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Giovani sconosciuti e vecchi campioni, quando in A lo straniero è (quasi) inutile

Nell’esercito dei nuovi arrivati in Italia, in pochissimi si stanno rivelando decisivi. Il tutto per la disperazione dei club e per la goduria del nuovo presidente Carlo Tavecchio.
A cura di Alberto Pucci
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L'esterofilia calcistica, è una malattia dalla quale l'Italia non riesce proprio a guarire. L'ultima sessione di mercato, quello estivo per intenderci, ha regalato ai tifosi italiani la bellezza di più di 80 giocatori stranieri: nuove facce che, secondo gli illuminati dirigenti italiani, avrebbero dovuto aggiungere qualità al nostro calcio. Nonostante sia ancora presto per emettere sentenze definitive, se il buongiorno si vede dal mattino non c'è da stare allegri. Del plotone giunto in Italia, pochi (anzi pochissimi) si stanno rivelando decisivi e qualitativamente all'altezza del nostro calcio. Dai più giovani (spesso sconosciuti) alle vecchie glorie, passando da talenti purissimi (almeno così ci hanno detto) che dovrebbero esplodere nel nostro campionato. Dalla A di Aguirre (attaccante dell'Empoli) fino alla Z di Zapata (centrocampista dell'Udinese), c'è tutto un universo di nomi stranieri che, in questa estate, ha cambiato maglia e città. Un'invasione che, certamente, non farà piacere ad Antonio Conte e al presidente federale Tavecchio: entrambi paladini di una crociata anti straniero che, al momento, pare impraticabile.

Il cimitero degli elefanti – I giocatori più attesi sono, ovviamente, quelli dal pedigrée più importante. La Serie A italiana, purtroppo, è diventata una specie di rifugio per molti di loro: specialmente per chi non ha più l'appeal di un tempo. Nella scorsa estate sono arrivati i vari Richards, Evra, Vidic, Torres, Menez, Keita, Cole e Saviola: ex top player che, fino a qualche anno fa, mai si sarebbero sognati di fare il visto per entrare nel nostro paese. Di questi, al momento, in pochi hanno fatto la differenza. Anzi, molti di loro stanno dimostrando che all'età anagrafica e alla ruggine accumulata negli ultimi anni, non c'è rimedio. Oltre ai vecchi elefanti del calcio internazionale, ci sono anche le giovani promesse fino ad ora ancora inespresse come Marin della Fiorentina, Lestienne del Genoa, Coman e Morata della Juventus (ma i bianconeri sembrano un passo avanti rispetto ad altri) e van Ginkel del Milan, un gruppone di giocatori già visti (Medel, M'Vila, De Vrji, Michu, gli esempi più lampanti) che, al momento, non hanno portato valore aggiunto alle loro squadre e una "batteria" di perfetti sconosciuti che rischiano, solo perché stranieri, di portar via il posto a decine di giocatori italiani. Tra questi, per fortuna, c'è anche chi (zitto, zitto) è riuscito ad avere il suo quarto d'ora di gloria: il veronese Artur Ionita, il primo giocatore moldavo della Serie A. Il gol decisivo, contro il Torino, gli ha reso giustizia dopo un'adolescenza piena di problemi.

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