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Toni e Klose: i ‘vecchietti’ terribili del gol mai sazi di vittorie

Toni e Klose accomunati da trionfi e gol a pacchi, ma anche dalla voglia di non arrendersi alla carta di identità. Alle porte un finale di stagione con i fiocchi.
A cura di Mirko Cafaro
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C'è un filo sottile che lega Luca Toni e Miroslav Klose. Un filo che sembra descrivere un percorso parallelo, fatto di gol, vittorie e titoli a tutti i livelli (individuali e di squadra). Un filo che dal 2007 al 2009 si è anche incrociato al Bayern Monaco: un'avventura nella quale l'italiano ha costretto il tedesco a recitare un ruolo da co-protagonista, salvo poi varcare anticipatamente i confini germanici per fare ritorno nel Belpaese, seguito – guarda caso – qualche stagione dopo proprio da Miro, attratto dalle sirene della Capitale, sponda laziale.

Toni-Klose fa rima con Scarpa d'Oro, che il primo ha vinto nel 2005/2006 grazie ai 31 gol con la Fiorentina e il secondo in occasione dei Mondiali 2006 con cinque realizzazioni che spinsero la Germania fino al terzo posto, ma anche con Coppa del Mondo nella quale hanno trionfato rispettivamente nel 2006 e nel 2014. Luca e Miro, però, hanno anche un'altra cosa in comune: la voglia di non arrendersi alla carta d'identità, l'orgoglio di continuare a essere leader delle rispettive squadre, guidate al raggiungimento degli obiettivi stagioni a suon di gol e prestazioni con i fiocchi.

Il primo, classe '77, ha trovato una seconda giovinezza a Verona: 20 gol lo scorso anno, 15 in questo che gli consentono di guardare ancora una volta da vicino il trono di goleador principe del campionato, a due lunghezze da Tevez e a una da Menez. Il secondo, di un anno più giovane, dopo una stagione da comprimario per effetto della crescita esponenziale di Djordjevic, ha ripreso le redini dell'attacco nel momento clou della stagione, con i biancocelesti a caccia di un posto Champions, sospinti anche dalle sue reti che, con nove giornate ancora da disputare, sono salite a quota nove. Per entrambi la certezza di poter aggiornare le cifre, di qui a fine stagione, anche grazie a due squadre che giocano per i loro leader, ampiamente ricambiate da prestazioni generose e di livello, utili a finalizzare il gioco. Insomma, una volta di più lo possiamo dire senza timore di smentita: gallina vecchia fa buon brodo.

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