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Mourinho vuol dire vittoria: quello con il Chelsea è il 22esimo trofeo in 15 anni

Il tecnico portoghese aggiunge un altro “titulo” alla sua bacheca, con la vittoria della Premier League con il Chelsea. Un’altra straordinaria affermazione di un tecnico destinato a spaccare l’opinione pubblica: chi lo odia e chi lo ama alla follia.
A cura di Alberto Pucci
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Piaccia o meno, Josè Mourinho da Setubal è uno che vince. Spesso, anzi: quasi sempre. Dalle prime esperienze con il Porto (con il quale ha conquistato il titolo al secondo anno, con il punteggio record di 86 punti), fino al suo ritorno vincente in Inghilterra con il Chelsea, lo "Special One" ha tenuto alto il suo nome festeggiando ad ogni latitudine. Odiato dai suoi detrattori e amato alla follia dalle varie tifoserie che ha incontrato nel suo percorso professionale, Mourinho ha quasi sempre lasciato ottimi ricordi, alimentato nostalgici rimpianti e gettato benzina sul fuoco delle polemiche. Tutto nasce nel 2002 quando decide di sedersi sulla panchina del Porto, al posto dell'esonerato Octávio Machado. Insieme al suo "vice" André Villas Boas, Mourinho riporta il titolo dopo tre anni nella bacheca del club e conquista Coppa di Portogallo e Coppa Uefa.

Un antipasto di quello che succederà nella stagione successiva, quando vince la Champions League, diciassette anni dopo la prima affermazione continentale dei "Dragoni". Proprio il successo in finale sul Monaco, porta in prima pagina il faccione "sfatto" e barbuto di Josè Mourinho. Tutta Europa lo guarda con curiosità e, soprattutto, impara a fare amicizia con il suo gioco: letale per Manchester United, Lione e Deportivo La Coruna, prima della finale di Gelsenkirchen. Un successo clamoroso festeggiato a suo modo (scappò via dal campo prima della premiazione) che, nella stagione successiva, lo porta a trasferirsi in Inghilterra e a sedersi sulla panchina del Chelsea del magnate Abramovich. In riva al Tamigi, Mourinho si gode un'altra grande vittoria: il titolo in Premier League che i tifosi dei "Blues" stavano aspettando da ben 50 anni.

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Il 2 giugno 2008 rimane una data indelebile per l'allenatore di Setubal e per tutti i tifosi interisti. Massimo Moratti chiama a Milano il portoghese e gli consegna una squadra reduce dai successi di Mancini e dal famoso scudetto di cartone, assegnato per le note vicende di Calciopoli. Mourinho si presenta ai suoi nuovi tifosi con parole decise ("Non sono un pirla, sono qui per fare la storia dell'Inter") e con la conquista della Supercoppa Italiana. Ma è nel 2010 che il portoghese entra di diritto negli annali del club nerazzurro, con la vittoria di Scudetto, Coppa Italia e Champions League: un triplete incredibile che regala all'Inter l'onore di essere la prima squadra italiana a raggiungere questo traguardo.

Terminata l'esperienza milanese, Mourinho vola in Spagna e vince anche nella Liga. Due anni dopo il trionfo in Italia e in Europa, lo "Special One" ferma il Barcellona di Guardiola e vince la "temporada" grazie anche al successo del "Camp Nou" firmato Khedira e, manco a dirlo, Cristiano Ronaldo. Il resto è storia recente. Dopo un anno sabbatico e lontano da qualsiasi vittoria, Mourinho vince Coppa di Lega e Premier League mettendosi alle spalle Manchester United, City e, soprattutto, il suo nemico Arsene Wenger. Un successo che regala il quinto titolo al Chelsea, il terzo con in panchina lo "Special One". Ventidue trofei in 15 anni da allenatore, e il meglio deve ancora arrivare. Più "Special" di così…

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