Com’è morto Astori, le cause e una carriera stroncata a 31 anni
Il mondo del calcio è sconvolto dalla notizia dell'improvvisa morte del capitano della Fiorentina Davide Astori. Colonna del Cagliari prima e della Viola poi che ha lasciato la compagna, Francesca Fioretti, e la figlia, Vittoria di 2 anni, per un arresto cardiaco nel ritiro di Udine. Ma ecco, al di là dell'incalcolabile lutto generato dalla sua scomparsa, chi era in campo e quali sono state le tappe fondamentali della parabola individuale del difensore centrale bergamasco.
La carriera di Astori
Astori comincia la sua carriera nel mondo del pallone fin da piccolo nella compagine bergamasca del Ponte San Pietro, società sportiva nell'orbita del pianeta rossonero del Milan. Qui, inizia la sua inarrestabile ascesa che lo condurrà in Serie A e, poi, anche in Nazionale. E proprio da qui, da questo piccolo sodalizio lombardo, il ragazzo si fa apprezzare dagli osservatori del ‘Diavolo' che decidono, a partire dalla stagione 2005/06, di integrarlo nella loro formazione Primavera.
Dopo appena un anno nella ‘cantera’ milanista, poi, la dirigenza meneghina lo invia in prestito al Pizzighettone in Serie C1 nel quale gioca 27 gare con 1 gol a referto per poi tornare, con un anno in più sulle spalle, alla base. Ma il suo peregrinare prima di trovare la giusta collocazione non finisce qui e, dopo l'avventura in Lombardia, Astori viene nuovamente ceduto a titolo temporaneo, stavolta alla Cremonese.
La svolta e la Serie A
Dopo l'annata grigiorossa nella quale il bergamasco conosce l'ebbrezza dei Playoff e gli alti livelli di competizione nella terza serie nostrana, Astori viene acquistato in comproprietà dal Cagliari di cui diverrà una autentica bandiera. In Sardegna, infatti, il centrale si fa le ossa, debutta nel massimo campionato e, sotto la direzione di nove allenatori che si avvicendando sulla panchina rossoblù, da Melis a Allegri, da Pulga a Ballardini, il nativo di San Giovanni Bianco mette insieme, con la gloriosa casacca che fu di Gigi Riva, 3 reti, 4 assist, 37 cartellini gialli e 2 rossi in 179 gare totali.
Roma poi Firenze e la Nazionale
Nel 2014 però, è il momento, dopo 6 anni, di dirsi addio e così arriva la Roma che, in prestito per 2 milioni di euro, lo preleva proprio dai sardi. Eppure, la stagione in giallorosso non sarà scintillante con un rendimento medio non proprio al top, 1 gol in 30 presenze, ed un feeling tecnico con Garcia mai scoccato. L'anno successivo arriva per lui la svolta, la sua, purtroppo ultima, tappa: quella di Firenze.
Nell’ambito di una campagna acquisti roboante, infatti, i viola prendono il centrale mancino in prestito per 1 milione di euro con obbligo di riscatto (fissato a 4 mln) per regalare a Montella uno ‘stopper' sicuro e affidabile. E qui, al contrario di quanto accaduto nella capitale, il ragazzo si ambienta al meglio, si esalta, guadagna pure la Nazionale (1 rete in 14 presenze) e i gradi di capitano della Fiorentina mettendo a referto, prima della tragica morte di questa mattina, 109 partite nobilitate da 3 reti, 3 assist ed una voglia mai tradita di onorare la maglia, il calcio e l’enorme passione per questo sport.
Caratteristiche tecniche
Il bergamasco è sempre stato un centrale fisico, duro, arcigno non privo però di un buon mancino che gli ha permesso di essere sempre presente sotto allenatori molto esigenti da questo punto di vista. Alla sua forza fisica, infatti, l’ex Cagliari ha sempre abbinato un piede discretamente educato col quale provvedeva a far partire, fin dalla retroguardia, l’azione dei suoi. Un elemento col vizio del gol, 9 in carriera, di assoluto valore, un capitano, un esempio, un autentico lottatore in campo: un calciatore che mancherà a tutti e non solo per le sue doti su di un rettangolo verde.