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Paolo Di Canio sospeso da Sky per il tatuaggio fascista

Il provvedimento è del vicepresidente esecutivo Jacques Raynaud che si è scusato per il tatuaggio dell’ex calciatore ispirato a Mussolini: “Abbiamo commesso un errore, ci scusiamo con tutti, in particolare con quelli a cui abbiamo urtato la senbilità”.
A cura di Alessio Morra
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Paolo Di Canio è stato licenziato da Sky. L’annuncio ufficiale è stato dato durante la presentazione dei palinsesti per la stagione 2016-2017 al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Di Canio è stato liquidato dall’emittente satellitare per via della scritta ‘Dux’ tatuata sul suo braccio destro, che nelle ultime ore aveva creato enormi polemiche. Il tatuaggio è stato notato dagli utenti in una diretta social dove il giocatore indossava una maglietta a maniche corte. Il vicepresidente esecutivo Jacques Raynaud si è scusato per il tatuaggio dell’ex calciatore: “Abbiamo fatto un errore, ci scusiamo se abbiamo urtato le sensibilità di alcuni. Abbiamo parlato a lungo con Di Cani, e nonostante la sua professionalità, abbiamo deciso di chiudere la nostra collaborazione”.

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Di Canio, conduttore di un programma sul calcio inglese ‘Di Canio Premier Show’, è finito nel mirino della rete per via di un tatuaggio sul braccio ben visibile a causa di una maglietta a maniche corte. Su quel tatuaggio c’era scritto Dux, cioè Duce, e così l’ex giocatore ‘omaggia’ l’ex capo del fascismo Benito Mussolini. Rapidamente in rete i commenti negativi sono cresciuti e tanti utenti si sono indignati. Tra di essi c’è stato anche chi ha minacciato di disdire l’abbonamento alla piattaforma satellitare.

Già in passato ci sono state delle grosse polemiche attorno a Di Canio a causa delle sue idee politiche. In un match giocato con la Lazio all’Olimpico fece scalpore il saluto romano rivolto verso la Curva Nord dei tifosi biancocelesti. Mentre nel 2013 quando l’ex di Juve, Milan e Napoli fu ingaggiato come tecnico del Sunderland dal board del club fu costretto a dimettersi l’allora ministro degli Esteri britannico e dirigente del club David Miliband, che ‘nella’ sua squadra non voleva avere un allenatore fascista.

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