Cinque motivi per i quali l’Inter di Spalletti può lottare per lo scudetto
La vittoria contro il Crotone, brutta, sporca e cattiva dopo i successi nell’ordine contro Fiorentina, Roma e Spal potrebbe assumere un valore di esiziale importanza. E sì perché i nerazzurri hanno mostrato una solidità difensiva ma anche una voglia di vincere, al netto di una prestazione negativa con Handanovic chiamato più di qualche occasione in causa, che potrebbe far maturare nei calciatori la consapevolezza di aver realizzato quell’ultimo fondamentale step per passare il guado e diventare una autentica contender.
Le reti di Skriniar prima e di Perisic poi, infatti, potrebbero figurare come lo spartiacque decisivo della stagione ma anche della storia recente nerazzurra aprendo una lotta a distanza con Juve e Napoli davvero interessante. Dalla forza della rosa all’apporto realizzativo di Icardi fino al ritrovato entusiasmo dei supporters, vediamo più nel dettaglio i cinque motivi per i quali questa Inter può legittimamente ambire a giocarsi il titolo fino all’ultima giornata.
Qualità della rosa, Inter seconda a nessuno
Anche se in valore assoluto la rosa dell’Inter è la quinta della Serie A per valore di mercato dietro a Roma, Milan, Napoli e Juventus, il roster a disposizione di Spalletti è di assoluto livello con picchi di qualità elevati sparsi per ciascun reparto ed un fenomeno in attacco di nome Mauro Icardi (valore di mercato di 50 milioni di euro).
Una formazione straordinaria con giocatori del calibro di Handanovic (10 mln), Perisic (30 ln), Candreva (20 mln), Borja Valero (9 mln), Miranda (9 mln), giovani interessanti come Joao Mario (30 mln), Gagliardini (15 mln), Cancelo (20 mln), Vecino (13 mln), Skriniar (7 mln), Dalbert (5 mln) o Karmaoh (3 mln) e mestieranti del pallone, gregari di lusso come Eder (10 mln), Brozovic (20 mln), Nagatomo (3.5 mln) e Padelli (1 mln). Un mix di classe, esperienza, qualità, freschezza, forza fisica e tecnica in grado di accorciare il divario, il gap con le grandi del campionato, affrontarle a viso aperto e regalare, magari chissà, immense soddisfazioni ad un popolo in paziente attesa di riabbracciare un titolo nazionale dall’anno domini(o) 2010, quello, per intenderci, dello storico triplete.
Assenza di impegni europei, una manna dal cielo
Il terzo peggior piazzamento degli ultimi 10 anni interisti, ovvero il settimo posto della scorsa stagione ha provocato la terza assenza della compagine meneghina, dal 2007 ad oggi, da competizioni europee. Un’assenza dolorosa dal sapore del fallimento ma che, allo stesso tempo, come spesso accade in situazioni simili, cela una grande opportunità.
E sì perché con la mancanza in calendario di impegni fitti, trasferte lontane e gare competitive che privano la squadra di forze ed energie mentali, i nerazzurri possono allenarsi in tutta serenità, valutare al meglio le componenti tattiche da adottare e studiare attentamente ogni singolo dettaglio delle avversarie di turno. Il tutto, potendosi affidare ad un numero ristretto di calciatori, di titolarissimi chiamati ad affrontare le partite che contano senza adoperare, il comunque rischioso, strumento del turnover. Insomma, non tutti i mali vengono per nuocere.
Icardi, l’uomo in più. Col bomber tutto sembra possibile
La scena a livello nazionale, al momento, gli è stata sottratta dal suo connazionale Dybala che, a suon di gol e di triplette, si sta guadagnando il proscenio nazionale. Eppure, Icardi, ora a quota 5 reti in 4 partite, è il vero asse su cui ruotano le future ambizioni dell’Inter. Il capitano nerazzurro, infatti, grazie alla sua forza, alla sua precisione sotto porta e ad una tecnica individuale da attaccante moderno è l’arma, tutt’altro che segreta, in più dell’Inter con un bottino finora all’ombra della Madonnina di 83 realizzazioni in 150 partite, ovvero: 0.55 reti per match.
Un fatturato eccezionale totalizzato in appena 4 stagioni e che, a 24 anni, sono un ottimo viatico da cui partire per segnare altre importanti e più pesanti marcature. Un bomber come ce ne sono pochi in giro e che, con la cura spallettiana ed il suo 4-2-3-1 che assiste al massimo la punta centrale, potrebbe deflagrare toccando cifre, per la gioia dei tifosi, dalle altezze siderali.
Voglia di riscatto, entusiasmo dell’ambiente
Se si eccettuano arrivi e partenze che hanno abbastanza cambiato il volto dell’Inter, il gruppo presente in questa stagione è, in buona sostanza, lo stesso di quello dello scorso anno. Basti pensare che, nell’undici titolare, ben 7 calciatori indossavano la stessa casacca anche 365 giorni fa. Ebbene, questa base non è stata assolutamente bocciata dal settimo posto dell’annata 2016/17 bensì stimolata a far meglio per riscattare una stagione fallimentare con 4 allenatori (Mancini, De Boer, Pioli e Vecchi) cambiati e tante, tantissime polemiche piovute al loro indirizzo. Critiche feroci che sono diventate carburante, linfa vitale per questa nuova sfida con i calciatori più bersagliati vogliosi di riabilitare la propria immagine e portare più avanti possibile l’Inter. Questa motivazione, questa sorta di vendetta, sportiva s’intende, sta motivando l’intero gruppo che sembra, il condizionale è d’obbligo con una compagine particolare come questa, unito, compatto, solido e pronto a fare di tutto per vincere più partite possibili. Un atteggiamento letto e compreso dalla tifoseria che, unica in Serie A, sta affollando le tribune del Meazza con oltre 50mila spettatori nelle due gare interne contro Fiorentina e Spal. Insomma, il vento sembra decisamente cambiato e l’ambiente lo sa, lo percepisce e, nel frattempo, sogna.
La cura Spalletti e la nuova mission: tornare in alto
Il top player tanto atteso da tutti in estate e che pure sembra non essere arrivato, si trova invece alla Pinetina e corrisponde al nome di Luciano Spalletti. Il tecnico di Certaldo, infatti, si sta rivelando la scelta giusta per rilanciare il “brand” Inter con già 4 vittorie su 4 ed un en plein che, nella storia, ha sempre portato i nerazzurri almeno fra le prime quattro del campionato.
Un autentico affare per molti ma non certo per l'allenatore ex Roma convinto di poter rivitalizzare i flop dello scorso anno, Joao Mario e non solo, esaltare le potenzialità di alcuni e regalare la giusta mentalità ad una squadra ancora troppo fragile e altalenante da questo punto di vista. Un fattore, quello psicologico che Spalletti gestisce al meglio con la probante esperienza della fornace di pressioni romane, della gestione del “caso Totti” ma anche dei formativi anni in Russia con lo Zenit di San Pietroburgo.
Luciano è cresciuto e così anche il suo pragmatismo, la sua ambizione e la sua voglia di vincere uno scudetto tricolore, che ancora manca nella sua bacheca personale, trasferendo ai suoi ragazzi i principi di gioco, sempre affascinanti e propositivi, ma anche quel cinismo che, per i top club, non deve mai mancare. Insomma, Spalletti sembra essere il classico leader carismatico al posto giusto al momento giusto che potrebbe, per merito della sua esperienza e dei suoi "gradi", dirigere una compagine perfetta in grado di lottare, e perché no, vincere questa edizione, la 116esima, della Serie A.