Ronaldo, che numeri: le magie del Fenomeno brasiliano
Ci sono calciatori che hanno segnato un vero spartiacque nel calcio del 1900 e uno di questi è Luís Nazário de Lima conosciuto semplicemente come Ronaldo. Insieme agli altri due che hanno riscritto l’ultimo trentennio del futbol del 1900 (faccio riferimento a Johan Cruijff e Diego Armando Maradona) ha in comune il passaggio in una nota squadra spagnola ma la sua storia e la sua carriera, sia prima che dopo, è “differente”. La stessa parla viene utilizzata da tutti gli allenatori e i giocatori che ci hanno giocato insieme o contro: Ronaldo è “differente”. Penso che nessun possa obiettare che il brasiliano sia stato uno degli attaccanti più forti di sempre e il precursore di quello che oggi viene chiamato “calcio moderno”.
Ronaldo giocava ad una velocità incredibile alla quale abbinava esplosività, tecnica e un fisico che gli permetteva di lottare contro i difensori di tutto il mondo. Ronaldo era un giocatore “differente” perché sembrava poter oltrepassare anche le pareti in alcune partite: le gabbie e le marcature a uomo pensate dagli allenatori avversari saltavano sistematicamente. Era incontenibile.
La grandezza di Ronaldo stava anche nel sapersi assentare dalla partita e far credere al proprio marcatore di essere assolutamente innocuo per poi infliggere il colpo nel momento non previsto: un felino che se ne sta buono per i fatto suoi e poi ti attacca in maniera mortale. Il Fenomeno abbinava la classe e le giocate brasiliane alla velocità e la cattiveria degli attaccanti europei: prima degli infortuni era come se avesse un motore diverso da quello di tutti gli altri e lo riusciva a sfruttare nel miglior modo possibile ma i guai fisici lo hanno toccato profondamente e, nonostante rimasse letale negli ultimi 16 metri, si era trasformato in un’altra cosa. Questo è sempre stato, a mio modo di vedere, Ronaldo.
Siamo tutti Robson
12 ottobre 1996, settima giornata della Liga spagnola, il Barcellona è di scena a Compostela. Un ventenne con la maglia numero 9 blaugrana parte da dietro la sua metà campo palla al piede e scarta qualsiasi essere umano che cerchi di opporsi a lui. La sua corsa verso l'obiettivo è irrefrenabile, il San Lázaro di Santiago di Compostela è in estati e Bobby Robson, quando vede la palla entrare sul primo palo, scatta in piedi dalla panchina e si mette le mani nei capelli perdendo il suo stile british. Questo, probabilmente, è successo a tutti coloro che hanno visto nella loro vita almeno una partita di Ronaldo. Riusciva sfuggire ad ogni logica, ogni schema: un talento purissimo.
Questo ragazzo di Rio de Janeiro era un vero prodigio e lo ha dimostrato ovunque: Olanda, Spagna e Italia senza nessuna differenza. Al suo approdo in Europa si consacra al PSV Eindhoven e una gara di Coppa UEFA contro il Bayer Leverkusen già lo porta sul grande palcoscenico del Vecchio Continente. La cosa più bella di quella serata, oltre alla mirabolante tripletta del Fenomeno, sono i tifosi olandesi che cantano “Ronaldo oh-oh-Ronaldo oh-oh-oh” parafrasando “Volare”.
L’anno al Barcellona è devastante. Si potrebbero far vedere diverse situazioni della stagione 1996/1997 ma quella in cui il numero 9 impressiona di più è la trasferta di Copa del Rey al Vicente Calderon dove fa impazzire un reparto intero, prende due legni, realizza tre goal e manda in rete Luis Figo. Imprendibile.
Il capitolo Inter nella storia di Ronaldo è stato fondamentale e, allo stesso tempo, anche po’ triste per come si è concluso dopo nell'estate del 2002. Durante le stagioni in nerazzurro le giocate e i goal non sono mancati i tifosi della Beneamata ricordano quei momenti come se parlassero di un figlio o di un fratello. e solo il passaggio al Milan ha scalfito il loro amore incondizionato per il brasiliano. Per capire l’impatto di R9 sulla Serie A basta vedere il modo in cui riesce a dribblare i difensori del Parma sulla linea di fondo. Devastante.
Nonostante il periodo del Real Madrid viene un po’ preso sottogamba da molti osservatori del ‘magico' mondo del calcio, quello alla Casa Blanca è stato il momento più continuo della carriera dell’attaccante di Rio de Janeiro: 177 gare e 104 reti. Un vero e proprio uragano.
Un giocatore normale?
Non si è fatto mancare niente Ronaldo: dalla vetta più alta del calcio al ripetuto rischio di non poter più giocare. Non gli è mai piaciuto stare nel mezzo, ad un'altezza in cui si sta bene. Molti dei suoi colleghi hanno sempre affermato che lui facesse un altro sport ed era qualcosa che andava oltre al semplice gioco del pallone. Probabilmente nessuno è riuscito a regalare le stesse emozioni che quel ragazzo brasiliano ha dato agli amanti del futbol negli ultimi anni del 1900. Da quel maledetto 1998, l'anno dei primi infortuni, ne è passato di tempo ma in molti si chiedono cosa sarebbe successo se non avesse avuto tutti quei problemi: Ronaldo sarebbe diventato il più forte giocatore della storia del calcio? Rivedere le immagini di cinque momenti della carriera del Fenomeno ci ha dato la possibilità di viaggiare nel tempo ma il dubbio persiste ancora oggi. Purtroppo, rimarrà tale.