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Supercoppa, dure critiche per il divieto alle donne. Miccichè tira dritto e si difende

Dopo la scelta di giocare la finale di Supercoppa italiana in Arabia Saudita, e la decisione degli organizzatori di proibire l’accesso in alcuni settori dello stadio alle donne, le critiche e le polemiche non accennano a diminuire. Nelle ultime ore è sceso in campo anche il presidente della Lega di Serie A, Gaetano Miccichè, che nonostante l’imbarazzo e lo sdegno generale si è difeso gonfiando il petto: “La nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo”.
A cura di Alberto Pucci
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La bufera scatenata dal divieto d'ingresso alle donne in alcuni settori del "King Abdullah Sports City Stadium", l'impianto di Gedda che ospiterà la finale di Supercoppa italiana del prossimo 16 gennaio tra Juventus e Milan, è ancora ben lontana dal placarsi ed è anzi stata ingigantita dalle ultime dichiarazioni del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e dell’ex presidente della Camera, Laura Boldrini: mai così uniti per protestare contro una decisione che calpesta i diritti civili delle donne e che va ben oltre una semplice partita di calcio.

A rendere pubblica la notizia è stato il comunicato della Lega di Serie A emesso nella giornata di ieri. Nel documento inviato a tutti gli organi di stampa, è stato infatti messo in risalto come nei settori dello stadio denominati "Singles" possano entrare solo gli uomini, mentre quelli "Families" siano misti per uomini e donne e dunque accessibili anche alle tifose.

In quali stadi possono entrare le donne

Se è vero che un piccolo passo in avanti è già stato fatto nello scorso ottobre, quando per volere dell'erede al trono Mohammed Bin Salman, figlio prediletto di Re Salman, venne data la possibilità alle donne di entrare in uno stadio saudita, è altrettanto vero che c'è ancora molta strada da fare per mettere fine a queste ignobili restrizioni nel confronti del gentil sesso. Per secoli costrette a non frequentare luoghi pubblici e a dover chiedere il permesso ad un maschio della famiglia (normalmente il padre, il marito o il fratello) per studiare, viaggiare o lavorare, le donne possono dunque entrare in solo tre stadi (quello internazionale di Re Fahd a Riad; quello di Re Abdullah a Gedda e quello dedicato al principe Mohammad bin Fahd a Dammam), e prendere posto soltanto in settori a loro "dedicati".

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La risposta della Lega calcio

A poche ore dal terremoto mediatico provocato dalla notizia, il presidente della Lega di Serie A ha così voluto rispondere pubblicamente per difendere la scelta di giocare la finale in Arabia Saudita: "Il sistema calcio non può assurgere ad autorità sui temi di politica internazionale, né può fare scelte che non rispettino il sistema Paese – si legge nella nota pubblicata dalla Lega – Al contrario, è un fondamentale supporto alla promozione del made in Italy e dei suoi valori. Il calcio non fa politica, ma ha un ruolo sociale, in questo caso di veicolo di unione e comunanza tra popoli che non ha uguali in nessun altro settore".

"Ogni cambiamento richiede tempo, pazienza e volontà di confronto con mondi distanti. Fino allo scorso anno le donne non potevano assistere ad alcun evento sportivo, da pochi mesi hanno accesso ad ampi settori dello stadio, che hanno iniziato a frequentare con entusiasmo, e noi stiamo lavorando per far sì che nelle prossime edizioni che giocheremo in quel Paese possano accedere in tutti i posti dello stadio. E voglio precisare che le donne potranno entrare da sole alla partita senza nessun accompagnatore uomo, come scritto erroneamente da chi vuole strumentalizzare il tema: la nostra Supercoppa sarà ricordata dalla storia come la prima competizione ufficiale internazionale a cui le donne saudite potranno assistere dal vivo".

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