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Che succede in LegaPro? Club in crisi, chiede più soldi alla A ma conta di più

L’istanza di fallimento dell’Arezzo testimonia le difficoltà della Lega Pro. Il presidente Gabriele Gravina sottolinea l’importanza della sostenibilità e chiede una percentuale maggiore per la mutualità dai diritti tv della Serie A. Propone di passare al semi-professionismo. Ma allora perché la Lega Pro, in consiglio federale, pesa più di A e B insieme?
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“C'è una parola chiave per tutto il sistema: sostenibilità. Non possiamo pensare a riforme, alle soluzioni, senza che ci sia una sostenibilità reale. Senza il supporto delle società, dei dirigenti, non credo ci sia futuro”. Il presidente della Lega Pro, Gravina, racconta a Fanpage.it racconta la volontà di incontrarsi con le componenti tecniche e con il nuovo commissario della Federcalcio per identificare soluzioni per il sistema calcio nel suo complesso, non solo per la Lega Pro. Tre le direzioni principali: maggiori risorse, più controllo sulle disponibilità finanziarie dei club, ritorno al semi-professionismo.

Semi-professionismo: il progresso è un ritorno indietro?

Uno degli aspetti chiave, sottolinea Gravina, è il ritorno al semi-professionismo, finito per la Lega Pro nel 1986. Nel suo programma per la candidatura, poi non andata a buon fine, alla presidenza della federcalcio aveva previsto “l'obbligo di reinvestire i crediti d’imposta al 50% nei settori giovanili, mentre l’altro 50% nelle infrastrutture. Vogliamo che le società investano in cose reali”. Le società, sottolinea, sono patrimonio del territorio che deve contribuire a generare valore.

Nel calcio che vorrebbe, rimane una Lega Pro da 60 squadre, con una nuova definizione normativa per regolare i rapporti con la Lega Dilettanti, e l'allargamento di alcune disposizioni, soprattutto in materia fiscale e tributaria, già previste per l'associazionismo e per le onlus.

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Sarebbe un ritorno indietro. La Lega Pro nasce come semiprofessionistica nel 1959, e non sembra un caso che a una storia iniziata dopo la mancata qualificazione a un Mondiale si voglia tornare dopo un analogo fallimento sportivo. Con la riforma, ai giocatori di Serie C per statuto erano dovuti solo rimborsi spese e premi vittoria. Tornare indietro non dovrebbe comunque mettere in discussione benefici di categoria superiore come la previdenza sociale. “Ci confronteremo con tutti” ci spiega Gravina, “le soluzioni sono nell'interesse dei calciatori, non solo della Lega Pro”.

Con questa soluzione si potrebbe evitare quello che succede adesso con troppa frequenza, vale a dire club che non riescono a pagare gli stipendi e non si iscrivono più al campionato. Ma così quei rischi di “penetrazione dei fenomeni degenerativi nella proprietà dei Club e nella manipolazione del risultato sportivo” che Gravina identificava come una delle principali criticità della Lega Pro potrebbero anche aumentare.

"Le squadre B possono essere un'opportunità"

Il passaggio al semi-professionismo potrebbe anche favorire l'introduzione in Italia delle squadre B, che sono semi-professionistiche ad esempio in Germania (dove però non possono superare la terza divisione e non fanno classifica).

“L’ipotesi collegata alle cosiddette seconde squadre” scriveva nel documento per la candidatura alla FIGC, “comporta la previsione di una fase di ampio confronto ai fini dell’individuazione dello status di queste squadre, delle modalità attuative del loro inserimento ma anche e soprattutto delle condizioni da imporre per la salvaguardia dell’equilibrio competitivo”.

Il sistema funziona in Spagna, come in Olanda o in Portogallo. In Inghilterra, dove esiste un campionato per le sole squadre riserve, Guardiola ha molto criticato il sistema perché troppo poco competitivo e allenante. “In caso di mancanze organizzative, in caso di mancate iscrizioni, le squadre B possono essere un'opportunità” ci spiega. Una squadra B come un piano B.

I dati economici della Lega Pro (dati Report Calcio)
I dati economici della Lega Pro (dati Report Calcio)

Diritti tv: "Passiamo al 15-20% dalla legge Melandri"

“Dobbiamo rivedere la modalità di distribuzione dei diritti televisivi, che è una legge dello Stato, non c'entra con la federazione. Anche solo portare la percentuale di contributi dal 10 al 15-20 per cento garantirebbe un aumento del gettito e la possibilità di fare un discorso diverso. Dobbiamo uscire dal paradigma della ricchezza, per cui pochi soggetti accentrano risorse, prendono tutto”.

Questa categoria di ricavi indiretti, si legge nel documento della Lega Pro per l'audizione alla Commissione Istruzione e Sport del Senato dell'8 settembre 2016, ”ha consentito al nostro mondo – parimenti alle altre leghe – di poter supportare, sia pur in maniera parziale, i costi di gestione. In questo ambito, una quota ancora (troppo) rilevante del fabbisogno dei nostri club deriva dai finanziamenti apportati dai soci, in una dinamica che è certamente distorsiva e che non consente di dare una prospettiva sostenibile alla componente economico-patrimoniale”.

I dati della Lega Pro (dati Report Calcio)
I dati della Lega Pro (dati Report Calcio)

Una possibile direzione di sviluppo economico sta anche nella redistribuzione alle squadre di una parte dei proventi delle scommesse legali, che nel 2016 (dati report calcio) ha garantito un gettito erariale di 132 milioni di euro e una raccolta, per il solo calcio, al netto del betting exchange, di 5,5 miliardi di euro (il dato record nei precedenti nove anni), 168 milioni dei quali raccolti per le partite di Lega Pro. Il calcio italiano, scriveva nel documento presentato per la sua candidatura alla presidenza della FIGC, dovrà “rivendicare, sul piano dell’immagine ma anche e soprattutto sul piano economico, un riscontro adeguato agli investimenti sostenuti, i cui beneficiari oggi sono in grande parte fuori dal perimetro del nostro mondo”.

Oltre 50 fallimenti dal 2011

La troppa dipendenza dai diritti tv è un tratto caratteristico di tutto il calcio italiano. In Lega Pro la mancata diversificazione si fa sentire eccome. L‘istanza di fallimento di queste ore dell'Arezzo è solo l'ultimo capitolo di una storia recente che ha visto 53 squadre fallire o non iscriversi al campionato dal 2011. Nel corso di queste stagioni sono stati ben 280 i punti di penalizzazione assegnati a 90 club. “Stiamo lavorando sulla possibilità di fondi paracadute per chi retrocede” ci spiega Gravina, “ma la questione è più ampia: lo dicono i fatti, i risultati, i fallimenti”, i calciatori che non prendono lo stipendio.

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"Riconoscere l'apprendistato giovanile"

Determinante, ci spiega Gravina, “è il riconoscimento dell'apprendistato dei giovani. I presidenti mettono risorse per ottenere risultati e allo stesso tempo per garantire attività anche giovanili dentro strutture che sono di proprietà comunale. Se smettessero che succederebbe? Quanti tesserati ci sarebbero?”. Già un anno e mezzo fa, Gravina chiedeva di intervenire per via parlamentare per introdurre e tutelare l'apprendistato sportivo.

Servirebbe sfruttare di più e meglio il contributo di € 10.329.138 previsto dalla legge 388/2000 "per agevolare e promuovere l'addestramento e la preparazione di giovani calciatori di età compresa tra i 14 ed i 19 anni”, intervenire sugli sgravi fiscali (516,46 euro per ogni contratto) e il credito di imposta riconosciuto alle società di Lega Pro che decidano di ingaggiare giovani con queste finalità.

Perché il 17% in consiglio federale?

Quel che emerge è il quadro futuro di una lega più attenta all'attività di base e al legame col territorio, che rivendica un ruolo educativo e formativo all'interno del sistema calcio, e una quota maggiore dei contributi previsti da una legge che disciplina il principale vettore di business, i diritti tv della serie A. è indiscutibile che il calcio sia un sistema integrato, e che il vertice della piramide rimane lì finché esiste anche la base, altrimenti sparisce anche la piramide. Il principio per cui sarebbe opportuno redistribuire le risorse che derivano dalle scommesse, perché vadano a premiare chi rende possibile l'evento e lo spettacolo, andrebbe esteso anche al consiglio federale. Oggi la Lega Pro pesa quando la Lega e B messe insieme. Se la mutualità dipende dalla Serie A, questo meccanismo di rappresentanza, ancor di più in caso di passaggio al semi-professionismo, si potrebbe e forse si dovrebbe rivedere.

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