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Richiesti 4 anni di squalifica per Joao Pedro, positivo all’antidoping

Due volte riscontrato positivo ad un diuretico proibito, il giocatore del Cagliari si dovrà presentare di nuovo davanti alla Procura. Sono stati chiesti 4 anni di squalifica, lo scorso marzo la tesi difensiva era incentrata su un “integratore contaminato” ma evidentemente non ha convinto nessuno.
A cura di Alessio Pediglieri
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Finale di stagione arroventato per il Cagliari che deve guardarsi le spalle dalle avversarie agguerrite a lasciare aperta la lotta per la salvezza. Ma anche dalla procura che ha aperto un'inchiesta su un giocatore del club sardo, Joao Pedro, per doping. Fatale, un controllo svolto nel dopo partita contro il Chievo e contro il Sassuolo in cui il giocatore sarebbe risultato positivo per due volte ad una sostanza proibita.

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La procura antidoping Nado Italia ha deferito al Tribunale nazionale antidoping il giocatore del Cagliari per la sua doppia positività all'idroclorotiazide, un diuretico proibito. La sostanza vietata dalle normative vigenti è stata riscontrata nei controlli successivi alle partite contro il Chievo e contro il Sassuolo dello scorso febbraio.

Chiesti 4 anni di squalifica

Ancora non ci sono notizie ufficiali a riguardo ma sembrerebbe che nei confronti dell'attaccante brasiliano la procura antidoping abbia chiesto addirittura una squalifica di 4 anni. Il prossimo 16 maggio alle ore 14 avrà luogo l'udienza davanti alla prima sezione del Tna per capire cosa sia accaduto e cercare di far luce sulla vicenda.

Subito dopo i primi controlli anti doping, Joao Pedro era stato fermato. Il giocatore era infatti stato sospeso dal tribunale nazionale antidoping di Nado Italia e adesso, dopo il deferimento, andrà a giudizio dove si profila una sentenza esemplare qualora non si riuscisse a procurare valide spiegazioni alla positività al diuretico incriminato.

Integratore contaminato

Lo scorso marzo, il giocatore del Cagliari era già stato sentito in udienza dalla Procura. Al termine dell’audizione aveva preso la parola il legale del giocatore che aveva formulato la tesi difensiva: “Non ha fatto nulla, sicuramente è qualcosa di non voluto. Colpa di un integratore contaminato? Non può esserci altra spiegazione”. Ma per la Nado evidentemente una giustificazione del genere non è ritenuta sufficiente.

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