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Calcio Amarcord: il Venezia dei miracoli, da Recoba al record di Novellino

Il ritorno di Novellino alla corte di Zamparini ha fatto riaffiorare dal passato una storia magica: quella del Venezia di Recoba, allenato dallo stesso “Monzon”.
A cura di Mirko Cafaro
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Il ritorno di Novellino alla corte di Zamparini a Palermo ha fatto riaffiorare dagli archivi un precedente statistico di assoluto rilievo, ma soprattutto una storia magica e un po' nostalgica del calcio di fine anni '90. L'attuale tecnico rosanero è stato infatti l'unico ad aver evitato l'esonero da parte del più grande "mangiallenatori" italiano. Siamo a Venezia, tra il 1997 e il 1999, il giovane Walter dopo gli inizi di carriera a Perugia e la salvezza conquistata in B col Ravenna, approda in Laguna in una piazza ambiziosa ma non semplice da gestire. Nelle sei precedenti stagioni, l'allora mister "Emmezeta" aveva cambiato la bellezza di dieci allenatori: da Zaccheroni a Marchesi, da Maroso a Ventura, passando per Maifredi, Geretto, Rossi, Marchioro, Bellotto, sino a Fontana e De Vecchi. Quasi la normalità per uno come lui, ma un grosso rischio per un tecnico la cui carriera era ancora in fase di lancio.

Quel Venezia, però, poteva contare su una struttura dirigenziale di primo livello con Giuseppe Marotta direttore generale e Gianni Di Marzio direttore sportivo: due garanzie in fatto di capacità amministrative e conoscenza del calcio. E così Novellino si vede affidare una squadra solida, composta da un interessante mix di esperienza e voglia di emergere. Tra gli altri, si segnala un certo Stefan Schwoch, con il tecnico anche nella precedente esperienza a Ravenna, di professione bomber, ma ancora poco esperto di serie cadetta. Proprio l'attaccante bolzanino, però, si rivelerà la chiave della storica promozione in A. Suoi i 17 gol in 36 partite (terzo nella classifica goleador di fine stagione) che permetteranno allo stadio "Pierpalo Penzo", unico sull'acqua, di prepararsi a ospitare tutto il meglio del calcio europeo di quel periodo, che rispondeva al nome di "Serie A".

Il salto nella massima serie porta in Laguna un portiere esperto del calibro di Massimo Taibi, messo da parte troppo presto dopo il colpo a vuoto dell'avventura milanese, davanti a lui quindi una difesa titolare composta da Carnasciali (poi passato alla Fiorentina), Pavan, Luppi (con un passato anche alla Juventus) e Dal Canto; a centrocampo De Franceschi, Iachini (guarda caso sostituito proprio da Novellino sulla panchina del Palermo), Volpi e Pedone; davanti mr Schwoch e Pippo Maniero, arrivato dal Milan dopo aver giocato anche la Champions con il Parma. In panchina, tra gli altri, gli esperti Brioschi, Valtolina e Marangon, con le scommesse Bilica (passato alla storia per aver parato un rigore a Schevchenko, sostituendosi al portiere espulso) e Tuta (alla storia per un gol che non avrebbe dovuto segnare).

L'inizio, tuttavia, non è dei migliori: un punto in cinque partite (pari col Parma e sconfitte con Bari, Roma, Milan e Perugia) e zero gol fatti. Alla sesta il primo centro porta la firma di Schwoch, ma vale solo un 1-1 con l'Udinese, quindi seguono le sconfitte contro Bologna e Fiorentina. Due punti in otto partite sono un bottino estremamente misero, altri allenatori avrebbero fatto le valigie già da tempo, ma Zamparini sorprende tutti confermando Novellino. E così il 15 novembre 1998, la Lazio di Eriksson, Vieri, Salas, Mihajlovic e Couto, destinata a perdere di un soffio il campionato superata in extremis dal Milan di Zaccheroni, fa visita al Penzo venendo sorpresa dall'uno-due firmato da Tuta e Pedone che regala ai veneti il primo successo stagionale. Ma nonostante lo scalpo eccellente, la stagione ancora non decolla: un punto tra Salernitana e Sampdoria, successo striminzito sul Cagliari e altri due 0-0 con Piacenza e Vicenza. Nessuno però smuove Novellino dal suo posto e si arriva così a Natale e al mercato di riparazione.

È qui dunque che arriva la svolta, Marotta fiuta il colpo Recoba in prestito dall'Inter, dove non trova spazio per la contestuale presenza di Baggio, Pirlo e Djorkaeff, il Venezia decide così di sacrificare l'eroe della promozione, Schwoch, che prende la via di Napoli. Il cambio di marcia non è immediato, ma dopo un paio di colpi a vuoto, la squadra comincia ad ingranare da fine gennaio: prima la vittoria con l'Empoli, poi quella discussa sul Bari (con il 2-1 di Tuta non festeggiato dai veneziani e il sospetto di "combine" avvalorato dalle scene immortalate nel sottopassaggio dalle telecamere), quindi il pari con il Parma di Crespo e Chiesa e il successo sulla Roma di Zeman che ne incassa tre al Penzo, compreso uno di Recoba. La successiva sconfitta sul Milan non frena gli entusiasmi di una squadra che viaggia ormai a 100 all'ora: Recoba e Maniero piegano il Perugia, quindi ancora l'uruguayano sette giorni dopo manda al tappeto l'Udinese e regala il +6 sulla zona retrocessione. Il meglio, però, deve ancora venire.

A marzo, infatti, ecco le prestazioni che incoronano definitivamente il Chino: prima il 4-1 alla Fiorentina di Batistuta, propiziato da una tripletta, poi la rete al Cagliari nel match successivo, infine la matematica salvezza conquistata con un sontuoso 3-1 proprio all'Inter, con Moratti che continua a mangiarsi le mani per la sua partenza in prestito. Recoba chiude così l'anno con 11 gol e un numero imprecisato di assist in 19 partite. Una sentenza che compone con il compagno Maniero un tandem da 23 gol, in una serie A che quell'anno vide primeggiare in classifica marcatori Marcio Amoroso dell'Udinese con 22 reti, seguito a una lunghezza da Batistuta e a tre da Bierhoff, con a seguire in ordine sparso: Delvecchio a quota 18, Crespo a 16, Signori e Salas con 15 appaiati dall'esordiente Simone Inzaghi da Piacenza, il fratello Pippo con 13 e Vieri con 12. Insomma il meglio che c'era in Europa, come detto. Tornando a Recoba, l'unico rammarico è non averlo mai visto ad alti livelli come in quella mezza stagione a Venezia. Colpa sua? Demerito degli allenatori? Chi può dirlo, di certo c'è che i veneziani, ora costretti a risalire dalle sabbie mobili della D, hanno beneficiato di un privilegio non da poco quell'anno.

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