Quagliarella asso di Champions della Juve con il Chelsea (VIDEO)
Ha segnato il pareggio con il Chelsea, colpito la traversa. A Londra la Juve sfiorò l'impresa in Champions grazie a lui. E adesso che Vucinic è frenato dalla febbre tocca di nuovo a lui. Fabio Quagliarella è così: il jolly che giochi quando sei di mano e chiami banco, raddrizzando le carte. Salva la partita, strappa applausi, il tecnico gli sorride, i tifosi gli fanno ciao. E poi ritorna nel mazzo. Ha evitato la sconfitta, ma non ha vinto la battaglia. "La mia speranza era avere qualche palla per fare gol – disse allora -. E' andata bene, una l’ho messa dentro e con un’altra ci sono andato vicino". I colpi del fuoriclasse e il talento non bastano: in mezzo al campo c'è un legno di troppo che fa da spartiacque tra le gerarchie dell'attacco (ora che non c'è più Del Piero) e un posto in prima fila. A scuola è la sindrome del nove e mezzo: sei tra i migliori, ma non il primo. Nemmeno se dai il massimo. La notte di Londra fu rigenerante
Subentrare è difficile, bisogna essere bravi a sfruttare l’opportunità che ti si aprono. So solo io quello che ho sofferto in questo periodo e questo gol lo dedico a me stesso.
Le discese ardite, le risalite e un conto aperto con la malasorte che, da quando è andato a Torino dopo Udine e Napoli, si diverte a sparigliare la sua carriera. A un passo dalla grandezza, senza poterla avere in pugno: come prendere l'oscar quale migliore attore non protagonista. Ci vuole un fisico bestiale e uno stomaco di ferro per digerire anche questo. Ai Mondiali in Sudafrica, gli ultimi dell'era Lippi, Quagliarella gioca nella terza ed ultima partita della fase a gironi contro la Slovacchia: c'è in ballo la qualificazione, nella ripresa il cittì lo lancia nella mischia al posto di Gattuso. Škrtel gli respinge un tiro sulla linea di porta, a Di Natale rende grazia duettando come ai tempi del Friuli, l'arbitro gli annulla una rete per sospetto fuorigioco, delizia la platea con un pallonetto e sigla il 3-2. L'Italia, però, è eliminata. Sarà uno dei pochi a salvarsi dal naufragio, magra consolazione.
Estate calda sotto il Vesuvio. Per i tifosi napoletani Fabio è il nuovo core ‘ngrato, nella cabala gli hanno assegnato il 71. Qualcuno s’è pure giocato l’ambo col 27 (il numero di maglia all’epoca del San Paolo), ha vinto ed esultato quando s’è fatto male. Delitto d’onore: gli avrebbero perdonato tutto, ma il trasferimento alla Juve è come tornare a casa e trovare la propria moglie a sollazzarsi tra le lenzuola con l’amante. Chi gliel’ha fatto fare: a Udine stava così bene, assieme a Totò aveva formato una coppia perfetta. Sì, però, quell’idea del Napoli ai napoletani l’aveva conquistato: c’erano produttore, grande piazza, fondi da investire e una buona trama. Il finale è stato tragicomico. Mario Merola non avrebbe saputo far meglio. Sicché “chiamate Napoli 081” è solo il prefisso per telefonare a mamma e papà. La rabbia e l’orgoglio hanno seppellito pure la nostalgia.
Signora, eccomi. La partenza è buona, in casa della Signora entra in punta di piedi e poi concede il meglio del suo repertorio: pizzica la Samp, beffa l'Udinese di tacco, stende il Milan, piazza l'uno-due al Catania e a Verona (si) regala una rovesciata tanto micidiale quanto perfetta. Qualcuno lo rimpiange, molti lo applaudono. A Torino godono, a Napoli rosicano. Tutta "questa scienza" dove l'aveva messa? Fino a quel maledetto 6 gennaio del 2011: la Befana gli fa lo sgambetto con la scopa e lui s'infortuna al legamento crociato anteriore destro. Campionato finito, fuori sei mesi. Arrivederci all'anno prossimo, ma con cautela: torna al gol contro il Novara, si toglie lo sfizio di segnare al Napoli e poi al Palermo. Cuce lo scudetto sulla maglia, ma non sul cuore. Gusta il successo in Supercoppa, ma non è tutta farina del suo sacco. Dalla penombra delle quinte alle luci del palcoscenico nella notte di Londra: nella Champions che mancava da anni, laddove è ripartita la sfida dei bianconeri, è ricominciata anche quella di Fabio. Utile alla causa e bello di notte come Boniek, avrebbe detto l'Avvocato. Chelsea, go home. Il bis è gradito per brindare in Champions.