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Violenza negli stadi: le forme di contrasto in Italia e in Europa

Terza e ultima parte dell’inchiesta sul tifo violento. Dal 2007 gli incidenti negli stadi in Italia sono calati del 60%. Il modello di contrasto è soprattutto repressivo, e il decreto stadi approvato a ottobre lo conferma. Le leggi in Germania, Francia, Spagna e nel resto d’Europa.
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Una cosa sono i delinquenti, che vanno combattuti; un’altra sono gli ultrà, con i quali va costruito un dialogo”. Così parlava l'ex capo della Polizia, Antonio Manganelli, nel giorno del suo insediamento. Il suo sogno di stadi senza forze dell'ordine è ancora lontano, ma i dati sono incoraggianti. Negli ultimi otto anni, dal 2007 segnato dalla morte dell'ispettore Raciti, gli incidenti sono calati del 60%. La risposta italiana alla violenza negli stadi è basata sulla repressione, come dimostra anche il decreto stadi, approvato il 15 ottobre al Senato con 164 voti favorevoli e 109 contrari, disegno di legge di conversione del decreto-legge n.119 del 22 agosto 2014 sul contrasto della violenza nelle manifestazioni sportive.

Decreto stadi – La nuova legge allunga il divieto di accesso agli stadi per i tifosi violenti, fino a tre anni per violenze di gruppo, da 5 a 8 anni in caso di recidiva. Il Daspo viene esteso anche anche a chi è stato denunciato o condannato perché ha esposto striscioni offensivi, violenti o razzisti, e a chi si è macchiato di reati contro l'ordine pubblico delitti gravi come la rapina, detenzione di esplosivi, spaccio di droga. In caso di episodi particolarmente gravi, ai tifosi può essere vietata la trasferta per una o due stagioni. Con provvedimento del ministro dell'Interno, può essere decisa la chiusura del settore ospiti fino a due stagioni e il divieto di vendere biglietti ai tifosi residenti nella provincia della squadra che subisce il provvedimento. L'aspetto che ha scatenato le maggiori polemiche, però, riguarda le misure a carico delle società. Il decreto, infatti, impone ai club di devolvere una quota tra l'1% e il 3% degli incassi che derivano dalla vendita dei biglietti per finanziare i costi sostenuti per il mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico, soprattutto per la copertura degli straordinari e dell’indennità di ordine pubblico delle Forze di polizia. Un classico compromesso all'italiana, che tenta di avvicinarsi al modello inglese senza però l'aspetto principale che ha reso possibile la responsabilizzazione dei club d'Oltremanica nel contrasto agli hooligans: gli stadi di proprietà.

Germania – La violenza negli stadi non è solo una prerogativa inglese o italiana (come si legge nel rapporto del magistrato Piero Calabrò). In Germania non esiste una legge nazionale in materia di sicurezza degli stadi. Ol Governo ha optato per un progetto volto a incoraggiare l’autodisciplina dei tifosi stessi. Sono le autorità regionali a richiedere la presenza della polizia per le partite ritenute a rischio, mentre i club aiutano a individuare i tifosi più violenti. nel 2012 la Deutsche Fußball Liga (la lega che comprende le squadre di Bundesliga e la 2.Bundesliga), la Deutscher Fußball-Bund, la federazione, e il ministero degli Interni hanno elaborato le nuove linee guida, contenute nel documento Sicheres Stadionerlebnis, traducibile con “Un'esperienza sicura allo stadio”, approvato dalla DFL il 12 dicembre. Il documento sottolinea che “durante l’esecuzione del gioco, la maggiore responsabilità nello stadio è del club”, che possono decidere anche di vietare l'ingresso a tifosi di squadre avversarie in caso di timori per la sicurezza, mentre l'area fuori dall'impianto è di pertinenza della polizia, impone che ogni squadra nomini un responsabile per la sicurezza presente a ogni partita casalinga, e chiede un aumento dei controlli all’entrata. Il modello tedesco, dunque, è segnato dalla collaborazione fra l'amministrazione pubblica e le squadre, che hanno la possibilità di costruire tribune senza seggiolini e tenere molto bassi i prezzi dei biglietti. Il modello funziona, i dati infatti evidenziano un sostanziale calo dei tifosi arrestati e denunciati negli ultimi due anni.

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Spagna – In Spagna la violenza si associa spesso a istanze indipendentiste. Ha fatto epoca a Barcellona la battaglia tra gli anti-franchisti della “Penya Barcelonista de l’Alta Ribargorca” e la frangia fascista dei “Boixos Nois”, prima protetti dall'ex presidente Joan Gaspart, poi dal 2003 espulsi dal Camp Nou dal successore Joan Laporta. Il 9 marzo 2010 il governo Zapatero ha approvato il “Reglamento de prevención de la violencia, el racismo, la xenofobia y la intolerancia en el deporte”, che integra la precedente legge del 1993. E' il ministero degli Interni che, secondo l'articolo 55, dirige, organizza, coordina e controlla i servizi di sicurezza in occasione degli eventi sportivi, e può nominare dei coordinatori per la sicurezza che facciano da ponte tra le forze dell'ordine e i club. Le sanzioni restano quelle del 2007: per un’infrazione “lieve” le multe vanno da 150 a 3000 euro, per quelle “gravi” da 3000 a 60mila euro e per quelle “molto gravi” da 60mila a 650mila euro. Multe cui si può aggiungere, per le società, la squalifica del campo fino a due anni e, per i tifosi, il divieto di ingresso in uno stadio fino a cinque anni.

Francia – In Francia, la prima legge contro la violenza nello sport è entrata in vigore nel 1993. Dieci anni dopo, è stata resa ancora più restrittiva. Previste pene fino a 5 anni di carcere per chi danneggia beni pubblici; fino a 2 anni per la violazione del divieto di assistere alle partite; fino a 3 anni per chi lancia oggetti o fa entrare nello stadio coltelli, aste, striscioni, bulloni, catene, fuochi d’artificio, razzi; fino a un anno per chi espone simboli o xenofobi e per il possesso di bevande alcooliche. Dopo la morte di un tifoso, ucciso per legittima difesa da un agente nel 2006, le associazioni di supporter non autorizzate non possono acquistare biglietti, e tutte devono incontrare la Polizia prima della partita e ricevere la lista dei sostenitori interdetti per impedirne l'ingresso nello stadio. Il Governo francese ha investito sulla prevenzione, e puntato sulla collaborazione dei club. Dopo il 2010 il PSG ha adottato una serie di misure per escludere gli ultras violenti: lo scioglimento delle associazioni, la cancellazione immediata di 13.000 abbonamenti, l’attribuzione casuale e nominativa dei posti allo stadio. Il direttore generale Jean Claud Blanc, tra i principali fautori dello Juventus Stadium, ha introdotto una lista di tifosi non graditi, anche se non è bastato per evitare il riesplodere di comportamenti violenti nella recente trasferta di Champions League a Londra contro il Chelsea.

Olanda – In Olanda conoscono bene il fenomeno. Nel 2006 i tifosi del Feyenoord, gli stessi che hanno devastato Roma, avevano provocato incidenti con i supporter del Nancy che hanno portato all'esclusione della squadra dalla Coppa Uefa. Da quel momento, alcuni club hanno creato una banca-dati con le impronte digitali che i tifosi hanno registrato volontariamente all’ingresso degli stadi.

Resto d'Europa – In Austria, dopo che nel 2009 il gruppo neonazista degli “Unsterblich” (gli Immortali), ha fatto sospendere per 20′ l'incontro di Europa League tra l’Austria Vienna e l’Atletico Bilbao, la responsabilità dell'ordine pubblico spetta alle squadre. La stessa squadra ha approvato un nuovo regolamento anti violenza e messo al bando il gruppo. Interessante, infine, il progetto della Football Fan Card, introdotta in Belgio da una decina d'anni. Si può comprare il biglietto solo se in possesso di questa carta dotata di microchip che contiene tutti i dati per identificare il tifoso, responsabile personalmente e direttamente di eventuali atti di violenza. Dall'introduzione della carta, la vendita dei biglietti è aumentata, la violenza drasticamente diminuita.

PARTE 1 – Fenomeno ultras, la mappa del calcio violento in Italia e in Europa

PARTE 2 – Calcio violento, come l'Inghilterra ha sconfitto gli hooligans

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