Siviglia e Inter, perché Allegri ha avuto poco coraggio
Che sta succedendo ad Allegri? Due partite, due indizi, possono essere solo una coincidenza. Ma c'è un filo rosso che lega le scelte del tecnico bianconero contro Siviglia e Inter. Scelte conservative, per adattarsi e non per imporsi, anche a costo di lasciare in panchina un patrimonio da 90 milioni. Scelte per non perdere. E' questa l'impressione più forte che lasciano gli ultimi 180 minuti della Juve, una sostanziale e alla lunga determinante mancanza di coraggio.
Perché Mandzukic – Il turnover di San Siro non si può certo spiegare con la sottovalutazione dell'avversario, né come già si ironizzava sui social network con la volontà di far riposare Higuain contro l'Inter per averlo più fresco contro il temibile Cagliari. Quella che a posteriori si rivela come la scelta più controversa nel derby d'Italia è in realtà una mossa comprensibile se si guarda al quadro complessivo. Mandzukic infatti è un attaccante che interpreta il ruolo di prima punta in maniera decisamente diversa dal Pipita. Con lui in campo, logica vuole che aumentino le sponde per Dybala, che aumentino le occasioni in cui l'attaccante tiene palla fra le linee e fa salire la squadra. Perché il 4-2-3-1 di De Boer, con i disagi di Medel mostrati finora con questo modulo, è vulnerabile proprio alle spalle dei due centrocampisti, quando si aprono gli spazi sulla trequarti e la difesa rimane esposta sui ribaltamenti rapidi.
Sfruttare la trequarti – E' la prestazione, però, che viene a mancare. Il contributo di Mandzukic, che certo avrebbe potuto e dovuto giocarsi meglio un'occasione importante anche per risalire nelle gerarchie di Allegri, si riduce ad appena 21 tocchi, tutti lontano dall'area di rigore. Troppo poco, anche per esaltare l'imprevedibilità di Dybala, che prova ad accendere la squadra con i contromovimenti a venire incontro quasi da trequartista aggiunto, a cercare spazio fra il mediano avversario e il terzino più vicino.
Lichsteiner per proteggere la fascia – Lo stesso principio anima, si può dire, la decisione di schierare dall'inizio Lichtsteiner e Asamoah. Al di là del differente contributo in termini di prestazione, il primo segna il gol del vantaggio con l'unico pallone che tocca nell'area avversaria, il secondo regala la palla da cui nasce il 2-1 dell'Inter, è identica la ratio che ne motiva l'utilizzo. Lichsteiner garantisce più equilibrio e copertura visto che da quella parte si muove Eder, Asamoah garantisce più vigore fisico di Lemina, utile per non lasciare troppo campo libero a una mezzala atletica, dinamica e universale come Joao Mario. La tattica funziona a metà, l'Inter infatti finisce per sviluppare il gioco soprattutto sulla destra, dalla parte di Candreva. Guardando il quadro d'insieme, comunque, al di là della prestazione dei singoli, il principio rimane: Allegri ha scelto una formazione che appare più pensata per neutralizzare i punti forti degli avversari che per esaltarne le debolezze.
Preoccupazioni – E' la stessa concezione che ha portato al discusso undici di mercoledì contro il Siviglia. Si spiegava così l'esclusione di Pjanic, con la volontà di avere un uomo dalla vocazione più difensiva tra il centrocampo e la difesa, dove Sampaoli tende a costruire superiorità numerica attraverso i tagli delle mezzeali e i rientri degli attaccanti esterni. Era servito un intero primo tempo, allora, e l'improduttivo passaggio degli spagnoli alla difesa a tre, per cercare un approccio in campo un po' meno conservativo.
Oggi il baricentro della Juve è rimasto basso per tutto l'incontro. E' mancata, quello sì, un'attenta copertura su Banega. E' mancata soprattutto la convinzione di poter far male, anche se sulla prima davvero stile-Juve del primo tempo, Khedira ha sprecato l'occasione più pericolosa dei primi 45 minuti. E sulla seconda è maturato il gol del vantaggio.
Rallentare senza accelerare – Segno che l'Inter, sicuramente migliorata e motivata rispetto alle prime uscite in campionato, qualcosa da sistemare in fase difensiva ce l'ha ancora, che quegli spazi aperti e non al meglio sfruttati dal Pescara non sono ancora chiusi del tutto. Ma la Juve ha preferito aspettare, ha pensato di controllare, di impedire ai nerazzurri di sviluppare il proprio gioco migliore. Ha giocato con la stessa filosofia con cui Battisti viaggiava, rallentando per poi accelerare. Ma si è fermata al primo tempo, alla fase uno.
4-3-3 tardivo – Il ricorso a Pjaca e il passaggio al 4-3-3 è diventato così una mossa disperata per cercare di raddrizzare la partita negli ultimi dieci minuti. Invece, proprio alla luce dello sviluppo del match, avrebbe potuto pagare di più se applicata magari all'intervallo. Così facendo, l'Inter non avrebbe più avuto superiorità numerica sulle fasce, dove ha fatto la differenza soprattutto sull'asse D'Ambrosio-Candreva, e si sarebbero ridotte le opzioni, le linee di passaggio per Joao Mario e Banega. In più, non avendo a disposizione ali pure, Allegri si sarebbe ritrovato sulle fasce, nel trio d'attacco, Dybala e una seconda punta, e a quel punto avrebbe potuto effettivamente ottenere la superiorità numerica desiderata fra le linee. Proprio quel risultato che ha invano inseguito con la promozione di Mandzukic.
Snodo scudetto a parole – L'aveva detto alla vigilia, l'aveva ripetuto con forza e vigore, Allegri: anche se è solo la quarta giornata, è uno snodo per lo scudetto. Eppure, contro una squadra in cerca di riscatto che però arriva al primo big match della stagione con più dubbi che certezze, con un tecnico appena arrivato e già in bilico, la Juve non affonda il colpo. Lascia l'iniziativa agli avversari, e così inevitabilmente li carica, ne aumenta convinzione e motivazione. Non è il turnover in sé in discussione, con il primo turno infrasettimanale alle porte la rotazione dell'undici titolare è un passaggio quasi obbligato. Ma il messaggio che Allegri ha lanciato con la formazione di mercoledì e soprattutto di oggi.
Verdetti – Due partite in cui la Juve partiva favorita, in cui ci si aspetta che siano gli altri ad adattarsi alla prima della classe. E invece, anche nel primo scontro per lo scudetto, Allegri è il primo ad adattarsi, a piegarsi. De Boer, infatti, non cambia idea rispetto a quella che si può definire la sua formazione base, quella di Pescara (ha esagerato con le rotazioni in Europa League, ma questa è un'altra storia). De Boer dà fiducia, comunica la convinzione che la sua squadra così com'è può mettere in difficoltà i cinque volte campioni d'Italia.
I cinque volte campioni d'Italia, con gli uomini e con le opere, con l'atteggiamento in campo e l'interpretazione della partita, dimostrano invece di essere preoccupati dalle motivazioni nerazzurre, dalla visione di gioco e dall'aggressività che chiede De Boer. Un'inversione di ruoli che alla lunga potrebbe costare più dei tre punti lasciati a San Siro.