Raheem Sterling sincero: “Al Manchester City ho solo 3-4 amici”
Da un Guardiola letteralmente "incontentabile" alle poche amicizie reali nel City e nel mondo del calcio. Raheem Sterling si racconta in un'intervista per la rivista GQ e non mancano le dichiarazioni sorprendenti. L'esterno offensivo è reduce da una stagione molto positiva, che gli ha permesso di consacrarsi come uno dei punti di forza della squadra campione d'Inghilterra. Il calciatore inglese ha svelato alcuni aspetti del "dietro le quinte" del mondo del calcio.
I rapporti tra Sterling e Pep Guardiola
Raheem Sterling ha raccontato innanzitutto il suo rapporto con Pep Guardiola. Il manager catalano, anche dopo l'ultima finale di FA Cup, prima di celebrare la vittoria del titolo si è intrattenuto in campo con il giocatore autore di una tripletta per spiegargli alcuni movimenti. L'attaccante ha dichiarato: "Ogni volta mi chiede sempre di più per esempio ogni anno chiede una nuova ala. Non vuole farmi sentire a mio agio, ti fa venire voglia di dimostrargli sempre qualcosa di nuovo quando scendi in campo. E' esigente, ma un uomo buono".
Sterling e l'amicizia nel mondo del calcio
Ma come sono i rapporti con i compagni di squadra, e con i colleghi in generale? Sterling non ha peli sulla lingua: "Amici nello spogliatoio? Sinceramente di amici stretti penso di averne tre o quattro, non di più non sono solito restare in contatto con loro durante le vacanze o cose del genere. E' difficile stringere forti amicizie in un contesto così, mi piace stare di più con i ragazzi normali. Non sopporto l'ego. Non tutti i calciatori lo hanno, ma tutti hanno il loro momento da diva".
Il passato difficile di Sterling
In conclusione una battuta sul passato tutt'altro che semplice, con Sterling che ha perso il papà quando aveva due anni. Il genitore fu ucciso in una sparatoria: "E' difficile superare certe situazioni, ma tutto accade per una ragione ora cerco di dare ai miei due figli l'amore paterno che io non ho potuto ricevere. Penso che questo mi abbia aiutato a sentirmi meglio. Quando ci trasferimmo fu difficile stare qui, la scuola era diversa, ma quando ero in Giamaica c'era tolleranza zero. Si usavano le cinture".