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Stalker condannato, Quagliarella in lacrime: Napoli, ora chiedigli scusa

I tifosi lo accusarono di tradimento per aver abbandonato la maglia azzurra e scelto la Juventus. Dopo la condanna dello stalker, lo sfogo in diretta tv: “A Napoli stavo bene. Adesso tutti sanno perché sono andato via”.
A cura di Maurizio De Santis
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A Napoli avevano affibbiato a Fabio Quagliarella il numero 71, il numero che nella tradizione della smorfia partenopea identifica l'uomo senza virtù, biasimevole, da disprezzare. Una persona senza spessore morale e senza dignità, l'omm ‘e mmerd secondo la vulgata. Quell'epiteto lo ha accompagnato a lungo anche a causa del suo trasferimento alla Juventus, nemica (sportiva) storica degli azzurri. Una sorta di predecessore di Higuain, che pure quando è andato via dal Golfo è stato salutato con l'etichetta di traditore.

All'attaccante della Sampdoria, però, andrebbe chiesto scusa considerato che – al netto degli errori che un calciatore può commettere oppure dei periodi poco felici nel corso di una carriera – in quella città dove credeva di poter finalmente competere per traguardi più importanti ha vissuto momenti difficili. Lui, napoletano di Castellammare di Stabia, ha dovuto sopportare ben altro che i fischi dei tifosi, i mugugni di una piazza esigente oppure il tiro mancino della malasorte.

Nell'intervista a Sky Sport il calciatore ha tolto quella pietra che era stata piazzata apposta sul cuore da un balordo e un peso dallo stomaco. Le lacrime versate in diretta tv sono state la testimonianza diretta, visibile finalmente a tutti, della sofferenza provata nel periodo in cui ha giocato con addosso la maglia della squadra alla quale ambiva da ragazzo. Un sogno divenuto un brutto incubo, come lui stesso lo ha definito raccontando la vicenda extra-calcistica.

In settimana infatti è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione, interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e risarcimento dei danni in separata sede, Raffaele Piccolo, il poliziotto stalker della Postale che era finito sotto processo. "Oltre alle minacce a me e alla mia famiglia – ha ammesso Quagliarella -, arrivarono lettere anonime al Napoli in cui venivo descritto come un camorrista oppure un pedofilo. Adesso tutti sanno cosa ho passato e perché sono andato via. A Napoli stavo bene. Il mio addio ha avuto delle motivazioni ben diverse rispetto a quelle di cui si parlava all’epoca".

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