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Napoli da record, la Juve non sbaglia i big match. La corsa scudetto è appena iniziata

Il girone d’andata ha detto che la Juve non è più regina incontrastata. Gli scontri diretti e l’efficacia difensiva saranno ancora più decisivi. Nelle ultime giornate l’Inter ha perso terreno, tiene la Roma che però ha perso tutti i big match.
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Un campionato come quello di quest'anno, con almeno quattro squadre in lotta per il titolo, si vince con gli scontri diretti. Il Napoli dei record, 99 punti e nessuna sconfitta esterna nell'anno solare, è campione d'inverno per la seconda volta in tre anni. E questo cambia le prospettiva di una stagione diversa dalle precedenti. Dopo sei anni di dominio quasi incontrastato, la Juventus che pure non sbaglia i big match, non ha più una strada così segnata verso il settimo sigillo.

Napoli, la quantità sarà qualità?

Il Napoli da record centra un traguardo che non conta ma racconta. Racconta di un record come quello di Hamsik, che in azzurro ha segnato più di tutti, anche di Maradona, in più stagioni e molte più partite certo, e dalle pagine di un sito slovacco abbandona la scaramanzia. “Cosa chiedo al 2018? Vorrei lo scudetto con il Napoli, è il mio sogno. Non dovrei dirlo per vari motivi legati alla scaramanzia ma mi piacerebbe troppo vincere lo scudetto con gli azzurri e questo può essere l’anno buono”.

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È il Napoli che ha vinto tutte le prime otto di questo campionato, che ha perso solo una volta, ma nel giorno peggiore, in casa contro la Juve nella sera della vendetta di Higuain. Il Napoli condizionato dall'infortunio di Ghoulam, che non riesce a valorizzare abbastanza le alternative all'undici titolare, con 10 giocatori in campo più di 1000 minuti e altrettanti, secondo portiere compreso, meno di 500. Una divisione fin troppo netta.

I numeri raccontano di un meccanismo bello e sottile, che produce il possesso palla e la precisione nei passaggi più elevati della serie A, e porta cinque giocatori (Jorginho, Koulibaly, Albiol, Hamsik, Ghoulam) a monopolizzare le prime cinque posizioni nella classifica individuale per palloni toccati in campionato. Una squadra che si specchia nelle magie di Insigne, il secondo miglior tiratore della serie A, e nei gol di Mertens, uno dei primi cinque bomber più prolifici della stagione.

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Un meccanismo difficile da far funzionare secondo linee diverse, come proprio la sconfitta contro i bianconeri testimonia: in quell'occasione, contro una squadra chiusa al centro, il Napoli ha provato a orientare la costruzione verso Callejon, sacrificandone i tagli alle spalle della difesa avversaria, ma ha perso ritmo e soprattutto linee di passaggio negli ultimi venti metri.

Juventus, mentalità vincente

Gli adattamenti necessari a confermarsi la regina d'Italia hanno e avranno un impatto maggiore: dove inquadrare Dybala, 12 gol nelle prime 8 partite quest'anno, 14mo miglior giocatore del 2017 per il Guardian, dentro un 4-3-3 di multiforme ingegno non è interrogativo secondario per il destino della stagione.

C'è una parola che torna più di tutte quando si parla di Juventus: mentalità. La ripete chi è arrivato da poco, come Bernardeschi. “Ora che sono dentro mi accorgo ancora di più di cosa c'è dietro, un lavoro costante, di tante ore, sacrificio, voglia di vincere, di arrivare. Questo fa la differenza fra la Juve e le altre squadre” ha detto a Sky. L'ha ripetuta chi come Gigi Buffon ha scritto la storia e ha preannunciato che il tempo busserà anche alla sua porta, sicuro però di lasciare un erede che subisce gol in numero proporzionale alle vocali nel cognome. Szczesny, infatti, ha la media di reti incassate più bassa della Serie A.

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Dodicesimo anomalo, il polacco, chiamato a gestire l'interregno della seconda miglior squadra dietro al Napoli per tiri nello specchio concessi (47), che aspira a diventare, e restare la miglior difesa del campionato come in tutte le tappe di un dominio da primato nella storia del calcio italiano.

La Juventus “galactica”, che ha offerto 22 giocatori alle nazionali nel 2017, primato assoluto nel mondo davanti a Manchester United (21), Barcellona e Liverpool (20), deve gestire una rotazione tattica in cui, nelle ultime partite, Allegri ha sacrificato Dybala senza che si perdesse l'efficacia dell'interpretazione collettiva: un campione che ancora, Marotta dixit, va lasciato maturare, che ha scatenato paragoni acerbi con Messi, che pure alla sua età un paio di Champions League, per tacer del testo, le aveva vinte.

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L'Inter si è persa?

Dopo essere rimasta imbattuta nelle prime 16 partite, l’Inter si è fermata contro Udinese e Sassuolo. Si è fermato Icardi, l'unico giocatore che da solo contribuisce a metà delle reti totali della squadra, anche perché di alternative vere davanti non ne ha, si è fermata tutta una squadra senza più la brillantezza per gestire la fase di non possesso e insieme distendersi sugli esterni con un centravanti che catalizza la manovra ma porta inevitabilmente ad allungare i reparti.

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Il calo atletico è evidente, e con una formazione con pochi uomini in grado di imporre il cambio di passo, il passaggio al calo di rendimento e risultati non può che essere breve. Prima dell'ultima gara dell'anno solare, l'Inter ha segnato solo un gol ogni 510 minuti, Perisic e Candreva incidono meno, e per la squadra che crossa di più in campionato gli scricchiolii aumentano. “Siamo una squadra che vive di equilibri sottili” ha detto Spalletti, nel momento più complicato della sua prima stagione nerazzurra, “appena proviamo a essere più offensivi subiamo il palleggio avversario”.

Non aiuta, in questo, il feeling mai davvero scattato fra l'Inter e Joao Mario, nonostante i 45 milioni versati allo Sporting Lisbona. Il portoghese ha dimostrato di non poter essere il trequartista che la società sperava per coprire una posizione in cui pure non c'è abbondanza di opzioni. Il portoghese ha vissuto una stagione da 466 minuti di presenze, 25 passaggi, 1.3 key pass e un tiro di media a partita.

La scheda di Joao Mario (fonte: Wyscout)
La scheda di Joao Mario (fonte: Wyscout)

Roma: tre scontri diretti, tre sconfitte

I numeri che tradiscono l'Inter dettagliano anche i lati oscuri della Roma, pur rivelazione per molti aspetti della stagione. Sono i numeri di Dzeko, solo otto gol nonostante 4.7 tiri di media, la più alta del campionato, che esalta il tecnico, “è arrivato da 5-6 mesi e si vede che grande allenatore è”.

I giallorossi hanno commesso meno falli di tutti finora e non hanno guadagnato ancora nessun punto da una situazione di svantaggio in questo campionato. Ma soprattutto hanno perso i tre scontri diretti contro Inter, Napoli e Juventus e all'Allianz Stadium non segna da tre anni e due mesi, quando in panchina c'era Garcia e a bucare Buffon ci pensarono Totti, che ha smesso, e Iturbe, che cerca fortuna in Messico.

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Che posto ha la Lazio?

La Lazio, che va in gol da 16 partite di fila, la serie più lunga del campionato, non era mai andata a segno nella sua storia 43 volte nelle prime 17 giornate come quest'anno. Merito di Immobile, di Luis Alberto, uno dei tre migliori assist-man della stagione, di Milinkovic-Savic. Nella corsa almeno per il quarto posto che vale un posto nella nuova Champions League la Lazio c'è. Difficile, per non dire impossibile che si inserisca nelle posizioni per l'Europa che conta il Milan regina del mercato ma non del campo, che la storia l'ha scritta ma dalla parte sbagliata per il gol di Brignoli e l'unico punto del Benevento. Proprio il rendimento dei sanniti, per De Ceglie fin troppo disorganizzati, e un Crotone fra le peggiori difese d'Europa, rende così importanti gli scontri diretti in una stagione ancora non facile da decifrare.

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