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Roma, Lotito provoca: “Lo stadio giallorosso? In quella zona, ci pascolavano i cavalli!”

Il numero uno biancoceleste spara a zero sui “cugini” e rivendica la difficoltà di vivere (calcisticamente parlando), in una città dove tutte le principali istituzioni sportive sono di fede giallorossa.
A cura di Alberto Pucci
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Se esistesse un torneo dedicato al sarcasmo, Claudio Lotito sarebbe sempre campione d'Italia "ad honorem". Reduce dalle polemiche (anche ironiche) sulla sua felpa della nazionale e sul suo nuovo rapporto (professionale) con Carlo Tavecchio, il numero uno della Lazio si è divertito a prendere in giro i suoi rivali, in un'intervista recentemente concessa ai colleghi del "Corriere della Sera". Atteso nelle prossime ore negli uffici milanesi della Lega Calcio, per un'altra infuocata riunione di Lega, Claudio Lotito ha commentato l'imminente inizio lavori del nuovo stadio giallorosso: "La società romanista costruirà lo stadio a Tor di Valle, dove venivano portati a pascolare i cavalli – afferma scherzosamente Lotito – Io, però, della Roma non vorrei parlare, anche perché’ dovrei parlare pure dei conti della club giallorosso". Una dichiarazione che farà certamente "schiumare" di rabbia James Pallotta, fiero del progetto che ha presentato mesi fa alle istituzioni della Capitale: "Non è facile fare il presidente della Lazio questa città, dove D’Alema è della Roma, il presidente del Coni Malagò è della Roma. Io, però, me ne frego, reagisco e vado avallanti per la mia strada".

Un futuro da politico? – Il recente insediamento di Lotito, nei vertici della Figc, apre nuovi scenari al vulcanico presidente biancoceleste. In molti, infatti, vedono in questo suo nuovo ruolo l'inizio di un'eventuale carriera politica: "Sono pronto a mettere a disposizione la mia esperienza – continua Lotito, nell'intervista rilasciata al quotidiano milanese – Ho dimostrato di saper fare, io sono un uomo del fare. Sono capace ad amministrare. Il nostro paese, piu’ che di politicanti, ha bisogno di buoni amministratori e di persone perbene. Perche’ chi fa politica dev’essere pronto ad indossare anche il saio, e io non avrei problemi. Sono libero, non devo niente a nessuno, non ho interessi personali, non compro arbitri. Le mie aziende sono floride, ho 8 mila dipendenti. La Lazio? Quando l'ho presa dieci anni fa, aveva un debito di 550 milioni. Adesso è un gingillo di società!".

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