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Nord Irlanda a Euro 2016: simbolo di unità in una nazione divisa

L’Irlanda del Nord si qualifica per la prima volta agli Europei. Non partecipava a una manifestazione internazionale dai Mondiali del 1986. E’ un trionfo di spirito di gruppo, mentre l’Ulster è di nuovo spaccato fra cattolici e protestanti.
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Un trionfo di unità in una nazione divisa. A trent'anni dai Mondiali del Messico, l'Irlanda del Nord torna in una grande manifestazione internazionale. Il 3-1 sulla Grecia a Windsor Park ha avviato la festa nazionale: la squadra di O'Neill giocherà gli Europei per la prima volta nella sua storia. E Jim Wells, deputato del partito Democratico Unionista ed ex ministro della sanità dell'Ulster, ha subito proposto di nominare cavaliere il ct, che porta il nome di tanti dei Re Supremi d'Irlanda nell'antica storia celtica. “Ha fatto miracoli da quando è stato chiamato” ha detto. Ma adesso c'è da pensare soprattutto al rinnovo del suo contratto.

Spirito di squadra – “Ci deve essere fiducia nel tecnico e nei giocatori come un gruppo unico, in cui ci si fida degli altri e si confida nelle loro abilità di centrare il risultato al di là del valore dell'avversario. Ed è un processo che ha bisogno di tempo” ha detto al Guardian Gerry Armstrong, l'autore di due gol che hanno scritto la storia: ha firmato l'1-0 a Israele che ha portato la nazionale al Mundial '82 e la vittoria sulla Spagna al debutto mondiale. Gli fa eco Jimmy Cleary, uno dei quattro giocatori della Irish League presenti nella squadra di Billy Bingham. “Ero sugli spalti a Windsor Park quando abbiamo centrato la qualificazione al Mondiale del 1982” ha detto. “Sei mesi dopo ero con loro in Spagna e mi colpì lo spirito di squadra, l'unione del gruppo, che coinvolgeva anche i nuovi arrivati. Senza quello spirito non avremmo fatto quei risultati. In questa nazionale” conclude, “rivedo quel senso di squadra”.

Meglio l'altro O'Neill – Non tutti, però, hanno festeggiato la vittoria a Belfast. Un gruppo numeroso di giovani repubblicani nel nord della capitale dell'Ulster hanno scelto di seguire l'Irlanda di un altro O'Neill, Martin, battere i campioni del mondo della Germania. Per i nazionalisti dell'Ulster, infatti, Windsor Park è ancora uno di quei posti dove non bisogna andare. Un segno piccolo ma chiaro delle divisioni che ancora scandiscono la storia e la geografia di Belfast, la città dei “peace walls”, i muri in metall, cemento e filo spinato alzati dalla fine degli anni Settanta per dividere i quartieri cattolici e protestanti. Il governo aveva promesso di abbatterli tutti entro il 2023, ma le difficoltà economiche dell'amministrazione locale e la crisi esplosa a settembre ha riaperto le divisioni non del tutto sanate dal Good Friday Agreement del 1998.

Le dimissioni del premier – La crisi è esplosa a agosto, quando un ex militante dell’IRA, Kevin McGuigan, padre di nove figli, è stato ucciso a colpi di pistola davanti alla moglie Dolores. McGuigan era sospettato di aver ucciso Gerard «Jock» Davison, ex comandante dell'Irish Republican Army (IRA), l'esercito clandestino cattolico, braccio armato del partito dello Sinn Fein, con cui aveva avuto più di qualche screzio. Per questo delitto, la polizia aveva arrestato anche tre membri dello Sinn Fein, compreso Bobby Storey, presidente del partito la provincia più settentrionale dell'Irlanda del Nord. La frattura ha messo in crisi un decennio di politiche condivise, di gestione congiunta del governo fra cattolici e protestanti, fino alle dimissioni del premier Peter Robinson, leader del Partito unionista democratico. C'è il rischio, ammonisce Robinson, che Belfast non riesca più a formare un esecutivo di coalizione, costringendo il governo britannico a subentrare almeno temporaneamente alle autorità locali e facendo crescere ulteriormente la tensione nella regione, con i protestanti che accusano i cattolici di avere ricostituito l'Ira e i cattolici che negano. Un pentolone di violenza e polemiche che in Ulster agita fantasmi mai del tutto scomparsi. È la fase di tensione più alta da quando, dieci anni fa, l'IRA ha annunciato la distruzione degli armamenti, operazione mai documentata ma solo confermata a mezzo stampa anche da due sacerdoti, il cattolico Alex Reid e il metodista Harold Good. E la lotta armata, sempre possibile con una serie di gruppuscoli ancora attivi, non è ancora una curva nella memoria. Ma lo sport può costruire quello che Jake Burns, leader del gruppo punk di Belfast degli Stiff Little Fingers, ha chiamato un “Alternative Ulster”, giocando con il titolo dell'album del 1979. A Windsor Park, ha detto al Guardian, con il 3-1 alla Grecia “abbiamo vissuto un pezzo di storia dell'Irlanda del Nord di cui tutti possiamo essere fieri”.

Windsor Park – A Windsor Park si respira la storia che da queste parti è questione di orgoglio e di identità. Qui, il 15 maggio 1971, George Best sfida l'Inghilterra: e non è mai una partita come le altre. Il punteggio è ancora sullo 0-0. George Banks, allora il miglior portiere al mondo, che si porta ancora dietro la luce e la fama per la parata del secolo su Pelè a Guadalajara, raccoglie la palla nella sua area. È pronto a rilanciare l'azione ma Best è lì, compare fulmineo, tocca mentre la fa rimbalzare, gliela sottrae di destrezza di sinistro e alza un pallonetto leggero prima di segnare a porta vuota. È un colpo di genio che lo racconta meglio del guizzo di scintillante bellezza che ha deciso la finale di Coppa Campioni 1968 per il Manchester United, il colpo di genio e talento che farà collassare il Benfica di Eusebio. Il flash di una stella cadente e decadente, che come tutte le più belle cose vive solo un attimo, perché l'arbitro scozzese Alistair MakKenzie annulla. A dieci minuti dalla fine, poi, convaliderà la rete inglese di Allan Clarke nonostante le promesse dei nord-irlandesi per un fallo di mano di Francis Lee, che aveva avviato l'azione.

L'eroe Magennis – Contro la Grecia, non c'è più la Kop, la tribuna ovest demolita ad aprile. E non c'è in attacco Kyle Lafferty, che Zamparini aveva definito “un donnaiolo ingestibile” e con O'Neill ha segnato sette gol in otto partite. Al suo posto, il ct ha scelto Josh Magennis, che ha cominciato la carriera da promettente portiere del Glentoran. A 16 anni passa al Cardiff e davanti a un'altra Kop, ad Anfield, è in panchina in un match di League Cup contro il Liverpool. Più in alto di così, però, non va. Per i tifosi, con le mani fa ridere. Così pensa di smettere o di cambiare sport: è considerato un possibile trequarti centro a rugby di buone prospettive. Il manager dell'Academy (le giovanili) del Cardiff, Neil Hardley, gli consiglia di usare di più i piedi e la testa, come un attaccante. E da attaccante finirà a giocare. Adesso fa ridere di meno. Alla sua prima presenza da titolare in nazionale maggiore, l'attaccante ora al Kilmarnock segna il gol che manda l'Irlanda del Nord in Francia a Euro 2016. “Ho sempre avuto un enorme desiderio di diventare una persona migliore. Tutti mi dicevano che non avrei mai combinato niente, ma invece di abbattermi, ho usato quelle offese come una motivazione” ha spiegato al Daily Mail. “Spero che adesso almeno qualcuno se ne starà zitto”.

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