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Tristi per l’Italia fuori dal Mondiale, più ancora per Ciro Esposito

Il corpo di Ciro Esposito giace in un letto d’ospedale, gli Azzurri cantano fratelli d’Italia ma in campo contro l’Uruguay giocano con poco ardore e molta confusione. Sudafrica 2010, Brasile 2014: ancora una volta inciampiamo all’ultimo ostacolo. Mancano i cavalli di razza. Ci restano King, Soldatino, D’Artagnan. Torniamo a casa, la mandrakata non è riuscita.
A cura di Maurizio De Santis
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Fratelli d'Italia. Perdonate l'impudenza, ma quell'inno nazionale (la minuscola è voluta) proprio non scalda il cuore. L'avventura della nostra squadra in Brasile – poco c'importa del risultato – non può farci dimenticare che il corpo di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli ferito a colpi di pistola assieme ad altri due sostenitori prima della finale di Coppa Italia, giace in un letto d'ospedale. Attaccato alle macchine, clinicamente morto. Appeso a un filo, alle voci che rimbalzano nella Rete che gli danno l'estrema unzione e dicono che la vita s'è spenta. Poi lo resuscitano. E' uno stillicidio. Come sparargli addosso un'altra volta. Mio Dio, no. Ciro appeso a un interruttore. Il suo, che batte in petto. Tum tum, il sibilo sordo e tagliente, la linea della vita a zig zag che scandisce quell'ansia tremenda. Mio Dio, no. Gli Azzurri in campo… dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa. All'alba, dopo il disastro Mondiale in Sudamerica, la notizia del suo decesso. La famiglia del ragazzo distrutta dal dolore… stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, l'Italia chiamò. E' l'Italia di gente come lo zio di Ciro che – nonostante consumata dallo strazio – chiede giustizia, non vendetta. E rispetto per il nipote: "Nessuno utilizzi il suo nome per commettere atti di violenza". Sangue chiama sangue. Mio Dio, no. Immobile, la Nazionale mormora Mameli. Immobile accanto a Balotelli. Immobile, Prandelli che ascolta in stato di trance le note dopo il richiamo all'unità e al senso di appartenenza a un territorio che gli uruguagi hanno e noi no.

E già… vagli a spiegare che la Federazione con la quale ha rinnovato il contratto fino al 2016 (vanificato dalle dimissioni rassegnate nel dopo gara) è la stessa che, chiudendo un occhio sulle mancanze dei club, ha lasciato che gli insulti razzisti, l'odio etnico disegnato dalla geografia delle Curve, le banane lanciate in campo come le irruzioni nello spogliatoio, l'arroganza ultrà proliferassero negli stadi. Squalifico il campo ma con la sospensiva. Lo chiudo però non lo chiudo subito (scusate il gioco di parole): come minacciare un bimbo di dargli le botte con una mano e poi allungargli una caramella con l'altra. Non basta la lezione? Vi serve altro sangue per capire che avete sbagliato tutto? Vi serve altro sangue per capire che una persona con un briciolo di coscienza, dopo tutto quel che è successo, sbaracca l'ufficio, alza il culo flaccido dalla poltrona e va a casa? In silenzio. A capo chino. Non adesso, non ancora. Prima c'è da spartirsi la torta dei diritti televisivi. Poi, forse, ci saranno briciole di tempo anche per altro.

Quanto all'Italia, è stato un fallimento. Cesare, nome epico e da condottiero: dovrebbe farci sognare, nella buona come nella cattiva sorte. Dentro o fuori dal Mondiale in Brasile, si può vincere anche perdendo: quando di fronte hai un avversario come l'Uruguay di Suarez e Cavani oppure contro una modesta e generosa combriccola di semi-professionisti. Prendere gol da dilettanti per mano di un attaccante che arriva dalla Serie B del calcio internazionale e dire che è tutta colpa del caldo… aver paura della Costa Rica… per favore, siamo seri. Proviamo a esserlo, è più dignitoso. In hoc signo vinces è fatto per gli audaci che hanno una visione. Sudafrica 2010, Brasile 2014: ancora una volta non saltiamo lo sbarramento della fase a gironi. Inciampiamo all'ultimo ostacolo. Mancano i cavalli di razza. Ci restano King, Soldatino, D'Artagnan. Torniamo a casa, la mandrakata non è riuscita.

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