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Perché Spalletti ha ragione e Icardi non va (più) difeso

Le durissime parole di Luciano Spalletti ai microfoni dei giornalisti nell’amaro post sconfitta contro la Lazio hanno riacceso l’attenzione sul ‘caso’ Icardi, tutt’altro che archiviato: il giocatore è tornato, si allena ma non è stato convocato. “Questione di credibilità” dice Spalletti e non gli si può dare torto alcuno.
A cura di Alessio Pediglieri
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Può essere simpatico o antipatico, spesso va oltre le righe, filosofeggia e si inerpica in concetti sul filo del paradosso, eppure questa volta è difficile non stare dalla parte di Spalletti sul ‘caso' Icardi. Perchè il buon Mauro Icardi non è né Messi né Cristiano Ronaldo e su questo Luciano Spalletti ha immensamente ragione. Altrimenti l'Inter non avrebbe aspettato sei anni a ritornare in Champions League e con l'argentino in campo avrebbe dovuto lottare per il primo posto e il tricolore. Tutto ciò non è accaduto ancor prima che il tecnico toscano arrivasse sulla panchina nerazzurra. Ed è anche vero che con Icardi in campo e Spalletti allenatore, l'Inter ha perso anche partite importanti, come quella contro la Lazio a San Siro che vale uno spicchio di Champions League.

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Spalletti ha anche ragione nel momento in cui parla di credibilità e di responsabilità. Il tendere la mano al giocatore – e l'Inter lo ha fatto, presenziando il primo allenamento dell'argentino post litigio e con le parole di Marotta sempre concilianti – non deve essere confuso con la necessità per la squadra di avere un attaccante a disposizione a prescindere. Le dinamiche sono complesse e delicate, è lo spogliatoio che comanda e Spalletti dimostra di essere parte di esso.

Cosa che non è ancora Icardi e – forse – mai più lo sarà in quello nerazzurro. E' tornato ad allenarsi, Lautaro si è infortunato, Keità non era nelle migliori condizioni, eppure Spalletti è stato chiaro senza molti giri di parole: Icardi non verrà convocato, e così è stato. E la coerenza è stata ribadita nell'amaro post sconfitta: Icardi pensi ad allenarsi e a dimostrare che ciò che conta sia l'Inter, poi si vedrà quando scende di nuovo in campo. Perché dargli più spazio di quanto si debba, dopo 40 giorni di litigi con i compagni che hanno comunque remato insieme, sarebbe stato rivoltare il gruppo contro il tecnico.

E anche quando Marotta sottolinea che "Spalletti ha fatto il bene della squadra" prendendo decisioni legittime senza aver l'obbligo di chiedere il permesso, c'è poco in cui dissentire perché Icardi ha perso il diritto di essere difeso ad oltranza. A comandare non è la società, non è l'allenatore, non è il singolo (seppur decisivo) giocatore. Da sempre nel mondo del calcio a comandare è lo spogliatoio. Chi non lo capisce, ha perso in partenza. Come Icardi.

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