inter-Pordenone su Rai1 hanno fatto registrare un'audience di 3.328.000 telespettatori, con il 13,9% di share, solo lo 0,8% meno di Roma-Qarabag che ha sancito il passaggio agli ottavi di Champions League dei giallorossi.

L'anno scorso le 16 prime serate sulle reti Rai per la Coppa Italia hanno ottenuto un'audience variabile fra i 2,2 milioni ai 10,26 milioni (32,1% di share) per la finale tra Juventus e Lazio. I telespettatori per le finali uniche, dal 2008, sono andati dai 7,1 milioni del 2009 agli 11,6 milioni del 2012. Un dato comparabile con l'ascolto in Gran Bretagna della finale di FA Cup, nello stesso periodo, che ha oscillato fra un minimo di 5,3 spettatori su ITF nel 2009 ai 10 milioni sintonizzati sulla Bbc l'anno scorso.

L'ascolto tv delle finali di Coppa Italia e FA Cup dal 2007-08 al 2016-17
L'ascolto tv delle finali di Coppa Italia e FA Cup dal 2007-08 al 2016-17

Come creare entusiasmo

L'interesse intorno alla trasferta del Pordenone a San Siro, alimentata anche da una geniale campagna sui social dei friulani, dimostra che c'è ancora desiderio di un certo tipo di vicende e storie sportive. Quelle storie, come lo scudetto del Leicester di Ranieri, o come in passato il percorso del Calais fino alla finale di Coppa di Francia, piacciono ai tifosi italiani. Ma la nuova formula voluta dall’allora presidente di Lega Antonio Matarrese, che prevede la partecipazione di 78 squadre (tutte quelle di A e B, 27 27 club di Lega Pro e 9 dei Dilettanti) si piega sulle esigenze, sugli interessi delle big. Mentre in FA Cup partono 368 squadre, in Francia addirittura più di 4 mila, con accoppiamenti casuali.

L'entusiasmo che si è creato in questi giorni non dovrebbe andare sprecato. Può fornire le indicazioni dei gusti, delle preferenze, delle tendenze del pubblico. Cominciare dall'inversione dei campi, dal giocare in casa delle più deboli, sarebbe già un passo avanti. Se il prodotto aumenta così di valore, anche le big che partecipano sarebbero più invogliate a far giocare i big.

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