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“Vesuvio lavali col fuoco”, cori e ‘buu’ razzisti all’Olimpico

I cori discriminatori della Curva Nord spingono l’arbitro Irrati, come da regolamento, a sospendere la partita tra Lazio e Napoli. Il gioco riprende dopo circa cinque minuti. Perché il questore non ha imposto lo stop definitivo al match? Adesso la Lazio rischia una forte ammenda e una squalifica per più turni dello stadio. Ma lo squallore dell’Olimpico accende ancora una volta i riflettori sulle responsabilità di una Federazione che ha depotenziato le norme, annacquato le sanzioni che ‘disturbavano’ i club e gli interessi dei presidenti.
A cura di Maurizio De Santis
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I soliti cori razzisti. I soliti idioti. Il solito copione fatto d'insulti e offese durissime contro il calciatore di colore del Napoli, Koulibaly. La serata dell'Olimpico è stata scandita dalla ‘lucida follia' dei tifosi capitolini – quelli assiepati nella Curva Nord, il settore più caldo dei sostenitori laziali – che hanno urlato di tutto contro i partenopei e, in particolare, contro il difensore azzurro di origini senegalesi. Quei ‘buuu' ogni volta che toccava palla hanno scandito le responsabilità di una Federazione che negli ultimi due anni ha sostanzialmente svuotato le norme e le sanzioni correlate che tendevano a punire severamente atteggiamenti di questo tipo.

Squalifiche, gare a porte chiuse, chiusure di un settore dello stadio non piacevano alle società, ai loro interessi e a quelli dei presidenti. E quelle bestialità che, continuamente, fanno capolino negli impianti della nostra Serie A sono state derubricate dagli stessi protagonisti (non solo chi legifera nel Palazzo del calcio) a rango di semplice sfotto'. L'annuncio dello speaker non è bastato a placare gli animi, ci ha pensato l'arbitro Irrati a mettere fine (almeno, ci ha provato) a quell'atteggiamento palesemente discriminatorio fermando la partita per cinque minuti. Un gesto di alto valore simbolico rimasto isolato, perché il mancato intervento del questore: avesse voluto, avrebbe potuto anche imporre lo stop definitivo alla partita. Invece, non l'ha fatto, scegliendo la soluzione più comoda all'insegna dello ‘spettacolo che deve continuare nonostante tutto'.

E quando dall'altoparlante dell'Olimpico viene rilanciato che il match può essere definitivamente fermato in caso di reiterazione dei cori la replica della tifoseria laziale è una bordata di fischi. Colonna sonora di quella Curva Nord che ha rivolto fin dall'inizio nei confronti dei partenopei, dei suoi tifosi gli osanna al vulcano ("Vesuvio, lavali col fuoco") e i soliti cori "Odio Napoli".

Rischio porte chiuse – Adesso per la squadra capitolina sarà decisivo il referto arbitrale e il regolamento. La società rischia una forte ammenda e la squalifica per più turni del campo per i reiterati cori dei propri tifosi che anche dopo la sospensione e la ripresa del gioco non hanno smesso di offender Koulibaly e compagni.

Com'è cambiata la norma sulla discriminazione territoriale. La prima riunione del Consiglio federale guidato da Tavecchio modificò gli articoli 11 e 12 del codice di giustizia sportiva che equiparavano come illecito disciplinare la discriminazione razziale a quella territoriale. Si decise che da allora in poi le società avrebbero sì scontato quegli insulti ma con gradualità, senza chiusura immediata delle curve.

In cosa consiste la modifica? In sostanza non costituisce più comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, la condotta che direttamente o indirettamente comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di origine territoriale. La cosiddetta discriminazione territoriale è stata cancellata dall'articolo 12 e non è più vincolante quale responsabilità oggettiva delle società. Quanto agli insulti razzisti dei tifosi, le società verranno sanzionate con avvertimenti e multe. In caso di recidività, la squadra potrà subire anche penalizzazioni in classifica o nei casi più gravi retrocessione ed espulsione dal campionato.

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