Champions League: i conti in tasca alle quattro stelle d’Europa
Ha una rosa che vale quasi 320 milioni, la metà dei rivali. Ma la Juventus non è certo un’invitata fuori luogo al tavolo delle semifinali di Champions League con Real Madrid (rosa da 710 milioni), Barcellona (590) e Bayern Monaco (550, dati Transfermarkt).
Juventus – I bianconeri, tornati in semifinale di Champions per la sesta volta, la prima in 12 anni, hanno chiuso l’ultimo bilancio con 315 milioni di fatturato (280 senza le plusvalenze). La prima semestrale di quest’anno evidenzia un rosso di 6,7 milioni, ma aver eliminato il Monaco può fruttarne, tra diritti tv, premi e market pool, quasi 70: 24 per i risultati sul campo (12,1 per la fase a gironi, 3,5 per il passaggio agli ottavi, 3,9 per la qualificazione ai quarti, 4,9 per l’arrivo in semifinale), il resto dal market pool, che l’anno scorso ha portato nelle casse juventine 37 milioni, ma il miglioramento dei risultati e l’assenza della terza squadra italiana in Champions farà notevolmente salire la cifra di quest’anno. Nella semestrale 2015, aumentano leggermente i ricavi (da 155,2 a 156,2 milioni), ma salgono anche i costi, da 114,1 a 119,4 milioni, 81,2 solo per i tesserati (4 milioni in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso). I ricavi da botteghino rimangono attestati sui 19,4 milioni, come nel primo semestre della scorsa stagione, grazie a un tasso di utilizzazione dell’87%. Nel 2013-14, la società ha beneficiato dell’aumento dei ricavi commerciali, cresciuti del 24% rispetto al 2013: Fiat Group ha esteso l’accordo con il club, che prevede il marchio Jeep sulle maglie, per sei anni a 17 milioni a stagione, Goodyear è rimasta nella lista dei partner commerciali, cui si sono aggiunti Samsung e Bosch, in attesa dell’entrata in vigore del nuovo contratto da 139,5 milioni per sei anni con Adidas come fornitore tecnico, che partirà dalla prossima stagione. Tuttavia, sono sempre i diritti televisivi a rappresentare la fonte principale di introiti per il club: 153,4 milioni l’anno scorso, il 55% del totale.
Bayern Monaco – Una differenza sostanziale rispetto al Bayern Monaco, che ha visto crescere di 56,3 milioni i ricavi commerciali (291,8 milioni) che rappresentano il 60% delle entrate complessive. Non è un caso. La società bavarese, infatti, prevede anche un “Consiglio di Sorveglianza”, un organismo interno nel quale vengono coinvolti amministratori o dirigenti dei massimi sponsor: da Herbert Hainer, presidente dell'Adidas a Martin Winterkorn, presidente della Volkswagen, passando per l'amministratore delegato di Telekom, dal presidente dell'Audi, fino al primo ministro della regione Bavaria. In questo modo, restano bassi i prezzi dei biglietti, che fruttano “solo” 88 milioni di euro, nonostante otto anni consecutivi, dallo 0-0 contro il Bochum del maggio 2007, senza nemmeno un biglietto invenduto. L’effetto Allianz Arena ha reso il Bayern la terza potenza europea alle spalle di Real Madrid e Manchester United, come certifica la Football Money League, con un fatturato da 528,7 milioni. E a febbraio il rapporto con la prima compagnia assicurativa d’Europa, iniziato nel 2000, si è fatto più stretto. Allianz, infatti, ha acquistato per 110 milioni una quota dell’8,33% del club, che viene dunque valutato 1,32 miliardi di euro, nel quadro di un aumento di capitale. Contemporaneamente, anche per l’aumento dei proventi, il Bayern ha optato per estinguere con 16 anni di anticipo il mutuo stipulato con il gruppo assicurativo per la costruzione dello stadio nel 2005, sborsando tutti gli ultimi 100 milioni in soluzione unica. “Abbiamo finanziato la costruzione dello stadio privatamente, senza un euro dal governo, dal Land o dalla città di Monaco. Abbiamo preso 346 milioni di euro con un piano che si protraeva fino al 2030, dunque per 25 anni. Adesso abbiamo completato il pagamento dell’impianto dopo nove anni e mezzo” spiegava Rummenigge, che ha offerto il rinnovo a Guardiola, per commentare questa sorta di partita di giro in cui Allianz ha ottenuto anche il prolungamento fino al 2041 dei diritti di intitolazione dello stadio, che sarà ingrandito fino a 75 mila posti per partite nazionali e a 70 per i match internazionali. Anche dal punto di vista del fair play finanziario, il Bayern è un esempio, un modello da seguire: patrimonio netto positivo, indebitamento azzerato, rapporto tra costo del personale e ricavi largamente sotto il 70%, e dieci bilanci consecutivi chiusi con un risultato positivo al netto delle imposte. Permettersi grandi campioni e ingaggi elevati diventa, così, elementare.
Barcellona – La Champions League si conferma sempre più un regno spagnolo. Il Barcellona del trio Suarez-Messi-Neymar ha stabilito il nuovo record di 11 semifinali dal 1992 (sei consecutive dal 2008 al 2013), una in più del Real Madrid. Delle 88 semifinaliste nella storia della Champions League, 26 arrivano dalla Spagna, che per il quinto anno di fila porta più di una squadra tra le migliori quattro d’Europa. Il Barcellona, che grazie a una deroga alla “Ley del deporte” del 15 ottobre 1990, ha potuto mantenere la forma giuridica senza diventare “Sociedad Anónima Deportiva”, ma deve garantire il 15% delle spese del club in base al bilancio preventivo, ha chiuso il bilancio 2014 con un utile netto di 41,1 milioni, in positivo per il terzo anno di fila. I mezzi propri del club finanziano solo il 10,8% del totale delle attività e il 30,3% del valore della rosa, comunque senza violare il fair play finanziario. Anche l’indebitamento finanziario netto, sceso a 23,783 milioni, a fronte dei 484,6 milioni di fatturato rimane abbondantemente nei limiti del regolamento Uefa. Nell’ultimo esercizio, il Camp Nou ha fruttato 42,8 milioni dalla vendita dei biglietti, 32,1 dagli abbonamenti e 39,4 dalle visite allo stadio. Al lieve calo dei ricavi dai diritti tv, 160,9 milioni al netto dei 9,6 di “mutualità” per le squadre retrocesse in Seconda Divisione, corrisponde un aumento di 6,4 milioni di ricavi commerciali, spinti dai 30 milioni di minimo garantito a stagione da Nike fino al 30 giugno 2018 e dai 30,4 arrivati dallo sponsor ufficiale, il Qatar Sports Investments (QSI). La gestione, dunque, si pone in continuità con la storica decisione del 2013, quando il Barcellona ha modificato lo statuto del club per introdurre l’obbligo del pareggio di bilancio (con due anni di tempo per recuperare eventuali passivi) e la garanzia di un “principio di equilibrio patrimoniale”, anche per tutelare gli oltre 160 mila soci blaugrana: previsto, per esempio, un tetto massimo di indebitamento che non potrà superare il doppio dell’Edibta, l’acronimo finanziario che indica le entrate al netto di interessi, tasse, deprezzamenti e ammortizzazioni.
Real Madrid – Il duello con il Real Madrid resta tra i più affascinanti, e più ricchi, d’Europa. L’anno scorso i blancos hanno celebrato la decima Champions League e il decimo anno in testa alla Football Money League con 603,9 milioni di ricavi lordi nell’ultimo bilancio e un fatturato netto vicino ai 550 milioni, il più alto per qualunque società sportiva nel mondo. Il Real ha chiuso l’ultimo esercizio con un patrimonio netto di 370,5 milioni, 58,5 più dell’anno scorso, anche per effetto della rivalutazione dei bilanci prevista dalla “Ley 16/2012”, che ha generato introiti per 20 milioni. Con questo dato positivo e in crescita il Real Madrid, che finanzia con mezzi propri il 38% delle attività, è pienamente conforme al regolamento del Fair Play finanziario. L’anno scorso, il Real ha battuto un altro primato: per la prima volta, una squadra ha superato i 200 milioni di ricavi da diritti televisivi in una singola stagione. Ma sono i ricavi commerciali, anche per effetto della sponsorizzazione con Emirates e delle lucrative amichevoli internazionali, la fonte principale di entrate per il club (42%) che vanta 450 milioni di tifosi nel mondo. E per il 2015, gli amministratori hanno previsto ricavi operativi per oltre 530 milioni. Anche senza costi e ricavi delle altre divisioni della polisportiva, si spiega perché il Real possa permettersi di mantenere una rosa Galactica. Oggi, infatti, gli ingaggi del personale pesano per 263 milioni. Eppure i contratti di CR7 (che da solo incassa 17 milioni netti a stagione), Bale, James Rodriguez e delle stelle merengues incidono ancora meno del 50% rispetto ai ricavi senza plusvalenze.