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Spagna, i giocatori si ribellano ai match negli Stati Uniti: “Non siamo merce di scambio”

Dopo l’accordo tra la Liga e la multinazionale statunitense “Relevent”, che prevede la disputa ogni ano di una partita del campionato spagnolo in uno stadio nordamericano, l’associazione calciatori è scesa dal piede di guerra: “Non prenderemo decisioni avventate, ma non escludiamo nulla Nemmeno lo sciopero. Non possiamo essere merce di scambio per ottenere sempre più denaro”.
A cura di Alberto Pucci
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C'era da aspettarselo. La decisione della Liga spagnola di far disputare alcune partite del campionato in terra statunitense, per promuovere il prodotto ma soprattutto per generare introiti economici, non è piaciuta per niente ai calciatori. Nelle prossime ore, i decibel della protesta di Messi e colleghi saliranno dunque di livello grazie alla riunione dei capitani delle 20 squadre del massimo campionato spagnolo: già in programma presso la sede dell’AFE, l'associazione calciatori iberica.

I termini del contratto

L'accordo tra i vertici del calcio spagnolo e la multinazionale statunitense "Relevent", che prevede la disputa di una partita a stagione fino al 2033 in uno stadio nordamericano, non ha dunque trovato il consenso dei giocatori: già sul piede di guerra per la decisione di spalmare il programma del campionato 2018-2019 dal venerdì al lunedì. L'intesa tra le due parti dovrebbe essere valida già per questa stagione, anche se luogo, data e nomi delle squadre coinvolte sono ancora sconosciuti. Facile pensare che le prime formazioni ad essere costrette al viaggio intercontinentale possano essere Real Madrid e Barcellona: le più conosciute negli Stati Uniti.

La rabbia dei giocatori

L'Asociación de Futbolistas Españoles, che non ha gradito il fatto di essere stata informata solo a contratto firmato, ha così esposto le sue ragioni attraverso le parole del presidente: "Siamo sorpresi e indignati. Sembra che sia solo una persona che muove le corde del calcio spagnolo – ha dichiarato David Aganzo – Il calcio spagnolo non è solo soldi e commercio. Gli appassionati e gli arbitri meritano rispetto, ma Javier Tebas (il presidente della Lega spagnola, ndr) purtroppo vede il calcio solo come un business. Ora dobbiamo ragionare e non prendere decisioni avventate, ma non escludiamo nulla. Compreso lo sciopero, perché i calciatori non sono merce. Non possiamo essere merce di scambio per ottenere sempre più denaro. Parleremo nei prossimi giorni, metteremo tutte le carte sul tavolo e porteremo avanti quello che deciderà la maggioranza".

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