Napoli, cosa resta dell’esperienza Champions: 5 cose da cui ripartire
La doppia sfida contro il Real Madrid ha evidenziato tutte le lacune di questo Napoli ma ne ha anche certificato la volontà assoluta di volersi giocare l'Eruopa con i club che contano. Un doppio test-match tra il Bernabeu e il San Paolo superato a metà, solamente nella gara di ritorno dove – non avendo molto da perdere – gli azzurri hanno dimostrato di saper fare la gara a prescindere dall'avversario che incontrano. Ma proprio su questo aspetto sia De Laurentiis che Sarri dovranno lavorare tantissimo per puntare al salto di qualità: per competere ad altissimi livelli è necessario saper giocare come al San Paolo, sempre ovunque e comunque.
L'approccio del San Paolo
Al contrario di quanto visto al Bernabeu, al San Paolo il Napoli non ha sbagliato approccio al match. All'andata, pur essendo andato comunque in vantaggio il Napoli ha subito prima l'ambiente poi l'avversario, ripiegandosi su se stesso e perdendo sicurezze. Ciò che non è accaduto in casa, dvoe l'approccio al match è stato perfetto, iniziando con un pressing a tutto campo, aumentandone l'efficacia a metà tempo e concretizzando con la rete di Mertens. Mai il Real negli ultimi anni si era sentito così sotto pressione, l'unico rammarico è non aver trovato il 2-0 (meritato) che avrebbe probabilmente indebolito le resistenze mentali degli spagnoli
Innesti internazionali
Un altro insegnamento della doppia sfida contro il Real Madrid è che effettivamente la rosa a disposizione di Maurizio Sarri non è all'altezza per competere a certi livelli alla pari dei migliori. In difesa, Ghoulam e Koulibaly hanno tentennato in più di una occasione, mostrando limiti sia tecnici che di mentalità che in campo internazionale possono risultare devastanti. I due gol di Sergio Ramos arrivati su calci da fermo e a difesa schierata dimostrano che il limite c'è e che bisognerà in estate lavorarci sopra per garantire maggior quadratura davanti alla propria porta.
Progetto tecnico attorno a Mertens
Dires Mertens ha confermato di essere l'uomo attorno al quale il Napoli ha l'obbligo di costruire qualcosa di importante. Se con Mazzarri e Benitez il centrocampista belga veniva utilizzato in alternativa a Insigne, centellinandone le presenze e utilizzandolo solo in scampoli di partita, il merito di Sarri è stato quello di sfruttare al meglio la propria necessità offensiva dopo l'infortunio di Milik. Creando un nuovo Mertens, più offensivo, al centro dell'attacco, libero e anarchico, capace di inventare per sè e per gli altri. Al Bernabeu mancò la clamorosa rete che avrebbe potuto riaprire le danze, al San Paolo è andato ancora a segno. Tecnica, mentalità, età: è lui il nuovo oro di Napoli
Una punta europea
E' vero mancava il miglior Milik e pensare cosa sarebbe potuto accadere con il polacco migliore a disposizione del Napoli (per intenderci quello visto ad inizio stagione) non è assolutamente reato. Probabilmente, con un approccio simile, un Mertens in stato di grazia e un Milik pronto a esplodere in area di rigore tutta la propria qualità, avrebbe portato ad un esito differente. Ma proprio qui sta un altro tallone d'Achille partenopeo: una reale alternativa al polacco. Che non poteva essere Gabbiadini ma nemmeno Pavoletti. Serve un centravanti di spessore, di esperienza internazionale, che porti i segni di battaglie in giro per l'Europa e abbia le stigmati del vincitore.
La crescita tattica
Non solo la squadra e i singoli giocatori devono prendere insegnamento dai 180 minuti giocati contro il Real Madrid. Una scuola sul campo che è servita e servirà perché questo Napoli esce più rinforzato di prima malgrado l'eliminazione, avendo preso la direzione giusta, quella della crescita. Che deve però seguire anche Maurizio Sarri bravissimo a preparare la gara sulla carta, un po' meno quando a gara in corsa deve trovare la carta vincente o la soluzione giusta. E' mancanza evidente di esperienza, solo tre anni fa si giocava una promozione in A con l'Empoli, sei anni fa era nelle serie cadette a far gavetta. Oggi è in Champions e questo deve essere un obbligo per crescere, saper cambiare, poter trovare soluzioni tattiche differenti. E possibilmente vincenti.