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Udinese, flop in Champions: specchio di un calcio italiano non competitivo

L’uscita dell’Udinese in Champions ha confermato il reale valore del nostro movimento rappresentato nel massimo trofeo continentale da Juventus e Milan. Due squadre che non appaiono pronte per giocarsi il titolo e competere a grandi livelli. Un po’ come tutto il calcio italiano.
A cura di Alessio Pediglieri
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E' durato 210 minuti il sogno italiano di rivedere tre squadre in Champions League, il massimo torneo continentale, pari ai due match disputati dall'Udinese contro il Braga, inclusi anche i tempi supplementari del ‘Friuli‘.
Ma è bastato l'arco di un battito di ciglia per far svanire il tutto miseramente, con quel maledetto ‘cucchiaio' dagli undici metri calciato in modo pessimo dal giovane brasiliano Maicosuel che ha condannato i bianconeri al ‘purgatorio' dell'Europa League, perdendo match e qualificazione.
L'Italia del pallone, dunque, riparte da qui, da una delusione cocente che vede per il secondo anno consecutivo la squadra allenata da Guidolin fermarsi davanti alla porta della qualificazione alla fase a gironi. L'anno scorso per merito dell'Arsenal, quest'anno a favore dei portoghesi del Braga. In sostanza la storia non cambia con i friulani che giocheranno in Europa League e con sole due squadre italiane inserite nel tabellone della Champions i cui sorteggi verranno effettuati nella giornata di domani stabilendo i gironi della prima fase. Milan e Juventus, dunque, uniche rappresentanti del nostro movimento che si presenta al via senza tante velleità di vittoria o sogni di successi.

L'incubo Champions – L'amarezza di Francesco Guidolin è capibile. Per due anni ha abbracciato la speranza di andare in Champions League con la ‘sua' Udinese aggiungendo una pagina importante nella propria storia e in quella del club friulano. Per due volte si è visto chiudere la porta in faccia proprio sul più bello. L'anno scorso cedendo alla superiorità manifesta di un Arsenal che – anche se tra i più brutti dell'ultimo quinquennio – ha passato il turno e quest'anno giocandosela alla pari con i lusitani del Braga qualificato 5-6 dopo i calci di rigore.
Una piccola ‘maledizione' cui il tecnico bianconero si fa carico in modo esclusivo, sollevando la squadra in toto e nei singoli. Troppo semplice sarebbe sparare addosso al giovanissimo brasiliano Maicosuel autore di un ‘cucchiaio', oltre ogni imbarazzo nella lotteria dei calci di rigore, che ha condannato tifosi, società e squadra vanificando tutto il lavoro effettuato ad inizio di quest'estate.  "Dovrò riflettere, forse non sono in grado di condurre una squadra in Champions League" è stata l'amara deduzione dell'allenatore veneto nell'amarezza del dopo-gara.
Certamente Pozzo e l'Udinese non si faranno sfuggire Guidolin, certo lui stesso saprà ritrovare stimoli e motivazioni per continuare a guidare una squadra che – ancora una volta – riparte da ‘zero' dopo le importanti cessioni di mercato e che ha nel suo tecnico quel ‘quid' aggiuntivo per poter riaprire un mini-ciclo di vittorie e di talenti.

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Europa proibita – Con il senno del poi si potrebbe dire che però, questa volta, l'Udinese di patron Pozzo abbia pagato sonoramente la scelta dell'ennesima epurazione estiva di giovani giocatori e piccoli talenti con l'obiettivo di far cassa e riaprire l'ennesima sfida con altri protagonisti poco conosciuti ai più. Un ‘leit-motiv' che in Friuli conoscono più che bene e che nel corso degli ultimi anni ha ripagato la società bianconera in termini di bilancio e di conti come ben dimostra la capacità dell'Udinese di far affari anche in tempo di crisi rivendendo calciatori ai massimi club italiani ed europei (Sanchez, Inler, Asamoah, Isla ne sono esempi fulgidi) e sapendo comunque restare ai massimi vertici della Serie A.
Non dell'Europa, perchè per quello serve altro. Così, la sconfitta dell'Udinese e la sua uscita anzitempo dalla Champions rappresenta un po' lo specchio del nostro calcio attuale, ridimensionato, più giovane e pioneristico ma ovviamente meno competitivo e affascinante. In Serie A si potrà assistere ad un campionato magari più avvincente dove le ‘piccole' riusciranno più spesso a trasformarsi in ‘grandi' per 90 minuti, con le favorite che scivoleranno in brutte figure più che in passato. Il debutto negativo a San Siro del Milan sconfitto dalla Sampdoria 1-0 ne è testimonianza, così come il pareggio in extremis della Roma all'Olimpico contro il Catania. E anche in Champions League e in Europa siamo davanti ad un ‘anno zero' dove chi ci sarà, purtroppo, non ci sarà per essere protagonista assoluto ma solamente come partecipante.

Juve: ansia da prestazione – Non è un mistero che Juventus e Milan non siano adeguatamente preparate tecnicamente per potersi confrontare con le solite indiscusse favorite alla vittoria finale. Chelsea, Barcellona, Real Madrid, Manchester City, Bayern Monaco. Chi più chi meno ha messo mano al portafoglio per ritoccare in meglio la propria squadra in vista delle fasi finali di aprile e maggio, senza dimenticare le classiche ‘mine vaganti' tra cui spicca per diritto di spesa, il Paris Saint Germain di Ancelotti e Leonardo.
La Juventus campione d'Italia si è rinforzata, certo, ma è ancora alla ricerca di quel salto di qualità decisivo che potrebbe conferirgli solamente l'ingaggio di un attaccante di peso e qualità. Il Milan si è indebolito vistosamente e non è un caso che ad oggi Max Allegri abbia già annunciato l'obiettivo principale europeo dei rossoneri: superare la prima fase a gironi di Champions.
Analizzando la Juventus, in sostanza i bianconeri hanno rafforzato il centrocampo trasformandolo in uno dei reparti più completi e competitivi (per muscoli e qualità) d'Italia e d'Europa. Ma potrebbe non bastare: per vincere e qualificarsi in Champions servirà non subire tante reti (e in questo caso bisognerà attendere le ultimissime ore di mercato per capire ad esempio il futuro di Lichsteiner, mentre la scelta di Lucio sembra già segnata da un cerchietto rosso) ma soprattutto segnarne. Vucinic, Matri, Quagliarella sono tre punte di prestigio ma il montenegrino non è mai stato un ‘cecchino' d'area di rigore e gli altri due pagano un'esperienza internazionale pari quasi a zero.
Anche per questo, Marotta e Conte si stanno dannando l'anima per il famoso ‘top-player'. Si era parlato di Cavani (blindato dal rinnovo di De Laurentiis fino al 2017 e da una nuova clausola da 55 milioni di euro);  poi avevano puntato tutte le fiches su Van Persie, approdato sulla sponda United di Manchester; quindi altre scelte di ‘ripiego' puro che non hanno mai convinto in fondo se non quella di Stevan Jovetic morta sul nascere dall'intransigenza di Della Valle.
Adesso c'è la ‘speranza' di Didier Drogba, l'ex stella del Chelsea campione d'Europa che ha avuto più di un qualche problema (economico) con l'avventura cinese. Un campione che farebbe comodo alla Juve e che darebbe certamente quell'elemento aggiunto anche fosse solo per un ingaggio annuale o poco più. Al di là del fatto che, però, l'allarme sembra essere rientrato e per Drogba non si sono chiuse le porte per giocare nel campionato cinese, resterebbe da valutare la voglia di rimettersi al servizio di un progetto da parte di un campione che a maggio aveva fatto una scelta professionale precisa: i soldi.

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Milan: ripartire da zero – Per il Milan il discorso cambia radicalmente. I rossoneri si sono incredibilmente indeboliti e hanno perso nel giro di un paio di mesi la propria identità tecnica e psicologica. Non ci si può soffermare unicamente sulle cessioni di Ibra e Thiago Silva al PSG ma è necessario ricordare che la squadra ha perso la colonna portante in campo e spogliatoio con le partenze in gruppo dei vari Nesta, Gattuso, Van Bommel, Inzaghi, Seedorf. Nonchè il mal di pancia e la conseguente ‘fuga' di Cassano all'Inter.
Un colpo da k.o. anche per il ‘povero' Allegri passato dalla gloria dello scudetto al debutto ai tormenti di un mercato inesistente dove ha visto l'arrivo di calciatori come Kostant, Acerbi, Bojan, Niang, Traorè e Zapata. Elementi utili a infoltire la rosa, non certo a creare una squadra titolare all'altezza del ‘club più titolato al mondo‘ che vorrebbe restare protagonista in Italia sfidando nuovamente la Juventus per lo scudetto e in Europa confrontandosi con i fasti di una Champions League vinta non più tardi di 5 anni fa.
Galliani (e Berlusconi) sono stati perentori anche con il tecnico livornese: nessun ‘colpo di testa' di mercato e un Milan che riparte da capo, responsabilizzando oltremodo Allegri a dimostrare di meritarsi il ruolo assegnatogli al di là dei fenomeni che fin qui ha avuto a disposizione. Non farà male, il Milan, diciamolo subito.
Lo scotto pagato al debutto con la Sampdoria è arrivato nel momento più opportuno: ad inizio stagione e a mercato ancora aperto. Non fosse giunta la sconfitta sarebbe stato ancor peggio con qualcuno autorizzato a illudersi più del dovuto. E soprattutto, non ci sarebbe stato l'ultimo movimento di mercato con l'arrivo di Bojan Krkic via Roma, in prestito per un anno.
Non certo un top-player ma sempre un giocatore in più da buttare nella mischia dell'attacco tra i vari El-Shaarawy, Robinho, Pato e Pazzini con cui il Milan dovrà affrontare impietosi confronti con i vari Van Persie, Cristiano Ronaldo, Leo Messi, Aguero e l'ex Ibrahimovic.

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