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Ti ricordi di… Walter Casagrande: che fine ha fatto la rockstar dell’area di rigore

La storia di Casagrande è legata a doppio filo alle prodezze, poche, e alle disavventure fuori dai campi da gioco. I tifosi di Ascoli e Toro ricordano con piacere le gesta del centravanti brasiliano che se non avesse fatto il calciatore sarebbe stato (forse) una rockstar perfetta.
A cura di Vito Lamorte
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Ci sono molti calciatori nella storia che sono entrati nelle menti dei tifosi non soltanto per le gesta sul rettangolo verde ma per il loro tenore di vita. Tra questi c'è sicuramente Walter Junior Casagrande. Brasiliano, centravanti di manovra dal fisico imponente e dotato di una discreta progressione con le quali sopperiva una scarsa agilità, Casao viene ricordato soprattutto per la sua grande abilità nel colpire di testa ed era molto apprezzato dagli allenatori che lo hanno avuto a disposizione per la suo propensione al gioco di sponda sia di testa che di piede. Casagrande aveva tutte del caratteristiche del centravanti Anni' 80 che molti tecnici avrebbero voluto all'epoca. Oltre alle qualità calcistiche, il brasileiro è stato molte volte al centro di vicende di cronaca.

"Mi sono fatto di tutto. Cocaina, eroina, canne, tequila, doping: per 20 anni ho giocato alla roulette russa". Questa la confessione dell'attaccante di San Paolo al termine della sua carriera. Una notizia che non sconvolse nessuno perchè le sue abitudini erano ben note ma la confessione fu davvero toccante. Casagrande iniziò la sua carriera nel 1980 nel Corinthians dove a intervalli regolari tornò dopo due esperienze al Caldense e al San Paolo. Con il Timao giocò 256 partite segnando 102 gol con il Corinthians ma nel 1986 venne venduto in Portogallo, al Porto.

Casao, la politica e la droga

Quando giocava nel Corinthians fondò ‘Democracia Corinthiana' insieme a Socrates e altri calciatori. Nello stato più grande dell'America Latina c'era la dittatura militare e la parola Democrazia era vietata ma con quel movimento riuscirono a gridare al mondo la loro voglia di un Brasile libero. Casagrande venne spesso accusato di essere troppo politicizzato ma questa cosa non importava. Agli esordi viveva in una sorta di bolla costituita da sesso-droga-rock e pallone ma la trappola era dietro l'angolo: a soli 19 anni lo trovarono con diversi grammi di cocaina e saltò i Mondiali del 1982. Secondo la sua opinione, quella volta "fu tutto preordinato tant' è vero che i miei amici furono subito rilasciati e il giudice mi assolse per mancanza di prove". Era un periodo in cui il giocatore si occupava di politica e nel suo ambiente l' intervento della polizia fu spiegato con la volontà di "incastrarlo" in qualche modo. Ma i problemi con la droga non finirono lì.

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L'approdo in Europa

Fu notato dal Porto, che lo condusse in Europa e lo tenne con sè giusto il tempo di vincere la Coppa dei Campioni nel 1987. Walter Casagrande non prese parte alla finale contro il Bayern Monaco perché infortunato ma la sua annata non fu affatto positiva: molti infortuni, poche presenze e pochissimi gol.

L'Ascoli di Rozzi

Dopo una stagione in Portogallo, l'arrivo in Italia. Casagrande venne acquistato dall'Ascoli. Il presidente Costantino Rozzi lo pagò un miliardo di lire e nelle sue quattro stagioni in terra marchigiana, delle quali tre in Serie A e una in Serie B, realizzò 38 reti in 96 gare. Ad Ascoli Casao è un vero e proprio idolo e ha voluto ricordare il suo primo periodo italiano in un’intervista a “La tribù del calcio”, dove ha raccontato la sua esperienza in bianconero: "I primi anni in Europa furono una sorta di apprendistato per arrivare in Italia.Mi sono trasferito ad Ascoli nel 1987: lì ero davvero un idolo e lo sono tuttora: la città era piccola e stupenda. Sono stato benissimo, ai piedi delle montagne e vicino alle spiagge. Ho solo bei ricordi. Avevo un ottimo rapporto col presidente Rozzi. Nei quattro anni insieme ci furono anche discussioni: era esplosivo. Una volta, quando la squadra andava male, rilasciò un’intervista nella quale attaccava soprattutto me perché ero considerato il migliore e quindi la responsabilità era mia. Allora lo incontrai e gli dissi: Se vuoi giocare metti la maglietta e gioca, anche se io non so costruire stadi e palazzi come te. La prese bene: fu fantastico vivere quattro anni con lui, è stato uno dei migliori presidenti che abbia avuto. Il rapporto con i tifosi ascolani? Era ottimo. Noi ce la mettevamo tutta sempre e davamo il massimo anche se la squadra non era molto forte, loro vedevano il mio impegno".

https://www.youtube.com/watch?v=eF2beidrxsI

In un'altra intervista, questa volta al Resto del Carlino, raccontò della sua ultima stagione ad Ascoli dopo la retrocessione dalla Serie A: "Quando retrocedemmo, nel '90, (Rozzi) mi disse ‘non posso tenerti con questo ingaggio'. Gli dissi ‘presidente non preoccuparti, troveremo un accordo: andrò via solo dopo aver riportato il Picchio in A'. Così facemmo un contratto a obiettivi, una novità assoluta per l'epoca: se avessi superato le 30 presenze, i 20 gol e se fossimo tornati in A. Feci 33 presenze, 22 gol e venimmo promossi".

Toro, la cavalcata in UEFA

Nel club bianconero Casagrande giocò fino al 1991, per poi trasferirsi al Torino in cambio di 5 miliardi. Il centravanti brasiliano viene ricordato dagli appassionati di calcio soprattutto per il modo in cui trascinò il Toro fino alla finale di Coppa UEFA nel 1992, quando si tolse lo sfizio di eliminare persino il Real Madrid in una doppia semifinale destinata a restare nella storia. Era il Torino di Emiliano Mondonico, Scifo, Martin Vazquez, Cravero, Lentini e un giovanissimo Christian Vieri. I granata, dopo una cavalcata spettacolare ed entusiasmante, si arresero all’Ajax e alla sfortuna, in una doppia finale di rimonte, di legni e maledizioni. Casagrande fece a sportellate con le difese di mezza Europa ma questò non bastò a regalare al Torino quella che sarebbe stata un’impresa meritata. Il trofeo continentale finì nella bacheca dell’Ajax e il Toro fu costretto ad assaporare la sconfitta.

Un altro momento indimenticabile con la maglia granata fu il derby della Mole.Era il 5 aprile 1992 quando Casagrande con una doppietta da vero centravanti regalò la vittoria della stracittadina ai tifosi del Toro che ricordano la gara come se fosse stata giocata ieri.

I demoni di Walter

Rientrò in Brasile e chiuse la carriera da calciatore tra Flamengo, Corinthians, Paulista e Sao Francisco, ma ricadde negli stravizi e nel suo libro “Casagrande e i suoi demoni” si liberò di tutto: “Mi sentivo tremendamente vuoto e cercavo rifugio nella droga. In una sola sera ero capace di sniffare 3 grammi di cocaina e poi iniettarmi una dose di eroina, fumarmi una canna e bermi una bottiglia di tequila. Per vent’anni ho giocato alla roulette russa, copiando quella spinta all’autodistruzione che vedevo nei miei miti del rock: da Jim Morrison a Janis Joplin e Jimi Hendrix”. Nel 2007, dopo quattro overdosi e il ricovero in clinica per oltre un anno, Casagrande si ripulì e ha lavorato come commentatore sportivo per la televisione brasiliana Rede Globo. Walter, sempre all’interno della sua biografia, certifica la sua maledizione rivelando pure i misfatti del doping e della camera di sabotaggio dove alcune società, senza dire quali, lo avevano costretto a fare ingresso.

Casagrande lo scorso 30 maggio è stato ricoverato a causa di un infarto cardiaco ma dopo l'intervento chirurgico di cateterismo e angioplastica le sue condizioni sono migliorate ed ha voluto ringraziare i suoi fans con un tweet per i messaggi d'affetto ricevuti nei giorni precedenti. Un commento sintetico ma intenso da parte dell'ex attaccante: "Sentendo il peso dell'età…". Un messaggio che ha spinto i suoi seguaci a stringersi ancora di più intorno all'ex idolo e dare la giusta carica ad un calciatore che nella vita ha commesso molti errori ma che rimarrà sempre nel cuore dei tifosi che lo hanno amato.

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