Pallone d’Oro: per noi è sgonfio dal 2006, da quando vinse Cannavaro
Sembra ieri, ma in realtà sono passati molti anni. Sono lontani i tempi in cui la nostra Serie A iscriveva ufficialmente, nella lista dei possibili vincitori del Pallone d'Oro, campioni dalla classe indiscutibile come van Basten, Baggio, Maldini, Zidane, Ronaldo e Shevchenko. Istantanee ormai ingiallite, così come sono ormai ricordi offuscati anche le più recenti nominations dei vari Cannavaro (che vinse nel 2006), Buffon, Kakà (primo nel 2007) e Pirlo. Per non parlare, poi, degli anni preistorici delle vittorie di Sivori, Rivera, Rossi e Platini: ex idolo juventino ed ex socio in affari di colui che ha sempre messo un bastone tra le ruote del carro italiano. Paradossalmente nell'anno dove il nostro campionato pare aver recuperato un po' di appeal, con l'arrivo di alcuni campioni stranieri affermati, il famigerato ranking e, soprattutto, la lista dei giocatori in lizza per il premio istituito da "France Football", continuano a confermare l'assoluta impotenza del nostro movimento nei confronti di quello del resto d'Europa e del Mondo.
Al di là della farsa di non vedere i bianconeri Buffon, Pirlo e Chiellini tra i 23 finalisti (nonostante la finale di Champions League), impressiona il fatto che è dal 2007 che nessun giocatore della nostra Serie A sia riuscito ad arrivare tra i primi tre nella speciale classifica del Pallone d'Oro. Occorre vincere un Mondiale per essere inseriti tra i favoriti? Per avere un risposta, prego chiedere a Fabio Cannavaro. Fu il nostro capitano azzurro, infatti, l'ultimo italiano ad alzare al cielo il Pallone d'Oro. E che sia fondamentale arrivare al successo in Europa, ve lo potrà confermare Ricardo Kakà che, la stagione successiva, vinse la Champions League con il Milan prima di trionfare a Zurigo conquistando il suo primo (e unico) premio come miglior giocatore, lasciando a più di cinquecento voti di distanza un tale dal nome Leo Messi.
Il problema del calcio italiano, però, non è soltanto arrivare davanti a tutti in una Coppa del Mondo o vincere in una delle competizioni europee. Il male del nostro "football" è congenito ed è da ricercare all'interno delle nostre società. Basta guardarci "dentro" e fare una serie e attenta autocritica per arrivare all'impietoso risultato. I club italiani sono incapaci di gestire economicamente le risorse, supportare la crescita dei vivai e scovare nuovi talenti in giro per il globo.
Gli esempi degli ultimi due giocatori che hanno vinto sono lì a dimostrarlo. Lo "scugnizzo" Cannavaro fu il risultato perfetto del lavoro della "cantera" napoletana, il "bambino d'oro" Kakà quello dello "scouting" di Leonardo: ultimo vero cacciatore di talenti brasiliani, che il Milan ha avuto in questi anni. Non è un caso che, a parte Pogba, nella lista dei ventitré calciatori in lizza per vincere il Pallone d'Oro, non ci sia nessun giocatore "italiano". Pirlo, nel 2013, fu un caso isolato. Quasi un premio di consolazione per un calcio che non esiste più. Difficile avvicinare il podio. Praticamente impossibile toccare il cielo come fanno Leo Messi e Cristiano Ronaldo. Finché continueranno a regalare meraviglie, loro ci saranno sempre. Di diritto. In pratica, agli altri, rimangono le briciole. Noi rischiamo di non arrivare a raccogliere nemmeno quelle.