Rambaudi da premio fair play, ordina alla sua squadra di subire un gol e perde
Roberto Rambaudi un posto nella storia del calcio italiano se l’è conquistato un paio di decenni fa perché faceva parte del mitico tridente del Foggia di Zeman, con Baiano e Signori, ha vestito poi le maglie di Atalanta e Lazio, e pure quella della nazionale. L’ex calciatore, ora opinionista televisivo, è tornato in copertina per un gesto unico. Domenica scorsa ai suoi giocatori ha ordinato di subire un gol perché la sua squadra ne aveva realizzato uno in modo scorretto. I suoi allievi hanno obbedito e hanno perso così partita e primato in classifica.
Rambaudi allena la squadra romana della Luiss, formata solo da studenti o da laureati in quella università. Fino a domenica mattina la Luiss era al comando del campionato di Promozione assieme al Fiumicino. Poi c’è stata la partita con la Lupa Frascati in cui è accaduto di tutto nel recupero. Il portiere della Lupa, in vantaggio per 2-1, cerca di mettere il pallone in fallo laterale per aiutare un compagno di squadra rimasto a terra. Il pallone però non esce, un attaccante della Luiss lo recupera e insacca, il gol è valido, 2-2. I giocatori della Luiss esultano, quelli della Lupa si arrabbiano, nasce una rissa.
Il tecnico Rambaudi in un primo momento festeggia, poi capisce che i suoi non avrebbero dovuto segnare e così dice alla squadra di subire un gol quando la gara riparte. Così accade, dopo tante discussioni, la Lupa vince 3-2, la Luiss perde il primato in classifica, ma Rambaudi e i suoi vincono uno straordinario premio Fair Play. Il gol decisivo lo ha realizzato Nicholas Muzzi, figlio di Roberto ex bomber di Roma e Cagliari.
In un’intervista rilasciata al ‘Corriere della Sera’ Rambaudi ha parlato del parapiglia creatosi dopo il gol del pari e ha spiegato perché ha deciso di agire in questo modo: “Quando abbiamo pareggiato ho esultato, poi ho ripensato all’azione e ho capito che loro avevano ragione e così ho chiesto ai ragazzi di farli segnare. E sono orgoglioso che mi abbiano ascoltato”.