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Roma si gode l’imperatore del gol, Edin Dzeko: “Segnare è tutto”

Il bomber della Roma si gode il suo momento più bello, quello del riscatto. Dopo una stagione d’assestamento in cui ha ricevuto feroci critiche, oggi è capocannoniere di Serie A con 10 reti oltre ad averne segnati altri 2 in Europa League. Un predestinato del gol: “Da ala destra segnavo a valanga, devo tutto ai miei genitori”
A cura di Alessio Pediglieri
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Edin Dzeko da bidone a campione. Nel giro di 18 mesi. E' questo il riassunto dell'attuale avventura giallorossa del bomber bosniaco che ha trasformato la sua presenza alla Roma e nel nostro campionato da semplice flop a campione capace di fare la differenza. Un'evoluzione figlia della costanza e testardaggine di chi sa perfettamente le proprie qualità e la propria forza, in grado di convincere società e tecnico in estate a non cederlo, ascoltando le critiche, ma a puntare su di lui e sulla sua voglia di riscatto. Che lo ha portato ad essere oggi con 10 gol in Serie A il miglior attaccante del torneo.

Un bomber con il calcio e il gol nel proprio DNA. Cresciuto a suon di sport malgrado la guerra in Bosnia, il giovane Edin inizia a cimentarsi tra basket e atletica. Corre i 100 metri, sotto canestro è devastante ma verso i 10 anni scocca la scintilla per il pallone. E trova subito l'appoggio dei propri genitori, non appena la guerra finisce e le difficoltà diventano minori: "Siamo rimasti sempre in Bosnia durante la guerra, è stata dura. Quando è finita i miei genitori mi hanno accompagnato ai primi allenamenti.  Ho iniziato a giocare grazie a loro a 10 anni, che a pensarci bene è quasi tardi. Sono loro i miei primi e più grandi fan: da quel momento mi hanno sempre seguito, nei momenti migliori e in quelli peggiori erano sempre accanto a me”.

Un predestinato dal gol facile, perché il giovane Edin grazie alla sua imponente corporatura unita alla velocità si fa subito notare, a suon di reti. Fino al debutto nel calcio professionistico, primo trampolino di lancio per trovarsi oggi nel calcio che conta: "Erano tempi difficili, ma ho iniziato e guarda sono arrivato ora, 20 anni dopo! All’inizio ero un classico numero 7: l’ala destra. Segnavo tantissimo in quel ruolo e quindi poi hanno deciso di mettermi in attacco.  Mio padre mi ha portato allo Zeljeznicar e da lì è iniziato tutto. La mia prima gara da professionista fu una trasferta, nella quale stavamo perdendo 2-1. L’allenatore mi fece entrare a dieci minuti dalla fine chiedendomi di segnare due reti. Sfortunatamente non ci riuscii".

Quindi gli anni d'oro con il Manchester City fino all'avvento italiano, con i colori della Roma dove il debutto è stato difficile ma oggi è tornato a splendere il sole. Un decennio trascorso tra i campi d'Europa insieme a compagni di squadra e contro avversari fortissimi: "Il più bello stadio dove abbia mai giocato è il Bernabeu, uno stadio magico. L'avversario più forte? Se devo fare un nome indico Sergio Ramos: l'ho affrontato sia col City che con la Roma e per me è tra i migliori al mondo. Il compagno di squadra migliore? The Little Magician, David Silva capace di fare cose incredibili con la palla al piede".

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