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Ajax-Bayern 1973: un poker che ha fatto epoca

A pochi giorni dai quarti di finale di Champions League, torniamo a rivivere un match che ha fatto epoca. Nel 1973 il sorteggio era integrale, senza teste di serie. Per questo, l’Ajax bi-campione e il Bayern si affrontano solo per un posto in semifinale.
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Cos'è la felicità? David Endt lo scopre in pochi minuti la sera di mercoledì 7 marzo 1973. Endt è un ragazzo delle giovanili dell'Ajax, e quella sera è tra i ballboy allo Stadio Olimpico di Amsterdam per l'andata del quarto di finale di Coppa dei Campioni. Sono tutti al 51, i lancieri campioni d'Europa e del calcio totale al 52 e il Bayern Monaco del suo idolo Gerd Muller, al 53. “Per noi era come una finale” dirà. Che quella sia una finale, prevista ai quarti solo perché allora c'era il sorteggio integrale, niente teste di serie, lo pensano tutti. Lo pensano i 65 mila tifosi sugli spalti e i 200 milioni di spettatori che nel mondo si attaccano alla tv per non perdersi nemmeno un secondo di quella che sarà la più bella partita nella storia della Coppa dei Campioni.

La vigilia del Bayern – Il Bayern ha passeggiato nei primi due turni: 7-1 complessivo al Galatasaray, 13 gol rifilati tra andata e ritorno all'Omonia Nicosia. L'Ajax, entrato direttamente agli ottavi, ha dominato il CSKA Sofia (6-1 la differenza reti al termine dei 180 minuti). Il confronto di stili è radicale, estremo. Il Bayern ha dato alla Mannschaft metà della squadra che ha vinto l'Europeo 1972: Becks, Maïer, Bomber, Schwarzy, Paulo Breitner, Nénesse. In Bundesliga duella con il Borussia Monchengladbach di Vogts, Heynckes e Netzer, ma nella trasferta contro lo Schalke 04 i tifosi non hanno fatto altro che fischiare Beckenbauer, delusi per la sconfitta della nazionale, proprio a Monaco, contro l'Argentina. Non è in un gran momento, il Bayern, e la presenza di Gerd Muller non è un segnale incoraggiante. Il 10 febbraio, infatti, Ludwig Müller, difensore dell'Hertha Berlino, lo mette ko. Gerd ricorre alle infiltrazioni contro Wuppertal e Schalke 04, ma a Gelsenkirchen esce all'intervallo. Le radiografie mostrano una frattura al perone, ma non c'è tempo per ingessare. Il bomber, che ha segnato 36 gol in 39 gare di coppa, deve giocare lo stesso.

La vigilia dell'Ajax – L'Ajax, al contrario, è carichissimo. I lancieri hanno appena vinto lo scontro diretto contro il Feyenoord di Van Hanegem. La motivazione della squadra di Kovacs, che ha ereditato l'impostazione di Rinus Michel passato a creare la Clockwork Orange, la nazionale più forte a non aver mai vinto un Mondiale, è al massimo. Le partite fra squadre olandesi e tedesche non sono mai come le altre, almeno dalla Seconda guerra mondiale. “So bene di cosa parlo” ricorderà Stuy, portiere di quell'Ajax che tutti chiamavano Kroket perché tendeva a lasciarsi sfuggire il pallone con troppa facilità. “Sono nato in Germania, e lì ho vissuto per sette anni: non parlavo una parola di olandese”. Udo Lattek, tecnico del Bayern, prima della partita, dichiara che Stuy non è poi questo gran portiere e che i suoi, di gol, gliene avrebbero fatti cinque. Cinque, come quelli che l'Ajax aveva rifilato al Bayern in estate, in amichevole a Monaco. “E' stata una delle nostre migliori partite di sempre. Dopo il quinto gol ci siamo detti: fermiamoci, basta così” racconterà Wim Suubier.

Il primo tempo – È proprio su Suubier che Endt tiene gli occhi nei primi minuti. Gioca sulla fascia a lui più vicina, la destra, e anche il giovane David gioca da terzino destro. È al settimo cielo. Lo vede sfrecciare su tutta la fascia, come Kovacs chiede ai suoi, in quel meraviglioso 3-7 in fase offensiva che richiede un movimento ordinato e costante di tutti i giocatori per coprire ogni zona di campo. È la traduzione calcistica della formula di Napoleone sull'arte della guerra: “Bisogna disporre le truppe in modo che siano dappertutto nello stesso momento”. Endt vede anche Franz Roth, il 31enne centrocampista che quattro anni prima ha segnato il gol vittoria nella finale di Coppa delle Coppe sui Glasgow Rangers, tentare di marcare Cruiff. Lattek l'ha chiesto a lui perché Schwarzenbeck ancora si ricordava l'umiliazione sofferta in amichevole, ma dopo 5′ Roth si fa già ammonire. L'Ajax ha una sola parola d'ordine: “Pressione, pressione”, come ricorda senza sosta Kovacs. Sul piano atletico, semplicemente non c'è partita. Così, Lattek vede prima Sepp Maier farsi sfuggire un pallone, che Zobel allontana, poi Krol centrare il palo da venti metri. All'intervallo, però, è ancora 0-0. Nello spogliatoio del Bayern c'è un silenzio strano, un silenzio nutrito di una calma difficile da spiegare, di una fiducia eccessiva in quello che avrebbe potuto succedere. Nello spogliatoio 52, come al solito, sono Cruijff e Keizer a parlare più di Kovacs. “Non eravamo preoccupati” ricorderà Mühren. “Eravamo al massimo, e avevamo alle nostre spalle il supporto di un'intera nazione” dirà anni dopo Crujff. “Tutti in Europa ci ammiravano. Anche se il Bayern aveva carattere e una squadra di grandissimo livello, sapevamo che avremmo potuto batterli senza problemi. Tutti volevano vederci vincere”.

Il vantaggio – Nell'intervallo, Lattek riorganizza la difesa. Lo stopper Schwarzenbeck viene spostato sulla fascia destra per marcare Keizer, con Roth che rimane a uomo su Cruijff. Ma con un terzino fuori posizione e un'evidente perdita di centimetri in area, il Bayern si sbilancia ma non va oltre un tentativo di contropiede che però si limita a un cross di Durnberger non raccolto da Hoffman. L'Ajax spinge soprattutto dalla fascia destra, sull'asse Suurbier-Rep. Al 53′ Schilcher recupera palla ai venti metri e tira. “I tedeschi avevano paura, Seppi era nervoso” ricorderà Muhren. “potevamo leggerglielo nei loro occhi”. Maier si lascia sfuggire il pallone. In area c'è appostato uno dei migliori centrocampisti al mondo, Arie Haan, Arie Bombarie (il bombardiere), che rifiutò una prima volta di entrare in prima squadra all'Ajax perché voleva finire gli studi, ma presto ruberà il posto a Nico Rijnders. Michels poi lo reinventerà libero durante un’amichevole pre-Mondiale contro i tedeschi del Kickers Offenbach. Haan, che al Mundial '78 condanna Zoff a una serie ingenerosa di critiche, crea traiettorie impossibili quando tira dalla distanza, le stesse che saprà ricreare, da golfista dilettante, con l'effetto dog-leg: quasi un semicerchio che abbandona la linea retta ideale e la ritrova diversi metri più avanti. Quel giorno però, gli basta un tocco facile facile per lanciare il trionfo.

Raddoppio “invisibile” – Al minuto 67, l'Ajax batte il settimo calcio d'angolo, dalla destra. Maier ancora una volta manca la presa, ma la difesa libera in fallo laterale, dalla parte opposta. Per il regista della televisione olandese che produce le immagini del match, da quella rimessa non può nascere un'azione da gol. Così stacca e inquadra gli sviluppi dalla telecamera dietro la porta di Stuy, dalla parte opposta del campo. Rep la batte lunga verso l'area, Paul Breitner, il terzino con i poster di Mao e Che Guevara, simbolo della Germania Ovest che giocherà anche per il Real Madrid franchista, respinge male. La palla viaggia verso Gerrie Mühren. Mühren ha una tecnica sopraffina, e in semifinale, al Bernabeu, in piena azione si fermerà cinque volte a palleggiare in mezzo al campo di fronte a 110 mila spettatori ostili. Qualche mese dopo quella partita, nel dicembre 1973, il portiere Stuy inaugura il suo ristorante, Le Provence, e Mühren scommette che può calciare dall'altra parte della strada e far passare la palla attraverso la finestra aperta all'entrata. Un giornalista lo sfida e si piazza davanti alla finestra: la pallonata lo colpisce in piena faccia, finirà la serata in ospedale. Per uno così, tirare al volo da 25 metri è quasi elementare. Il 2-0 diventa un cult, un momento che segna la storia. “Ho segnato uno dei gol più belli e importanti nella storia dell'Ajax” ricorderà, “e praticamente non l'ha visto nessuno”.

Trionfo – L'Ajax vincerà 4-0, segneranno Haan e Cruijff, che si rifiuterà di andare a Monaco per il ritorno perché, dice, “non è nell'interesse mio e della squadra”. “Quel gesto di arroganza” commenterà Der Bomber, Gerd Muller, è stato ancora peggio. Il Bayern si prende la misera consolazione di vincere 2-1, ma l'Ajax alzerà la terza coppa di fila dopo la finale sulla Juventus. La sera di quel 7 marzo 1973, Maier non riesce a dormire nella sua camera d'albergo, nel centro di Amsterdam. Per la disperazione, prende i guanti, raccoglie tutta la sua roba e la getta nel canale. Ma il ricordo di quel 4-0 rimane. Per anni. Resta ancora vivo nel 1978, quando l'Ajax invita il Bayern per la partita d'addio di Cruijff. Dovrebbe essere un'amichevole, ma Müller ha altre idee. “Distruggiamoli” chiede negli spogliatoi. Il Bayern vincerà 8-0. La vendetta è servita.

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