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Non solo Italia: è un mercato al ribasso anche nel resto d’Europa

La sensazione diffusa è che si sia di fronte ad un mercato senza acuti, dove i club ‘ricchi’ non riescono a comprare e quelli con i giocatori che possono fare la differenza, non vendono. Mancano i soldi, certo ma anche veri nuovi talenti. E se i top-player portano i nomi di Jordi Alba, Lucio, Palacio e Pandev…
A cura di Alessio Pediglieri
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La Juventus si sta confermando l'elemento nuovo anche in questo calciomercato vissuto in tono decisamente minore rispetto agli ultimi anni. Nessuno, o quasi, si sta davvero interessando ad acquistare vere nuove stelle per rilanciare il proprio organico e ripresentarsi ai nastri di partenza con una rosa almeno un po' più competitiva dell'ultimo campionato. Il problema è risaputo: i soldi. Che mancano. Oramai siamo giunti all'anno ‘zero' quello della vigilia del Fair Play Finanziario al quale tutti i presidenti hanno guardato con sospetto senza però dimostrarsi capaci uomini d'affari e bravi imprenditori risanando le proprie aziende. Adesso si pagherà pegno a livello internzazionale. In Europa c'è chi non sta meglio di noi, come il calcio spagnolo oramai verso un ridimensionamento totale malgrado le ultime straordinarie vittorie di Nazionale e club, o quello inglese che – al di là del successo effimero del Chelsea – stenta a ritrovare un equilibrio generale oltre i confini della Premier.

Chi sta meglio – In prima fila c'è il calcio tedesco, una Bundesliga che ha effettuato un risanamento lungo ma costante, pianificato e controllato, nella migliore tradizione di chi ha nella disciplina e autorità i propri punti di forza. In Germania non solo il Paese oggi è il trascinatore di un'Europa sull'orlo della crisi, ma anche il calcio ne è specchio di un sistema capace di pianificare i propri punti di forza e limitarne le debolezze. Dal 2006, anno dei Mondiali, il calcio tedesco ha saputo sfruttare le nuove strutture che sono diventate capitale fondamentale, reinvestendole in risorse interne. Sviluppo dei vivai, abbassamento dell'età dei giocatori in prima squadra (non a caso la Germania poteva vantare a Euro2012 la rosa più giovane di sempre) e società che restano in mano a imprenditori tedeschi senza la svendita a ricchi sceicchi o russi compiacenti in cerca di successo e visibilità.
Un rinnovamento totale che sta permettendo ai club di Bundesliga di poter tornare nel prossimo biennio ad essere protagonisti  a livello internazionale, mentre l'Italia si lecca le ferite, la bolla spagnola è alla fine esplosa, in Inghilterra la Premier si regge su proprietari stranieri che – quando si stancassero del ‘giochino' – potrebbero riportare il calcio inglese in un nuovo Medioevo sportivo. E la Francia? La Ligue1 sta provando un processo che sembra un mix tra le esperienze calcistiche degli altri Paesi dell'unione europea: qualche investitore estero (vedasi il PSG), costi limitati e investimenti interni (il Montpellier-Cenerentola campione in carica ne è il ritratto perfetto), nessun acuto ma nemmeno tonfi clamorosi.

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Francia e Inghilterra, dal top al flop – Certo, il flop è dietro l'angolo e la storia recente lo insegna. Ripartiamo dalla Francia, dove gli investimenti non sempre hanno fatto rima con successi. Il Paris Saint Germain ne è l'esempio eclatante, un club che a gennaio ha investito pesantemente sul mercato invernale, oggi si ritrova secondo in Ligue 1, sconfitto e beffato e costretto a ripuntare su un mercato ancora una volta fatto a colpi di euro. L'arrivo di Lavezzi e la conferma di tutti i giocatori prelevati in giro per l'Europa negli ultimi 12 mesi stanno dando ad Ancelotti una squadra da plasmare e far crescere da subito. Fin qui a Parigi non hanno visto alcunchè e per Leonardo e l'ex tecnico di Milan e Chelsea i mesi appaiono contati in caso di passi falsi ulteriori. Stesso dicasi in Inghilterra dove a trionfare sono stati gli uomini di Mancini e – soprattutto – i soldi della proprietà araba del City. Eppure, anche in Premier se i citizens esultano c'è chi ne è uscito con le ossa rotte, come lo United di Rooney (la cui proprietà ricordiamo è d'oltreoceano) e il Chelsea di Lampard (con Abramovich in costante investimento). Non si può dimenticare di certo il successo dei Blues in Champions League ma sarà un caso che il risultato è arrivato proprio quando il Chelsea ha optato per scelte più morigerate e di qualità (Di Matteo) rispetto al canto delle sirene di chi a suon di milioni (Vilas Boas) avrebbe dovuto conquistare il mondo?
Per non parlare della fortissima recessione subita da altri top-club come Arsenal e Liverpool, incapaci di ritirarsi in piedi in tempi stretti e con alle porte una rifondazione obbligatoria e radicale.

Liga, la fiesta è finita – In Spagna non si sta certamente meglio: la crisi economica e statale iberica ha colpito anche il calcio chiudendo le borse dei finanziamenti pubblici e obbligando i club a far fronte ai debiti e a pagamenti insoluti. Se dietro a Barcellona e Real Madrid c'era già il vuoto, dal prossimo anno anche i catalani e i madridisti dovranno fare affidamento alle proprie risorse e investimenti. La forbice con il resto della Liga si aprirà ulteriormente?
Non è detto: il Barça riparte da Vilanova, una scelta interna, di continuità ma soprattutto di evidente ritorno economico avendo frenato sul nascere l'asta al rialzo per sedersi sulla panchina più ambita d'Europa.
Il Real di Mourinho ha vinto ma a quale costo? L'anno passato è stato epurato valdano, e oggi si vuole salutare Higuain, considerato non più un top-player mentre anche Benzema resta un giocatore apprezzato a metà, malgrado l'ottimo rendimento. Per non parlare di Sahin, il piccolo fenomeno prelevato dal Dortmund a suon di milioni (12) nel maggio 2011 e che nella più esaltante stagione madridista si è ritagliato la pochezza di 5 presenze.
Il mercato in entrata, poi, non presenta alcun nome importante (si sta ritornando sulla vecchia idea di Maicon, rincorso da tre anni)

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Juve, eccezione alla regola – Per tornare in Italia, la Juventus, rappresenta in tutto questo una piccola eccezione. Andrea Agnelli sta mettendo già a regime i 120 milioni arrivati dal ‘sold-out' costante dello Juventus Stadium, schiaffando in faccia agli altri presidenti che l'investimento sul nuovo stadio recuperabile con un piano quinquennale, può essere redditizio sin da subito. Dunque, nessuna cessione importante per ora e arrivi interessanti come i due giocatori dell'Udinese a rinforzare il centrocampo, il probabilissimo ingaggio di Lucio per la difesa già collaudata e la ricerca di una ‘luce' in attacco, con calma ma con perseveranza. Tutto per aumentare la ‘forbice' che ha permesso lo scorso anno di vincere la Serie A e che nella prossima stagione permetterebbe ai bianconeri di non fare la comparsa in Champions League.
Il top player probabilmente non arriverà comunque, eppure la sensazione è che l'appeal della Vecchia Signora sia ritornato anche nel mercato dove vestire i colori bianconeri rappresenta un vanto e un pregio rispetto alla concorrenza.
Si stia attenti però. La realtà è quella che è sotto gli occhi di tutti: saranno ancora anni difficili per i club italiani sul panorama europeo ed internazionale. Le brutte figure saranno dietro l'angolo, mentre in Serie A ci sarà più equilibrio ancora rispetto all'ultima stagione. Se il mercato estivo, iniziato ufficialmente lo scorso 1 luglio e pronto a concludersi a fine agosto insieme alle sentenze di Scommessopoli, porta i nomi di Destro, Verratti, Insigne, Borini quali top player, un campanello d'allarme sovrà pur esserci.
E se Milan, Inter, Roma e compagnia cantando si vantano di acquisti quali Stramaccioni, Zeman, Kostant, Acerbi e Palacio come punte di diamante di una campagna acquisti i tifosi stiano attenti: potrebbero avere già in rosa un nuovo ‘top player' senza essersene accorti, restando delusi e amareggiati più del necessario il prossimo 25 agosto, quando la Serie A aprirà le porte della stagione 2012-2013.

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