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Un miliardo di euro di debiti: questa è la drammatica situazione del calcio italiano

La serie A è il campionato più costoso d’Europa, in tre stagioni il calcio italiano ha ‘bruciato’ oltre un miliardo di euro. I diritti tv non bastano più, il tracollo è vicino e nessuno si muove.
A cura di Alessio Pediglieri
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Calcio in rosso

E' un'estate davvero calda per il calcio italiano che sta vivendo un altro periodo sconsolante sotto tutti i punti di vista. Lo scandalo del calcio scommesse è l'emblema negativo di questa situazione, con un substrato di illegalità latente – che a volte si tramuta in attività manifesta come in questo caso – che ne delinea i contorni foschi, fatti di un popolo che vive ai margini del gioco e cerca di sfruttarne ogni aspetto, anche in modo illecito. "Last Bet" ne è la riprova, così come lo era stato nel 2006 lo scandalo legato a Calciopoli. Ma non solo. Che il calcio italiano è morto lo si sa e ne è dimostrazione eclatante anche la mancanza assoluta di risultati sportivi edificanti. Inter del Triplete e Mondiale 2006 a parte, manchiamo dal panorama europeo in maniera disarmante quanto evidente. A chiudere il cerchio di un prodotto – malgrado la FIGC e il Coni cerchino di ‘vendere' qualcosa di diverso – allo sbando sono anche i conti che emergono da un recente studio economico attorno alle società soprattutto di serie A.

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UN MILIARDO DI DEBITI IN TRE ANNI – Il calcio italiano negli ultimi tre anni ha bruciato qualcosa come un miliardo di euro.  Una cifra impressionante, che è emersa dalle analisi del ReportCalcio 2011 realizzato da Arel, Pwc e dal centro studi della Figc, sotto la lente d'ingrandimento de Il Sole 24Ore.  C'è di più: negli ultimi due anni, i costi superano costantemente i ricavi per 180 milioni di euro e andando avanti così, si rischia la bancarotta del sistema.
Ma a nessuno sembra interessare, non c'è un allarme che sia uno da parte degli organi federali e di controllo della giustizia sportiva. Tutto è lasciato allo sbando, alla libera iniziativa dei vari club che cercano di trovare soluzioni più o meno a lungo termine per evitare il ‘rosso‘ costante. C'è una costante crescita dei debiti globali: in Serie A sono saliti tra il 2008 e il 2010 da 1,9 a 2,3 miliardi, mentre in Serie B sono passati da 367 a 358 milioni. Il patrimonio netto, di conseguenza, si è ridotto da 460 a 406 milioni. Solo nella stagione 2009-2010 la serie B ha generato una perdita d'esercizio di 83 milioni. Se si guarda infine alla Lega Pro, formata da 85 club, in tre anni le perdite sono di un milione netto con diminuzione del patrimonio netto a 55 mila euro in prima divisione e 42mila in seconda divisione.

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MENO RICAVI, SEMPRE PIU' SPESE – E le società cosa fanno? Al momento quasi nulla, anzi in Italia sembra vigere la regola per cui se un club è sull'orlo del fallimento se ne costruisce un altro, tutto nuovo: il nostro Paese calcistico conta 132 società professionistiche, il triplo di Francia e Spagna. Società nuove, stadi vecchi: tra vari problemi – anche legati alla burocrazia ordinaria – non c'è il culto dello stadio di proprietà che riuscirebbe a lungo termine ad ammortizzare i costi e le uscite più elevate. Solamente la Juventus Arena in questo senso, sta dando un segnale fortissimo ma non sembra proprio essere seguito da nessun altro grande club. Anche Milan e Inter parlano da anni di un doppio impianto, uno per i nerazzurri e un altro per i rossoneri ma il problema più grosso è dato dal Comune di Milano e dall'inefficienza nel saper creare piani regolatori che includano soluzioni differenti da San Siro. Un disastro, soprattutto poi se si va verso Sud dove i debiti aumentano esponenzialmente con il numero di società che si aprono ogni stagione e i ricavi scendono.

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INGAGGI VS DIRITTI TV – Anche i diritti televisivi, per cui in Lega i presidenti si azzuffano e litigano non sono più una gallina dalle uova d'oro avendo toccato oramai un tetto di entrate oltre al quale non è più possibile sperare di guadagnare. Anche perchè, la ‘teledipendenza‘ da calcio è la naturale conseguenza alla mancanza di stadi all'altezza di un mercato che fattura miliardi di euro all'anno. Altrove, ad esempio in Premier League, i ricavi tv non superano il 50% per cento del fatturato globale mentre in Italia siamo al 75% del totale. Anche gli ingaggi sono una piaga aperta: ingaggi e ammortamenti assorbono il 72% del fatturato, al netto delle plusvalenze del calciomercato e il tanto decantato fair play finanziario sembra proprio essere semplicente una ‘favola' da raccontare ai tifosi.  Non è un caso se gli ingaggi dei calciatori pesano ancora per 1,5 miliardi di euro e il costo del lavoro in serie A è il più alto fra le top league europee Tutti segnali d'allarme evidenti: ma c'è qualcuno che stia facendo realmente qualcosa?

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