Caro Ibra, questa volta il biscotto è tutto per te
Zlatan Ibrahomivic e l’Italia sono indissolubilmente legati. Ibra ha giocato nelle tre principali squadre italiane, scatenando ad intermittenza l’amore e l’odio dei tifosi di Juventus, Inter e Milan, ha un procuratore italiano, Mino Raiola, sa parlare bene la nostra lingua e per il suo futuro una piccola percentuale che possa tornare da noi c’è. Venerdì 15 a Tolosa però, Ibrahimovic sarà il nostro spauracchio numero uno per cui è bene andare a vedere come si è comportato Ibra le altre due volte che è stato avversario di una squadra italiana.
18 giugno 2004, “Estadio do Dragao” di Oporto, l’Italia affronta la Svezia per la seconda partita degli Europei portoghesi. Nella prima partita c’era stata molta noia e lo sputo di Totti a Poulsen che lo ha eliminato dai giochi. Ci affidiamo al duo Cassano-Vieri in attacco e speriamo che la nostra consistenza internazionale batta una Svezia di cui conosciamo soltanto Ljunberg e Larsson. In porta c’è l’ex terzo portiere della Juventus, Andreas Isaksson, e in attacco un perticone di 195 centimetri che non dimostra goffaggine, anzi si muove come nessuno mai con quella stazza. È la seconda punta dell’Ajax campione d’Olanda, bravo nel giocare alle spalle di Sonck e di svariare su tutto il fronte d’attacco. Un giocatore di quel tipo, visto poche volte, arriva agli occhi di Moggi che lo tratta e sta per chiudere prima di quel 18 giugno.
La partita è dominata dagli Azzurri che dimostrano però un’ansia da prestazione come spesso è successo negli anni 2000. Siamo più forti in tutti i reparti e dimostriamo una superiorità schiacciante ma ogni volta che sbagliamo un gol o prendiamo un tiro in porta sembriamo condannati al peggio. Il Vieri di Europei e Mondiali è stato sempre immarcabile ed anche quella sera Mellberg non riesce a tenerlo, Cassano è in vena e la difesa dice Buffon-Cannavaro-Nesta. Segna Cassano su cross di Panucci ma all’85’ c’è un angolo per la Svezia.
Il pallone lievita al centro dell’area e il numero 10 svedese ha diverse possibilità: appoggiare di testa ad un compagno cercando di superare nello stacco Buffon in uscita, metterla a terra cercando di girarsi verso la porta, stopparla di petto e tirare al volo in rovesciata. Ma Zlatan sceglie un’opzione senza senso: si frappone tra pallone e Buffon e fa un tacco al volo che scavalca Vieri appoggiato sul palo e pareggia la partita. A lui la gloria di una prodezza atletica incredibile, a noi un ‘biscotto' indigesto che ci costa l'eliminazione. Moggi chiama seduta stante Amsterdam e Buffon a fine partita stringe la mano di Zlatan pensando a quello che potranno fare insieme.
Dopo il tour italiano fra Juve e Inter, Ibrahimovic va al Barcellona di Guardiola. Il tecnico spagnolo vorrebbe far muovere Ibrahimovic su tutto il fronte e far realizzare montagne di gol a Messi, che sta diventando il capo assoluto del Barcellona. Dopo pochi mesi l’esperimento fallisce e fra i due corre cattivo sangue. C’è però una partita da vincere insieme, la semifinale di ritorno della Champions League 2009-2010 contro l’Inter di Mourinho. All’andata i nerazzurri hanno vinto 3-1 con gol di Pedro, Sneijder, Maicon e Milito. Ibra è sostituito al 17’ da Abidal perché gioca una partita scialba. La domenica prima del ritorno, i blaugrana promettono una remuntada storica ma si vede che Ibra lo fa per copione più che per passione.
28 aprile 2010, Camp Nou. La partita è l’odissea che tutti ricordiamo. Il Barcellona stringe d’assedio l’Inter che si chiude nella sua area di rigore dal momento in cui Thiago Motta viene espulso per il solito fallo di teatro di Busquets. Non si ricordavano dai tempi di Eugenio Fascetti in vantaggio a San Siro lanci in avanti senza una meta o un perché, ma tant’è, l’Inter deve solo aspettare che passi la bufera. In mezzo al guado Zlatan Ibrahimovic, nervoso, inconcludente, mai propositivo e quasi restio a dare il 100% come tutti i compagni fanno. Ad un certo punto Guardiola lo richiama, Zlatan si avvicina alla panchina e Mourinho alle loro spalle sussurra qualcosa alle orecchie di entrambi. La vulgata vuole che abbia detto: “In condizioni normali avremo vinto noi”, ma resta il mistero. Segna Piquè ma troppo tardi. L’Inter ce la fa e va a vincere la Coppa, mentre Mourinho ride beffardo sotto l’acqua degli innaffiatoi del Camp Nou.
Per la terza volta affronteremo Ibrahimovic che non è più la nuova meraviglia del 2004, né l’uomo in pena del 2010, è, come lui stesso ha dichiarato, una leggenda. Speriamo che Bonucci, Chiellini e Barzagli non credano alle leggende. (articolo di Jvan Sica)